Cuori che cacciano la bellezza e traslochi senza postumi
Se avete letto il mio articolo precedente, saprete che la mia vita (australiana e non) è un susseguirsi di alti e bassi, come quella di tutti. Potrete facilmente indovinare che è un momento strano, di quelli che fai fatica a descrivere in modo neutrale, senza metterci dentro i tuoi desideri e le tue speranze.
In questi giorni ho cambiato casa: sono passata da un tranquillo appartamento in una zona residenziale a un luogo con una vista che fa fermare il cuore.
Vivo in un palazzo altissimo, che mi mostra ogni giorno la bellezza di questa città e in cui il caos regna sovrano, pur non essendo mai indiscreto.
Vi starete chiedendo che cosa c’entra, che senso ha. Di senso ne ha, anche se forse non è lo stesso per tutti.
Per me, che ho iniziato a fare le cose solo a metà lasciando che il destino faccia il resto, cambiare casa in questo momento significa un nuovo inizio: ogni giorno mi sveglio e il panorama mi ricorda che c’è un mondo da vivere.
Che sono troppo giovane per stare nel mio angolino, come faccio di solito. Ogni mattina bevo il mio caffè guardando la vita che sta per invadere la City, immaginando le storie che avranno luogo a pochi metri da me. Ogni giorno torno a casa, nella mia nuova casa, e guardo il sole che tramonta su questa città infinita.
Traslocare questa settimana ha significato dare al mio cuore linfa vitale extra: sfido qualunque cuore a riuscire a battere normalmente, davanti a un panorama così. Il fatto è che il mio, di cuore, che già normalmente ha un ritmo tutto suo, davanti a questa vista si ricorda che si possono provare emozioni enormi senza sentirsi in pericolo.
Di solito, infatti, è l’amore che ci fa battere il cuore, e sappiamo tutti che l’amore ha finito per essere una gran fregatura per tante di noi. Sì, mi riferisco alle “vittime”.
Ecco, guardare fuori dalla finestra, sentire il cuore che si ferma e poi accelera, e provare tutta la fiducia che provo per il futuro, per me, significa ricordare a me stessa che le emozioni belle non hanno necessariamente un risvolto della medaglia, possono essere belle e positive per l’anima, senza sorprese, senza postumi.
Quando si vede qualcuno soffrire per amore, gli si dice sempre che bisogna “pensare a se stessi”, “prendersi cura di sé” e scemenze simili. Sono frasi fatte.
Quando si sta male, a prescindere dal motivo, bisogna andare a caccia di emozioni belle che non riservino sorprese: bisogna cercare un panorama che ci fa fermare il cuore e ci fa sentire al sicuro, trovare un caffè dove restare per ore a leggere senza che nulla turbi la nostra pace.
Quando il cuore fa male, insomma, bisogna ricordargli che esiste la bellezza, e che non tutta la bellezza porta con sé postumi dolorosi. È anche questo un modo di prendersi cura di sé, è vero, ma è ben diverso dal concetto di “prendersi cura di sé”.
Diventate cacciatori di bellezza, di battiti accelerati.
Detto questo, sarebbe ora che vi dicessi cosa penso realmente, cosa mi ha spinta a scrivere oggi. Da quando è stato pubblicato l’articolo sulla confessione delle vittime, mi arrivano messaggi: persone che non se lo aspettavano.
Vittime che sanno. Uomini che inviano solidarietà.
Non è una pioggia di messaggi, ma un flusso contenuto e costante che mi fa riflettere. Non sai qual è la storia di chi ti sta davanti fino a che quel qualcuno non decide di raccontartela. Io l’avevo già raccontata, ma era stata ascoltata solo parzialmente.
Ora l’ho raccontata di nuovo e, pur non sapendo quale effetto abbia sortito in ciascuno dei suoi lettori, posso dire quale effetto ha sortito su di me: mi sento più leggera e più pesante. Più leggera perché non devo più fingere che tutto quello che so sia solo frutto di studio. Più pesante perché ci sono persone che farò fatica a guardare in faccia.
Ogni giorno torno a casa, nella mia nuova casa, e mentre guardo il tramonto penso a chi è rimasto ferito leggendo il mio articolo.
A chi non ci crederà mai. A chi negherà per sempre. A quante altre cose ci sarebbero da dire e a quelle che non racconterò mai.
Ogni giorno torno a casa e sono grata che non ci sia nulla che possa ricordarmi qualcosa di brutto. Ogni giorno torno a casa e sento tutti pezzi del puzzle, uno per uno, inclusi quelli che ancora mancano.
Ogni giorno torno a casa, apro la porta e smetto di chiedermi se sto facendo la cosa giusta: il mio cuore è pieno di bellezza ogni volta che guardo fuori da questo vetro e per oggi questo mi basta. Un domani molto vicino mi dedicherò a cercare la bellezza uscendo fuori dal mio guscio di vetro.
Written by Giulia Mastrantoni
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