Capra a Succhittu: ricetta inedita di un piatto antico della Sardegna
“«Hai mai preso una posizione seria nella vita?»”
“«Sì, da piccolo rifiutai degli spinaci.»” ‒ Woody Allen, regista

Prendere posizione a tavola non è solo questione di gusti, ma anche di coraggio culturale: in Sardegna, scegliere di assaggiare la capra a succhittu significa abbandonare i sentieri più battuti del maialino arrosto e dell’agnello, per scoprire un piatto antico, identitario e dal carattere deciso. È un gesto che racconta non solo una preferenza alimentare, ma anche un legame con una tradizione che resiste nelle cucine rurali e nelle memorie familiari. Chi sceglie di assaggiarla compie un piccolo viaggio nella Sardegna più autentica, dove il sapore è memoria.
C’è una Sardegna che resiste nei profumi delle cucine di campagna, nelle mani di chi custodisce ricette antiche tramandate con gesti più che con parole. È la Sardegna della capra a succhittu, un piatto che parla di territorio, di rusticità e di sapori intensi, capace di sorprendere chi ha il coraggio di varcare la soglia della tradizione più autentica.
Inoltre, la marginalità di questa carne, raramente presente nei circuiti turistici e ristorativi, riflette dinamiche culturali di valorizzazione e rimozione alimentare: un cibo percepito come “povero” o “forte”, che rischia di scomparire, ma che custodisce un patrimonio di conoscenze gastronomiche e pratiche alimentari ancora poco esplorate.
“In realtà nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia.” ‒ Manuel Vàzquez Montalbàn, scrittore e gastronomo spagnolo
Il termine “succhittu” si traduce letteralmente con sughetto. In Sardegna, preparare un piatto “a succhittu”, come la capra, ma anche il coniglio o il pollo, significa cuocerlo in modo che si formi un sugo denso, saporito e abbondante, che diventa la vera anima del piatto. Questo fondo aromatico accompagna la carne, la ammorbidisce e soprattutto invita a raccoglierlo con il pane tradizionale. In base alle zone, si utilizza il pane carasau, il pistoccu oppure, nella Marmilla, pane tipico Su Civraxiu.
La capra è un animale allevato da sempre in Sardegna. Non solo carne, ma anche formaggi di capra fanno parte integrante della tradizione agro-pastorale isolana. Nella Sardegna centro-meridionale, soprattutto nelle zone collinose e montane, è facile imbattersi in piccole greggi. La sua carne è stata a lungo sottovalutata e, ancora oggi, molti non l’hanno mai assaggiata. Alcuni la snobbano, associandola al sapore e all’odore della pecora: se non piace quest’ultima, spesso si evita anche la capra; eppure si tratta di una carne rossa, magra, nutriente, dal gusto deciso ma capace di esaltarsi con aromi e tecniche di cottura differenti. Persino nei ristoranti la si trova raramente: uno dei pochi posti in cui gustarla è il ristorante Il Cavallino della Giara a Barumini, nel cuore della Marmilla, paese noto per il nuraghe Su Nuraxi, patrimonio UNESCO.
Le caratteristiche sensoriali della carne caprina variano notevolmente in funzione dell’età, del sesso e dell’alimentazione, ecco elencati alcuni aspetti organolettici:
Aspetto visivo: carne rosa chiaro nel capretto (4–8 settimane), rosso intenso nell’adulto; grana fine e compatta nei giovani, più fibrosa e grossolana negli animali maturi; grasso scarso, bianco perlaceo e raramente infiltrato;
Odore: delicato e lievemente dolciastro nel capretto, intenso e “selvatico” nell’adulto;
Sapore: nel capretto risulta tenero, poco grasso, aromatico; nell’adulto è marcato, muschiato, con note che alcuni consumatori assimilano a quelle della pecora;
Consistenza: tenera e succosa nel giovane; dura, asciutta e poco marezzata nell’adulto, che necessita di cotture prolungate.
La capra si cucina arrosto, in umido con cardi selvatici, con olive e pomodori, oppure “in verde”, insieme a cipolla, aglio, prezzemolo e vino. Ma la declinazione “a succhittu” è quella che più ne esalta la forza.
Curioso è scoprire che, nel nord Sardegna, esistono versioni rarissime in cui al sugo viene aggiunto anche il sangue dell’animale: mescolato al vino e al grasso, regala al piatto un colore scuro e un’intensità unica, quasi arcaica. In altre zone invece è la marinatura a fare la differenza, soprattutto per la carne di animali adulti, più coriacea e bisognosa di essere ammorbidita.
“Se vogliamo bene a qualcuno, preparare una buona cena è un modo splendido per dirglielo.” ‒ Antonino Cannavacciuolo, cuoco italiano
E ora, ditelo anche voi a chi vi sta a cuore!
Vi propongo una mia rivisitazione originale della ricetta ispirata alle tradizioni della Marmilla:
Ingredienti (per 5 persone)
1,5 kg di carne di capra a tocchetti
3 bicchieri di vino rosso
Alcune foglie di alloro
Olio extravergine d’oliva
1 cipolla bianca
2 carote
1 costa di sedano
2 pomodori secchi
2 spicchi d’aglio
500 g di polpa fine di pomodoro
Prezzemolo fresco tritato
Sale q.b.
Procedimento
Marinatura: mettere la carne a marinare per 24 ore con vino rosso e alloro. Se l’animale è adulto, scartare il vino dopo la marinatura; se è giovane, lo si può riutilizzare.
Soffritto: preparare un fondo con olio, cipolla, carota, sedano, aglio e pomodori secchi, facendolo cuocere lentamente.
Rosolatura: aggiungere la carne e farla rosolare a fuoco medio per 15 minuti.
Sfumatura: versare due/tre bicchieri di vino rosso (o quello della marinatura, se adatto) e lasciare evaporare a fuoco basso per circa 15 minuti.
Cottura lunga: aggiungere la polpa di pomodoro e due bicchieri d’acqua, coprire e far cuocere un’ora a fuoco dolce. Aggiustare di sale e prezzemolo, eventualmente aggiungendo ancora acqua, e proseguire la cottura per altri 30 minuti.
Si consiglia di lasciar riposare la carne per almeno mezz’ora prima di servirla.
Consiglio qualche abbinamento enologico: la carne di capra, soprattutto nella preparazione “a succhittu”, richiede vini rossi strutturati, in grado di sostenere il sapore intenso e talvolta selvatico della carne, nonché di armonizzarsi con il sugo ricco e concentrato.
Cannonau di Sardegna DOC: vino simbolo dell’isola, caratterizzato da morbidezza e note speziate, ideale con capretti giovani.
Bovale della Marmilla: autoctono di grande carattere, con tannini decisi e buona acidità, perfetto con capra adulta stufata a lungo.
Carignano del Sulcis DOC: elegante e vellutato, accompagna con equilibrio le versioni con le spezie.
Monica di Sardegna DOC: più morbido e immediato, indicato nelle preparazioni meno complesse o con carne giovane.
La scelta del vino segue dunque la logica dell’abbinamento tradizionale: capretto con rossi più morbidi, capra adulta con vini di struttura e tannino.
“Se hai un problema, ‘daga oil’ – aggiungi olio!” ‒ detto di Lumezzane Brescia
Written by Aldo Turnu
Info
Sito Ristorante Il Cavallino della Giara

