“Sangue delle Langhe” di Marina Marazza: il primo capitolo della saga dei Barolo

Alcune delle mulieres clarae di cui parla Boccaccio sono famose per i vizi, altre per le virtù; scellerate o buone che siano, le loro azioni assumono valore paradigmatico. Dissuadono dal male; spronano a comportamenti edificanti. Se il certaldese avesse a scrivere un canone moderno, includerebbe Giulia di Barolo; Juliette Colbert, nobile vandeana trapiantata in Piemonte. Quasi stilnovistica donna angelicata, è dispensatrice di Bene; figura agiografica secondo la visuale cristiana, ha guadagnato la palma di “venerabile serva di Dio”.

Sangue delle Langhe di Marina Marazza
Sangue delle Langhe di Marina Marazza

Da qualunque angolazione la si osservi, Giulia non è una donna comune; con il consueto rigore storico e filologico, Marina Marazza le permette di tornare parlare. Sangue delle Langhe (Solferino, 2025, pp. 378) è il primo capitolo della saga dei Barolo; dalla Parigi napoleonica, ci porta nella Torino restaurata dai Savoia. Dopo il matrimonio con Tancredi, Juliette diventa Giulia; la marchesa Falletti di Barolo, il cui nome è destinato all’immortalità.

Il 2 dicembre 1804 la cattedrale di Notre-Dame è gremita; la cerimonia di incoronazione della coppia imperiale si avvia al momento più solenne. Le sorelle Colbert si adoperano per sbirciare più possibile; Elisabeth si tira sulle punte dei piedi, una mano a proteggere il ventre gravido. Juliette la rassicura; quello che non potranno vedere, lo apprenderanno dal padre. Nel creare la propria corte, Napoleone si è circondato dei nobili che la rivoluzione aveva disperso; ha richiamato dal lungo esilio anche i Colbert, costretti a lasciare la Vandea durante la guerra.

La madre del marchese Édouard di Maulévrier è stata ghigliottinata durante il Terrore; la moglie è morta di parto. L’incoronazione è un promettente inizio per la Francia; ma anche per quanti avevano sopportato lunghe tribolazioni, come Édouard. Nella fila dietro le sorelle, si sente trambusto; a pochi passi da Juliette, un’anziana dama si accascia tra le braccia di un giovane ufficiale.

D’istinto, la ragazza allunga le sue per aiutarlo; i loro occhi si incontrano. Superato il malore, Maria Paulina d’Oncieu di Chaffardon, si dice costernata; il figlio, Tancredi Falletti di Barolo accenna un inchino verso Juliette. È una Colbert; tutti conoscono l’antenato Jean-Baptiste, genio delle finanze di Re Sole. Tancredi le prende la mano destra tra le proprie; il calore della voce stempera l’audacia di quel gesto. Madre e figlio la esortano a godersi la cerimonia; Juliette si accomiata, con l’intima speranza di rivedere Tancredi.

Nella cattedrale festante, due donne meditano in silenzio; quella giornata è stata memorabile per entrambe. Juliette ha conosciuto quel giovane dalla voce calda; Joséphine si sforza per tenere a bada i battiti del cuore. È accaduto quello che una veggente le aveva predetto; la creola, vedova del generale Beauharnais è diventata imperatrice di Francia. Édouard comunica alla figlia una notizia sconcertante; in seguito all’episodio in cattedrale, la sovrana l’ha convocata nei suoi appartamenti.

La ragazza spera di non aver commesso un errore; la forma ha la sua importanza nel cerimoniale. Il marchese è orgoglioso della figlia, sempre pronta ad aiutare i bisognosi; non aveva dovuto faticare per educarla. Di intelligenza vivace, apprendeva con facilità; una grazia innata guidava il suo comportamento. Non aveva un carattere docile, faceva domande scomode; ma come padre, non se ne rammaricava. Elisabeth non aveva la stessa passione per lo studio; il futuro marito ne aveva apprezzato l’abilità nelle arti femminili.

