Intervista di Giuseppe Giulio al pittore Gonzalo Orquìn ed ai suoi corpi nudi

La nostra Italia è in piena rivoluzione socio. Economica, molti sono i vuoti culturali emersi negli ultimi quattro anni, problematiche che mettono in risalto una società fragile ma soprattutto disorientata, vittima di azioni non corrette e di parole non contate.  L’unico e ultimo segno rimasto della nostra cultura è la nostra bandiera, quella che ci ha rappresentato e che ci condurrà verso il futuro di un paese ancora gracile.

I nostri colori sono tre, ognuno rappresenta una parte della nostra Italia, la quale oggi trova ispirazione in molti uomini e artisti che decidono di mettere nero su bianco la nostra nuova Italia.

Gonzalo Orquìn nasce a Siviglia nel 1982, un giovane ragazzo che oggi espone le sue opere tra la Spagna e L’Italia, rappresentando quello che oggi è per me  il vero “Espressionismo”  per questo che il piccolo “maestro” rappresenta la bandiera Italiana. Il nostro Rosso è la sua passione, il calore e il tocco umano che introduce nella sua arte, e nella sua vita. Il verde è la speranza, la bontà d’animo di un artista sempre alla ricerca di “Quel” chiamato magia e infine il bianco, un colore che al meglio rappresenta la sua trasparenza.

Per i lettori di Oubliette Magazine, un ragazzo figlio della nostra bella Italia. In esclusiva Gonzalo Orquìn.

 

G.G.: Tra le tue opere, vasti  e cosi diverse ci sono tante persone, di generi e colori diversi ma tutte legate ad un obbiettivo comune, quello di rappresentare la propria anima ad un’artista. Di che colori è fatta la tua anima o meglio di Gonzalo Orquín?

Gonzalo Orquìn: Nell’arte contemporanea, c’è la presunzione di molti artisti di voler raccontare la propria anima. C’è un fenomeno di autopompa o di autocelebrazione che io non riesco a capire. La propria sofferenza, i propri traumi, le proprie manie, le proprie miserie, credo non interessi a nessuno. Ora solo c’è l’ego smisurato degli artisti come se le cose che dicono o fanno fossero importantissime e cruciali. Sono diventati delle star. Creano delle fabbriche di “opere d’arte”, una specie di “marca” dove si producono queste cose trovate, senza idee, con squadre di persone che lavorano per loro con l’unica intenzione di polemizzare, scandalizzare banalmente e fare soldi. Che c’entrano questi fenomeni con la pittura? Nulla. Non la conoscono, non la capiscono. Per me, l’autore deve svanire, dissolversi  nella propria opera e parlare al cuore di  tutti gli uomini. Perché ci commuovono le note di Beethoven se non perché arrivano a un linguaggio universale? Credo che un ritratto di Velázquez, un romanzo di Balzac o un opera di Mozart siano la stessa cosa e alla fine parlino attraverso lo stesso linguaggio. Nulla a che vedere col “IO” contemporaneo. Per ciò il colore della mia anima credo non interessi a nessuno…

 

G.G.:  Anime e Corpi che si uniscono e si mescolano alla tua vita, e a quella degli appassionati d’arte e della tua arte. Bambini, donne, uomini e infine animali, ma qual è il volto che ti ha lasciato un qualcosa di profondo nella tua anima di persona, ed incisivo nella tua professione d’artista?

Gonzalo Orquìn : Non c’è un volto in particolare. Tutti i volti hanno qualcosa che gli unisce agli altri, in un tutto comune, che è quello che m’interessa. Se ci fai caso, non sono particolarmente preciso, non sono ossessionato o maniacale nei ritratti. Non m’interessa. La mia aspirazione è essere prossimo a tutti gli uomini, come se potessi mettere uno specchio davanti alle persone che si trovano davanti alle mie opere. Come definì magistralmente il mio adorato Balthus: ” il tempo sottratto dal disastro del tempo che passa. Un immortalità catturata”.

 

G.G.: Il XXI secolo, la nostra era è circondata da molte religioni, oggi alcune sono oggetto di fanatismo e dispotismo da parte di molte cellule terroristiche, presenti non solo in terre lontane e poco fertili ma anche in quelle ricche e vicine a noi occidentali. Come rappresenteresti la cristianità nella tua arte?

Gonzalo Orquìn : Io sono cresciuto in una famiglia cattolica e sono stato educato in questa religione, per cui il mio modo di pregare è quello. Sono credente e mi rivolgo al mio Dio. L’arte sacra che durante secoli la chiesa commissionava agli artisti è venuta fino ad oggi sempre meno, per tanti motivi che qui sarebbe difficile spiegare. Io credo che si possa creare ugualmente un’arte sacra, e  per un artista è una grande sfida,  un lavoro difficile ed entusiasmante.  La Bibbia è ricchissima di temi che durante i secoli si sono rappresentati ed evoluti e non sono un valore artistico, ma una funzione divulgativa o devozionale. Gli affreschi di Giotto di San Francesco sono diversissimi della Vocazione di San Matteo di Caravaggio, sono frutto del loro tempo. Io lo trovo affascinante.

 

G.G.: E infine come mai la scelta di rappresentare corpi nudi.  Che cosa rappresenta per te il corpo Umano?

Gonzalo Orquìn: Io credo che l’uomo nell’arte parli di sé. Per questo che quasi esclusivamente dipingo persone, e non paesaggi o altre cose. Le persone che ritraggo nei miei interni, quasi esclusivamente da soli, nudi, come se fossero delle spie oppure osservati da un foro nel muro. La bellezza come scintilla di Dio.

 

 

La sua arte concreta, vera, sincera ma soprattutto magica, ricca di emozioni che vanno al di fuori delle realtà e della vita stessa. Soggetti che viaggiano attraverso tre colori, simboli di una nazione, di un popolo e ora di un artista.

 

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