“Mrs Palfrey all’Hotel Claremont” di Elizabeth Taylor: se scrivere è giocare, vivere è illudersi?

Elizabeth Taylor è (anche) il nome di una rinomata scrittrice.

Mrs Palfrey all’Hotel Claremont di Elizabeth Taylor
Mrs Palfrey all’Hotel Claremont di Elizabeth Taylor

Il suo Mrs Palfrey all’Hotel Claremont ebbe una certa rinomanza ed ispirò una serie televisiva nel 1973 e un film del 2005.

Questo suo breve romanzo è stato definito uno studio inquietante e sobrio della vecchiaia. Lo è, di certo. Ma è (anche) tant’altro. L’ho letto in un solo giorno, e mi rimarrà per sempre nella memoria.

Un’opinione dell’autrice su Mrs Palfrey all’Hotel Claremont, riportata nella terza di copertina, mi sommuove un po’: “Scrivere – sosteneva Taylor – ha uno schema e la vita no. La vita è così disordinata. L’arte è breve e la vita è così lunga. Non è possibile raggiungere la perfezione nella vita, ma è possibile raggiungere la perfezione in un romanzo.” – e qui obietto. Me lo concedi, Liz? Innanzi tutto, non so se (anche) tu solevi farti chiamare col nomignolo breve, così icastico. Anche Elizabeth lo è, rispetto a Ermenegilda o ad Asdrubalina. O a un nome composto come Maria Antonietta. La tua omonima, l’attrice, si chiamava anche Rosemond, e si sposò 8 volte con 7 uomini diversi. Uno di loro, il più celebre, fece il bis (in tutti i sensi). Mi viene da chiedermi se esista, nella vita, qualcosa che sia perfettamente, compiutamente, conchiuso in sé. Mi pare che tu mi stia dicendo che non c’è.

Ipotizzo una teoria religiosa, non più falsificabile. Fa’ conto di risorgere. Putroppo c’hai lasciato circa mezzo secolo fa; mi correggo: quasi cinquant’anni fa. Riprendi allora in mano questo tuo romanzo. Dentro di te senti che è perfetto. Lo rileggi, sorridi… e, a un certo punto, resti come interdetta. Hai colto un minuscolo errore, una minima smagliatura, un periodo che non suona tanto bene alle tue finissime orecchie. Colà dove non esisti, ma sei, la tua sensibilità s’è sviluppata in un modo abnorme; oppure è assai diminuita, per cui non cogli più le finezze letterarie come una volta. Decidi allora di mutare quella pregressa perfezione. Un altro romanzo sta sorgendo dentro di te. Un’altra perfezione sta illudendo il tuo tenero cuore. Dopodiché voli via, felice, mentre il romanzo resta qui, a sanguinare. Non riesco mai a scordare le parole di Ernest Hemingway, il quale diceva che, per scrivere, occorre sedersi a un tavolo, con penna e foglio, e iniziare a buttare il proprio sangue. Eugenio Montale disse che Casa d’altri di Silvio D’Arzo, il cui vero nome era Ezio Comparoni, era un romanzo perfetto. Fu l’impressione che provai anch’io… Sento un che di analogo dentro di me, ogni volta che mi ripeto mentalmente i versi della poesia montaliana che prediligo: Spesso il male di vivere ho incontrato. È una mia impressione, un qualcosa che preme nell’alveo del mio fiume mnemonico, ché cerca a tutti i costi d’esondare. E che mi grida: Aprimi! Sono io! Sono quanto di più cogente esista! Sono lo scritto perfetto!

Leggendo Mrs Palfrey all’Hotel Claremont, l’impressione che ho è che la sua perfezione arda come uno zampirone a spirale, così verde e sinuoso all’inizio. E così nero e monco dopo un po’. Non mi sono mai imbattuto in uno zampirone completamente incenerito. Lo si getta quando un po’ di verde è rimasto incombusto. Anche in tal caso si rinuncia alla catartica perfezione.

Catarsi deriva dal greco kathairō: purifico. Mrs Palfrey all’Hotel Claremont è lo zamp… è il romanzo più cartatico che ho letto! Frena, Stefano! È uno dei romanzi più catartici che ho letto. Non dimenticare Dissipatio H. G. di Guido Morselli! E Lo straniero di Albert Camus! E Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati!

Quell’anziana signora, che è una pur monca e riarsa bellezza (nonostante l’età) “si riavviò i capelli. Erano corti, grigi e ondulati, come se una mano vi si fosse posata a dita aperte e poi chiusa a pugno.” – aveva una chioma racchiusa in sé, che era a suo modo perfetta.