Sangue delle Langhe ci porta dentro le Tuileries; Juliette comprende il segreto del successo di Joséphine. La sovrana trasmette calore umano; incurante del galateo aristocratico, osa la vicinanza fisica. In quel contesto non ufficiale, non è l’imperatrice; le basta essere Madame. Riconosce quegli occhi, azzurri come il cielo della Vandea; così direbbe nonna Charlotte. Joséphine l’ha incontrata; incredula, Juliette ha la sensazione di tornare indietro di almeno dieci anni.

Si erano dette addio a Maulévrier; orgogliosa, la dama non aveva voluto lasciare la sua terra. La fedeltà alle radici le costò cara; nonna e nipote non si rividero più. In esilio, la famiglia apprese la notizia della sua fine sul patibolo; la perdita straziò Juliette, già orfana di madre. Joséphine ha condiviso la prigionia con Charlotte; gli occhi spalancati, la ragazza ascolta il racconto.

All’indomani dell’esecuzione di Beauharnais, l’anziana dama aveva fatto coraggio alla vedova; nell’avviarsi al proprio destino, aveva dato prova di fermezza esemplare. Joséphine ne ha voluto incontrare la nipote; ha una missione da compiere. Estrae un ricamo da una busta di tessuto rosso; Juliette lo riconosce.

Il giorno dell’addio, la nonna le aveva mostrato il sacro cuore di Gesù; le aveva raccomandato di ricordarlo bene, una volta lontana dalla sua terra. Quel simbolo rappresenta anche il cuore della Vandea, devota a Cristo; Charlotte lo aveva ricamato in prigione. Ha voluto che Joséphine promettesse; scampata al patibolo, lo avrebbe consegnato alla nipote prediletta. Per Juliette, quel lembo di stoffa ha un valore inestimabile; è il cuore stesso della nonna. L’imperatrice ha bisogno di facce oneste; propone alla ragazza di diventare sua dama d’onore.

Marina Marazza citazioni Sangue delle Langhe
Marina Marazza citazioni Sangue delle Langhe

Sangue delle Langhe va avanti di alcuni mesi; durante una passeggiata con Joséphine, Juliette incontra Tancredi. Nel giardino d’inverno, assistono a una violenza; furibondo, il giardiniere si avventa addosso alla figlia. I due giovani salvano Lise; la sovrana li accarezza con lo sguardo. Nel mondo fatuo della corte, sono anime affini per serietà e riservatezza; potrebbe dare loro una piccola una spinta. Tancredi è attratto da Juliette; per di più, hanno molto in comune. Joséphine propone un incontro ufficiale; la ragazza accetta di iniziare la frequentazione, ma solo in seguito si potrà parlare di nozze. Teme che la sua riluttanza allontani Tancredi; al contrario, il giovane ne ammira la saggezza. Anche la comprensione di Joséphine la rallegra; è determinata a non accettare costrizioni matrimoniali. Juliette ha l’approvazione del padre, un illuminato; per lui le donne non sono solo fattrici, né pedine di alleanze familiari.

Sangue delle Langhe racconta che Lise è sparita; su incarico di Joséphine, il ministro di polizia sguinzaglia i suoi uomini. La ragazza si trova nella prigione femminile di Saint-Lazare; insieme a Juliette, Tancredi vi accorre per riportarla alle Tuileries. Le donne sono chiuse dentro gabbie di ferro, in condizioni disumane; sono prostituite. Lise è in salvo; tutte le altre sono destinate alla dannazione. Juliette si lascia alle spalle quell’inferno; sente un peso opprimerle il cuore. Non le sembra vero di riabbracciare Bédame; la figlia del guardacaccia di Maulévrier sarà la sua cameriera personale.

