“Sulla tolleranza” di Michael Walzer: tollerare implica rischio?
In questo saggio intitolato “Sulla tolleranza”, ancora attuale, Michael Walzer affronta il tema della tolleranza nel contesto delle società contemporanee, riflettendo su come possiamo, o dobbiamo, convivere con differenze culturali, religiose, sociali o etniche, anche quando queste si esprimano in modo conflittuale.

Anche se Walzer ne Sulla tolleranza le vede come differenze di contesto, non necessariamente conflittuali, ma che richiedono gestione, comprensione e rispetto. Tolleranza, infatti, non significa solo accettare passivamente le differenze, ma permettere anche che queste trovino spazio e riconoscibilità.
Anzitutto, occorre comprendere fin da subito cosa intenda l’autore con il termine tolleranza. A tal fine, credo che la cosa migliore sia riportare ciò che egli scrive nella sua prefazione: «In realtà la tolleranza come atteggiamento [“tolerance”] assume molte forme diverse e come pratica (“toleration”) può esprimersi in vari modi. Tuttavia anche le sue forme più limitate e le sue espressioni più precarie sono conquiste altamente positive che vanno apprezzate non solo sul piano pratico, ma anche su quello teorico perché sono manifestazioni abbastanza rare nella storia umana.» Quindi, per Walzer la tolleranza è: primariamente un atteggiamento, secondariamente una pratica.
L’autore costruisce il suo ragionamento partendo da un approccio pragmatico. Egli vede prima di tutto la tolleranza come conditio sine qua non per la realizzazione di una pacifica coesistenza tra gruppi di persone con storie, culture e identità diverse, quali sono, seppur in misura diversa, tutte le società. Ciò nonostante, per costruire un bilancio critico, preciso e circostanziato, non astratto, dei vari regimi di tolleranza, sia nelle loro versioni teoriche ideali che in quelle reali, Walzer va ad analizzare i cinque modelli di società tollerante che storicamente si sono determinati in Occidente e aree geografiche prossime.
La sua analisi prende in esame in un primo tempo, nell’ordine: 1) gli imperi multinazionali; 2) la società internazionale; 3) Le confederazioni; 4) gli stati nazionali; 5) le società di immigrati. In un secondo tempo va invece ad esaminare alcuni casi particolarmente complicati: Francia, Israele, Canada e Comunità Europea.
Walzer analizza poi perché nasce l’intolleranza. Paure, difesa dell’identità, sospetto verso l’altro, posizioni religiose o ideologiche dogmatiche, fanatismo, senso di minaccia (economica, culturale o politica) si mostrano come le principali cause.
L’autore tra le diverse forme religiose introduce anche l’ateismo e la religione civile. Anche l’ateismo, infatti, se imposto, come è accaduto in Unione Sovietica e nei regimi comunisti dell’Europa orientale, risulta non meno intollerante di una qualsiasi ortodossia religiosa.
Una questione centrale è data dai limiti della tolleranza. Per Walzer non tutte le espressioni di diversità e differenza devono essere tollerate allo stesso modo. Egli distingue tra casi in cui la tolleranza è ragionevole e quelli in cui diventa un mezzo verso la sopraffazione o l’ingiustizia o, peggio ancora, quando si esprime in modo violento. Anche quando si scaglia contro i singoli individui.
La tolleranza implica quindi che occorra riconoscere quando certa propaganda fomenta intolleranza e odio, minacciando l’ordine democratico e la convivenza pacifica. Tuttavia, l’intolleranza si può manifestare anche come strumento del potere utilizzando forme di esclusione, discriminazione, marginalizzazione culturale e negazione di diritti.
Come non ricordare a questo proposito Marcuse, nel famoso libro del 1968: Critica della tolleranza, quando sostiene che la realizzazione dell’obiettivo della tolleranza richiederebbe l’intolleranza verso la maggior parte delle politiche messe in atto dai governi, non solo nelle società di tipo totalitario, ma anche nelle società capitaliste e consumiste occidentali.
L’interrogativo: «dobbiamo tollerare gli intolleranti?» [p.111] emerge come quesito fondamentale.
Già Karl Popper, nel 1945, aveva introdotto il suo celebre paradosso della tolleranza, per cui se una società è tollerante senza limiti, rischia di essere distrutta dagli intolleranti, per poi concludere che non possiamo tollerare chi nega la tolleranza stessa. Entrambi gli studiosi condividono il problema del limite.
Anche Walzer riconosce che non possiamo essere tolleranti con movimenti che mirano a eliminare le libertà democratiche. Walzer sembra tuttavia più fiducioso, rispetto a Popper, della possibilità che la tolleranza riesca a contenere anche le diversità più difficili da gestire. Ovviamente il discorso è diverso quando è il potere stesso ad essere intollerante.
Walzer non propugna una tolleranza assoluta verso qualsivoglia forma di intolleranza, come già detto, ma ricorda che nella maggior parte dei casi, si ha che fare con culture, religioni, stili di vita diversi, senza reali intenti di sopraffazione. Come ho già scritto ad inizio articolo, per Walzer la tolleranza non è solo un atteggiamento soggettivo, ma anche una pratica, per la precisione una pratica politica, che coinvolge: istituzioni, leggi e norme.
Una pratica che deve essere rivolta a proteggere il pluralismo e a garantire che i gruppi minoritari possano esprimersi, preservare l’identità e le loro libertà religiose e culturali, quando queste, ovviamente, non si scontrino con i più elementari diritti umani.
Ai nostri giorni, purtroppo, segnati dall’insorgere di nuovi nazionalismi, migrazioni, guerre, conflitti etnici e religiosi, la tolleranza assume nuovo significato e valore. Non basta la tolleranza formale: occorre anche la tolleranza effettiva, che tenga conto del potere, dell’eguaglianza e più in generale delle condizioni materiali.

Nelle società pluraliste complesse, come quelle contemporanee, non tutte le diverse componenti sono pacifiche e tolleranti.
Esistono culture o gruppi che rivendicano leggi differenti, che richiedono diritti spesso in conflitto con i principi di laicità, o che addirittura predicano la discriminazione.
Michael Walzer suggerisce che in questi casi serve prudenza e il porre limiti, ma le modalità di attuazione restano piuttosto vaghe. Negli Stati Uniti, in Europa e altrove, i flussi migratori creano allarme e paura tra la gente, frequentemente scontri e proteste, determinando fenomeni di neopopulismo e identitarismo, che spesso utilizzano l’intolleranza come arma politica.
Walzer ci invita per tutto ciò a non dare per scontata la tolleranza, ma a promuoverla e sostenerla, con cultura e con leggi e istituzioni che siano davvero inclusive, riconoscendo che tollerare costa, implica rischio, ma è indispensabile per la pacifica convivenza in società pluraliste.
Written by Algo Ferrari
Bibliografia
Michael Walzer, Sulla tolleranza, Laterza, 1998