Quel Mr Osmond è un tipo calmo, tanto da parere rassegnato (a che cosa?): “Aveva un bicchiere di vino sul tavolino lì accanto, ma non lo toccava. Sedeva immobile e paziente, le mani sulle ginocchia, come aspettando che il vino si bevesse da sé.” – evento che potrebbe anche succedere. Tutto finisce, prima o poi, per evaporare, compresa l’anima di chi, perfettamente, decede.

E che dire di Mrs Burton?La faccia le si stava sgretolando: borse sotto gli occhi, pappagorgia, crepacci, sembrava fosse franata tutta.”

La nostra eroina s’imbatte (per caso o per necessità?) in un giovane il cui ludico nome (che un po’ la illude) è “Ludo”. Non so quanto i due soggetti ne siano consapevoli, ma Ludo ama Mrs Palfrey e da lei è riamato. È un amore la cui passione è tenuta a temperatura bassa, quasi al minimo, e per questo pare che non debba mai cessare di consumarsi.

Sto pensando a quella particella quasi immobile, a meno 272,9 gradi Celsius. Ora c’è una folata di tepido gelo e la temperatura è cresciuta tutta d’un balzo. Ora è a meno 167,6 gradi. La particella, scuotendosi un po’, sta iniziando a sperare che quel brutto inverno, si spera, stia per finire. Ancora un po’ lontano, uno smorto raggio di sole, le sta quasi ammiccando.

“Era quel momento della sera in cui si ingannava il tempo…” – questo (si dice, ma ancora credo d’ignorare) sia la vecchiaia. Finché s’è giovani, è il tempo che inganna noi. Mrs Palfrey sta ingannando, benevolmente, gli amici. Ludo è il suo ludico complice.

Gli dice:Mi dispiace intrappolarti in questa menzogna.” – ma lui, al contrario!, si sta divertendo. Le dice:Adoro il rischio, fintanto che non fa finire in galera.” – che di brutto ha questo: lì le ore paiono tutte somigliarsi.

“«A che ora?», sussurrò lei come una ragazzina. «Sette e mezza, otto» bisbigliò lui di rimando.” – sembrano due studentelli che progettano di bigiare la scuola. Com’era bello fare focaccia! Che a Salerno si dice fare filone! Era il mio pane purtroppo non quotidiano. E perciò ancora più croccante!

“Nella vita di Ludo non c’era mai stato nessuno come lei.” – e forse nemmeno in quella di lei, c’era mai stato un simile Ludo. Il quale le dice: “… in un certo senso, io ho bisogno di lei”.

Elizabeth Taylor citazioni Mrs Palfrey
Elizabeth Taylor citazioni Mrs Palfrey

A pagina 97, Mrs Palfrey inizia a scrivere una lettera alla figlia: “Cara Elizabeth…” – il quale era un nome frequente in quelle isole britanniche!

Una frase di Mrs de Salis non poco m’attrae: “Fa’ il bene e dimenticalo.” – e poi io conosco il seguito: Fa’ il male e pensaci.

Ludo sta latitando, non si sa perché.

“Negli ultimi tempi aveva cercato con tutte le sue forze di dimenticarlo, come una ragazzina innamorata di un ragazzo che non la ricambia. Quella stava diventando una serata faticosa e piena di emozioni.” – che non erano per nulla eccitanti…

Qualcosa di peggio accade a Mrs Arbuthnot – la quale “veniva lasciata in un vuoto indistinto e deludente.” – l’entropia cosmica è equiparabile al più desolato degli ospizi.

Mrs Palfrey riceve un’offerta esistenziale da Mr Osmond – il quale vagheggia “Un posto tutto per noi…” – che viene da lei rigettata!

“Una faticaccia, la vecchiaia. Come l’infanzia, ma al contrario…”a pagina 175 c’è scritto in quale senso sia da intendere la questione. E un giorno anche tu lo leggerai…

A pagina 183 occorre il trauma. Oddio!

Era stato come veder crollare una famosa statua…” – per cui lei non pareva più lei. Così hai scritto, Liz.

“Mr Osmond prese una boccuccia d’angelo e Mrs Burton un tartufo al rum.” – e la vita, imperterrita, continua ad abbrustolire l’anima. Sempre abbastanza. Mai del tutto, però, ci si augura.

Ludo scrisse le ultime parole di Non era concesso morire lì.” – il suo primo, conturbante, ardente romanzo.

Anch’esso, a modo suo, era perfetto. E chissà se, un bel giorno, lo leggerò!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Elizabeth Taylor, Mrs Palfrey all’Hotel Claremont, Astoria Edizioni, 2017

 

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