Sangue delle Langhe ci parla del fidanzamento. Tancredi dona alla futura moglie l’edizione francese di Dei delitti e delle pene con prefazione di Voltaire; messo all’Indice dei libri proibiti, il saggio di Cesare Beccaria aveva aperto un vivace dibattito internazionale. Joséphine è angosciata; non riesce a dare un erede a Bonaparte, neo padre di un figlio illegittimo. Parte per Plombières, per sottoporsi a delle cure contro l’infertilità; Juliette la accompagna. L’imperatrice le propone una scommessa; se il fidanzato sarà fedele, al ritorno si celebrerà il matrimonio. Durante il soggiorno, le donne ricevono notizie da Parigi; l’una gioisce, l’altra raggela. Joséphine sa che le resta poco tempo; prima che accada l’inevitabile, vuole che quel matrimonio d’amore sia celebrato.

Sangue delle Langhe balza all’agosto 1807; Juliette e Tancredi si sono sposati alle Tuileries, in presenza della coppia imperiale. Il 15 dicembre 1809 Napoleone prende la parola per primo; afferma di sacrificare gli affetti più cari per il bene del Paese. Tocca alla moglie; comincia a leggere la dichiarazione scritta da Talleyrand. La voce si incrina; i singhiozzi le impediscono di proseguire. Il segretario va avanti per lei, fino alla fine; il matrimonio è sciolto. Joséphine è in partenza per la Malmaison; nel salutare Juliette, le raccomanda di prendersi cura del marito.

Sangue delle Langhe ci porta in Piemonte; la carrozza dei marchesi di Barolo è diretta a Torino. L’ennesimo macabro spettacolo si offre alla vista dei passeggeri; nel gruppo di briganti impiccati, ci sono anche due donne. Laddove il paesaggio si fa meno selvatico, Giulia respira di sollievo; ma in una zona coltivata a grano, un uomo armato si pianta in mezzo alla strada. Leva la destra, per intimare al cocchiere di fermarsi; appoggia la sinistra sul manico di una roncola. Tancredi ha ordinato di evitare lo scontro, per quanto possibile; arrivato davanti all’uomo, gli rivolge alcune parole in dialetto torinese. Prende dalla cintura una piccola borsa di cuoio; il brigante la afferra al volo. Dopo averla soppesata, fa cenno di proseguire; Giulia non dimenticherà quel nome.

In Place de la Liberté il traffico è bloccato; una donna sta per essere giustiziata. A palazzo Barolo, i genitori di Tancredi accolgono la nuora a braccia aperte; il marchese Ottavio auspica di stringere presto un nipotino, sangue nuovo delle Langhe. Giulia prova disagio; pur affettuose, le parole del suocero pesano come macigni. Il turbamento non sfugge a Maria Paulina, che ha incontrato le stesse difficoltà; da buona cristiana, crede che vada accettato il volere della Provvidenza. La sua comprensione conforta la nuora; ma le parole del marchese continuano a ronzarle nelle orecchie. Maria Paulina la introduce alle dame dell’Umiltà; queste si occupano di beneficenza, soprattutto alle donne bisognose.

Il tempo scorre; Giulia continua a non rimanere incinta. Il dottore la esorta a non perdere la speranza, ma senza ostinarsi; le raccomanda di andare avanti a testa alta. Alcuni hanno figli, altri no; così vuole la vita. Il marito la rincuora; se avranno eredi ne saranno lieti, altrimenti ne faranno a meno. Giulia sente lo stigma della mancata maternità; tutti, perfino i servi, si arrogano il diritto di domandare. Nemmeno per Tancredi è facile; un figlio viene anche considerato come una prova di virilità. Potrebbero malignare che non è all’altezza del suo dovere di marito; a corte ha sentito battutine sul suo conto.

Napoleone è all’isola d’Elba; la coalizione ha riportato Luigi XVIII sul trono di Francia. Vittorio Emanuele I fa il suo ingresso trionfale a Torino; Tancredi e Giulia assistono alla parata. La marchesa riceve una missiva urgente da Parigi; sgomenta, apprende una tragica notizia. Bédame esprime un’osservazione sul vestito della padrona; le sue parole confermano la sensazione degli ultimi giorni. La cameriera le propone il sistema delle contadine vandeane; Giulia non fa in tempo a sottoporsi alla prova dell’ago. Asciugate le lacrime, ha bisogno di tenere la mente occupata; presso le carceri, si imbatte in una processione.

