“Il passo della strega” di Fabio Soricone: la prefazione della silloge poetica
“siccome l’ora segreta/ è il suo passo/ somiglia al tempo che s’apre/ il fosso// il Santo s’avvicina/ a colpi di bastone s’appressa/ e se sei giusto temi/ il tristo momento arriva// il Santo s’avvicina/ a colpi di bastone s’appressa/ se stai zitto puoi sentire/ il vento che s’arresta// il Santo s’avvicina/ a colpi di bastone s’appressa/ il melo nella valle/ ha perso le sue foglie// […]” ‒ Poesia “Il santo”

Fabio Soricone con “Il passo della strega” (Tomarchio Editore, luglio 2025) rivela un mondo interiore oscuro abitato dalle lunghe ombre del thauma (greco antico θαῦμα con il significato di “meraviglia”). Una meraviglia profonda che si contrae di fronte alla vastità dell’esistenza, della creazione, una meraviglia che nello stupore include il terrore ‒ l’angoscia che porta l’essere umano ad interrogarsi così come gli antichi solevano dire.
Ed è proprio l’azione del domandare a trasportare il poeta nella visione, sia essa di matrice estatica-mistica così come si è potuto leggere nella precedente silloge di Soricone intitolata “Le vie del vento” (Tomarchio Editore, marzo 2025) sia tendente all’horror ed al misterico così come si potrà leggere in questa raccolta “Il passo della strega”.
Per gentile concessione della casa editrice Tomarchio Editore vi presentiamo in anteprima la prefazione della raccolta “Il passo della strega” redatta da Alessia Mocci.
PREFAZIONE
Inoltrarsi nel totalmente altro ‒ al di fuori dal dominio delle cose abituali e conosciute ‒ è accedere al sacro nella contrapposizione tra fascinans e tremendum, cioè tra ciò che attrae e ciò che incute terrore in una evocazione del mysterium in cui la realtà si scinde e si dipana in vie parallele e distinte nelle quali ogni passo può portare alla catastrofe oppure alla salvezza.
“In una giornata autunnale,/ cinerina,/ come le sfumature/ di una vecchia fotografia/ in bianco e nero,/ ho veduto la struggente evanescenza/ del paradiso./ […]”[1]
Nella suggestione della visione dell’altro che abita l’oltre, Fabio Soricone, nella presente raccolta “Il passo della strega”, trascrive in versi delle vere e proprie rivelazioni ‒ frammenti ‒ di eventi che si manifestano perpetui di secolo in secolo e di cui il poeta ode il riverbero nel transito dalla dimensione mortale a quella abitata dai daimones.
Mitologia, religione e sapienza misterica notturna si amalgamano e si contraggono in un susseguirsi di inquietudini e di atmosfere che non lasciano spazio alla levità e che, continuamente, spronano allo sbalordimento per le antiche voci che gravano nella psiche degli esseri umani in un incessante raccordo con il destino comune.
“[…] Fu l’annunciazione/ delle piogge che s’apprestavano/ a scavare la terra nera,/ a scorrere in processioni/ di antiche voci/ che si spezzavano e rinsaldavano/ al raccordo della morte.// […]”[2]
Lo scenario de “Il passo della strega” si stende nelle stagioni invernali nelle quali le tenebre ricoprono un arco di tempo più vasto “oramai incantesimato”[3] nel quale le ombre si confondono “nell’unica grande ombra della notte”[4] in cui si diviene “figli di questo respiro freddo/ che permea l’aria”[5] nella “spettrale e impalpabile epifania/ che traspare negli occhi commossi della notte”.[6]
Così il percorso di reminiscenza e di ricerca della pietra nascosta svela nenie che provengono da un mondo occultato ai più che ora si palesa ed ora si cela con suoni ‒ il susseguirsi di parole come auspicio per tornare “a capire il vento”[7] ‒ che trascinano nel tremendum, in continua tensione tra ciò che l’occhio vede e ciò che esiste ‒ nell’accezione etimologica derivante dal latino exsistere, un composto di ex con il significato di “fuori” e sistere con il significato di “stare”: “uscire” “apparire”.