Sangue delle Langhe Photo by Tiziana Topa
Sangue delle Langhe Photo by Tiziana Topa

Una voce rompe il silenzio ossequioso; voce d’uomo, forte, rauca, rabbiosa. Reclama da mangiare; altri prigionieri si uniscono a lui, in un coro di urla e colpi sordi. Giulia ottiene di entrare; pretende di vedere il detenuto che ha gridato per primo. È nella cella dei condannati a morte; seminudo, incatenato, la faccia pesta. Nonostante non abbia più fattezze umane, Giulia lo riconosce; è Cichin, il bandito di Caselle. Chiede cibo buono alla marchesa; là dentro li nutrono di veleno, ché si rubano tutto i carcerieri. Sembra non temere la morte, Cichin; né provare pentimento o rimpianto. La donna promette; gli farà avere cibo e vino. Lasciato il brigante, chiede di vedere gli altri prigionieri; uomini, vecchi e ragazzini sono stipati in un fetido stanzone. Giulia è inghiottita in un vortice di pena, vergogna, ribrezzo; avverte il morso di un vago, irrazionale senso di colpa. Oltre la pesante porta, le detenute si accalcano in una penombra povera d’aria; come bestie fameliche, si contendono le monete scivolate dalle mani di Giulia. Una voce più forte si leva a rimproverarle; sarcastica, sfida la marchesa.

Sangue delle Langhe ci presenta Angela; la donna è stata condannata a morte per uxoricidio. Le detenute raccontano storie di degrado e incuria; nessun medico si occupa della loro salute, nessun giudice della loro Giustizia. Angela non usa mezzi termini; sono donne dimenticate. È altrettanto schietta verso sé stessa; l’accusa è vera. Ha ammazzato suo marito; e lo rifarebbe. Giulia si sente come Saulo di Tarso; ha avuto un’illuminazione. La sua missione sarà quella di portare sollievo nell’inferno delle carceri; ridare umana dignità a chi dall’umanità è stato escluso.

“Quello che credo è che bisognerebbe fare in modo che il periodo di detenzione al quale sono state condannate per i loro crimini veri o presunti dovrebbe trasformarsi in una opportunità, non solamente in un castigo […]. Quando usciranno dalla prigione e torneranno tra noi, sarebbe bello che fossero persone migliori di quando sono entrate.”

L’impegno a favore dei derelitti si intreccerà con un progetto, sulla scia di una nuova tecnica di vinificazione; Giulia darà il proprio contributo alla produzione del sangue delle Langhe.

Madamin ha il ventre arido; tante volte ha sperato che il seme attecchisse, altrettante è rimasta delusa. Aristocratiche o popolane, tutte le donne hanno il dovere di procreare; questo la società si aspetta da loro. Joséphine, già madre di due figli, non riesce a dare un erede a Bonaparte; questa mancanza le costa il ripudio.

Il matrimonio di Giulia è saldo; ma nell’apprendere della maternità altrui si sente ferita. La gente mormora della sua sterilità; quelle parole la marchiano a fuoco. E mormora del suo impegno sociale; da donna sterile diventa una madre mancata, alle prese con un vuoto da colmare. Giulia non è una poveretta quasi fuori di senno; l’attività benefica non è una forma compulsiva di compensazione; non è una sorta di vezzo. Le altre dame elargiscono beni ai poveri; ma sono ben attente a non sporcarsi le mani. Per Giulia è una missione; madamin non esita a imbrattarsi gli stivaletti nel fango della Vanchiglia. “Chi nasce vandeana, vandeana muore”; le parole della nonna sono veritiere. Giulia è pur sempre Juliette; una vandeana tenace e determinata. L’esperienza a Saint-Lazare ha gettato un seme; nelle carceri senatorie di Torino, la donna si trova davanti a una realtà ancora più sfacciata. Non potrà più ignorare, né chiudere gli occhi; quel seme ha dato i suoi frutti. Non è germogliato nel grembo di Giulia; ma la marchesa di Barolo è madre di tanti.

 

Written by Tiziana Topa

 

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