“[…] non so cosa sia vero, cosa sia falso,/ l’unico nascondiglio è il nido del ragno/ la tana del lupo// l’occhio che ci guarda è dentro di noi – la realtà/ sembra una tela che aggroviglia// non c’è abbastanza spazio tra i raggi né mi pare/ di vedere altra soluzione/ devo dipanare la matassa con l’arcolaio/ della paura// il tempo scorre lentamente/ ogni secondo che passa è un nodo in più nella gola/ il filo che mi lega alla vita non transita/ fra le mie mani// […]”[8]
La trama finale ‒ l’eterno viluppo[9] ‒ alberga il bosco in un incedere solitario in cui, al tramonto, le lunghe ombre degli alberi prodotte dal Sole calante sfiorano la pelle dell’incauto che intraprende il cammino dello spavento supremo, del delirio, del lamento che si fonde “con la follia”[10] della “crepatura più profonda del cuore/ l’abisso di orrore e piacere che fa tremare gli abissi”.[11]
Giubilo e timore si equivalgono e, se l’insistenza verso l’impossibilità di redenzione tende alla proclamazione dell’ora precisa stabilita dall’Essere,[12] i praticanti dell’arte della divinazione “vanno di sguardo in sguardo”[13] interpretando ora i segni della realtà della carne ora le cerimonie della voragine in cui si attende che i morti “tornino/ a udire il mattino”[14] attraverso la fiamma viva che muta il colore in “una delle tante sfumature della paura/ in grado di memorare se stessa”.[15]
L’esperienza della tenebra de “Il passo della strega” è avvicinabile alla tradizione dello sguardo rivolto all’abisso che, contraccambiando, trasforma l’identità e porta alla perdita della sanità mentale ‒ la porta della follia ‒ in un gioco in cui l’ignoto e le forze oscure mirano a corrompere l’identità del soggetto.
“Ogni odore è acuito./ Pupille dilatate./ L’arciere segue il ritmo/ del silenzio./ Il mantra del buio/ penetra fin dentro i fondali/ della coscienza./ Al confine con la morte/ si accende la luce più intima tra le luci;/ discendo le acque della mente/ come un profondista/ dell’ignoto./ Tendo la corda./ Il bersaglio è lo specchio/ dove l’immago/ sta riflessa in eterno./ […]”[16]

Il perturbante incalza il lettore ponendolo in uno stato di presenza dell’invisibile in cui le creature che invadono l’anima prendono forma di donna; infatti nell’itinerario proposto dall’autore scorgiamo figure come Anneliese, Lilith, Jennifer, Persephone, Aleera ed Ecate che incalzano presagi spaventevoli[17] “con i tempi suggeriti/ dal suono arcano dei rapaci notturni e dal dono/ immaginifico dell’ispirazione”.[18]
L’inatteso ‒ lo stupore dell’horror ‒ come un gradito ospite trascrive sceneggiature in versi omaggiando i registi che, con i loro prodotti filmici, hanno plasmato l’immaginario psichico del poeta Fabio Soricone. Le numerose liriche dedicate ai grandi del cinema (ad esempio Darren Aronofsky, Dario Argento, Pupi Avati, Danny Boyle, Mario Bava) rappresentano il ponte tra la creazione altrui di evocazioni del mysterium e l’elaborazione propria del Nostro in un continuo richiamo di archetipi oscuri che mettono in scena quella ciclica consecutio tra vita e morte in cui “l’infinito non è lo spazio immenso delle stelle/ ma un segreto condiviso”.[19]
“[…] Chiuso nel guscio il gesto/ predone del respiro,/ fiordaliso imploso che ingoia/ il tempo della vita./ In un impeto di Morte,/ troverai la via che adduce/ presso l’iris,/ l’arteria incavata nella dimora che asconde,/ dedalica, ogni sospiro./ Tu la percorrerai snocciolando/ il segreto,/ traendolo dai bassifondi del nulla,/ di trama in trama,/ varcata la proda del silenzio.”[20]
***
Written by Alessia Mocci
Info
Acquista “Il passo della strega” su Amazon
Visita il sito della casa editrice Tomarchio Editore
Notizie sull’autore Fabio Soricone
Note
[1] Poesia “Grigio”, pag. 16.
[2] Poesia “Grigio nero”, pag. 18.
[3] Poesia “Il sentiero della notte”, pag. 21.
[4] Ibidem.
[5] Poesia “Grigio”, pag. 16.
[6] Ibidem.
[7] Poesia “La prece del vento”, pag. 33.
[8] Poesia “Specchio”, pag. 40.
[9] Ibidem.
[10] Poesia “La voce dell’aldilà”, pag. 50.
[11] Ibidem.
[12] Poesia “La notte di paese…”, pag. 70.
[13] Ibidem.
[14] Poesia “Culto dei trapassati”, pag. 99.
[15] Poesia “Creepy”, pag. 109.
[16] Poesia “Mushin”, pag. 72.
[17] Poesia “Madre dei sospiri”, pag. 54.
[18] Ibidem.
[19] Poesia “La casa nascosta”, pag. 83.
[20] Poesia “Suspiriorum” dedicata a Dario Argento, pag. 122.
Un pensiero su ““Il passo della strega” di Fabio Soricone: la prefazione della silloge poetica”