Il Patriarcato: antico Leviatano che governa i destini degli uomini ed ancor più delle donne
“Se il patriarcato fosse un algoritmo, diremmo che è ora di aggiornarlo: troppi bug ingiustizia, troppa lentezza nel riconoscere i diritti umani.”

Il patriarcato, sistema di norme e di credenze che detta leggi non scritte ma incise nel sangue e nella tradizione, nasce fra le ombre del passato e le trame del potere.
Il termine patriarcato, che trova la sua origine nel greco pater (padre) e arché (potere), è basato su un apparato presente in ambito politico, economico, sociale e familiare; lì, dove il potere e l’autorità sono prevalentemente nelle mani degli uomini, in particolare delle figure patriarcali più anziane, privilegiando il maschile sul femminile.
La definizione di patriarcato, architettura invisibile che regge i destini del mondo fin dai tempi più remoti, è ormai obsoleta, secondo il parere di alcuni critici; si dice non sia più in grado di cogliere le sfumature proprie delle società moderne, dove le strutture del potere sono diventate più complesse.
“Nato come sistema di organizzazione sociale, il patriarcato ha oltrepassato i secoli, adattandosi e resistendo, ma oggi incontra una sfida globale senza precedenti.”
Ma come nasce il patriarcato?
Quali le sue origini che si perdono nelle nebbie del tempo, e che hanno visto l’alba di un dominio assoluto dell’uomo sulla donna e il cui germoglio ha attecchito quando ancora gli uomini invocavano gli dèi con fuochi sacri e sacrifici. E quando i sacerdoti, scrutando le viscere degli animali, proclamavano che il volere del cielo era che l’uomo dominasse e la donna obbedisse. A rappresentare i sacerdoti erano allora i legislatori che legiferavano norme che negavano alle donne il diritto alla parola, alla proprietà, e non ultimo al loro corpo.
Tutto ciò legittimato, almeno in parte, dalla maggiore prestanza e forza fisica dell’uomo, indubbiamente maggiore rispetto a quella della donna, e supportato dall’idea malsana che tale indiscutibile evidenza dovesse tradursi in predominio. Da qui, la divisione dei ruoli, che hanno assegnato alla donna il compito di essere custode della famiglia, mentre l’uomo doveva essere detentore della spada, oltre che della parola.
Con il sorgere delle grandi civiltà, il patriarcato si è poi vestito di maestà divina. A Babilonia, a Roma, ad Atene, le leggi sancivano che la donna fosse sotto la tutela prima del padre, e poi del marito. I templi dove il patriarcato esercitava il suo potere erano i palazzi, le cui stanze risuonavano soprattutto di voci maschili, che echeggiare nelle corti dei re, nei consigli degli anziani, nelle scuole dei sapienti; mentre le donne diventavano oggetto di baratto, o la cifra per scambi di alleanze, nonché ventri per eredi.
Anche la filosofia, eccelsa arte del pensiero, dichiarava che il genere femminile era passivo, imperfetto, mentre il maschile era ragione e virtù.
“Smantellare il patriarcato richiede più della consapevolezza: esige un ripensamento collettivo dei rapporti di potere, unendo voci diverse in un dialogo trasformativo.”
Il patriarcato non è mai stato un editto scritto, mai una legge incisa nella pietra. Tuttavia, ha visto le donne, esempio di saggezza, relegate all’ombra del focolare: la loro virtù era il silenzio, mentre la loro armatura era la castità.
Nel frattempo gli uomini si ergevano a guerrieri e re, e se qualcuna osava alzare la voce, una Saffo, una Ipazia, solo per citare alcuni nomi eccellenti, il sistema le divorava, le cancellava, le riduceva a una leggenda inopportuna, o a monito per la altre. Un dato certo è che il patriarcato si nutriva di sangue e di lacrime, di silenzi e di grida soffocate.
Ma il patriarcato non è soltanto la somma di uomini che da sempre hanno avuto un comportamento sessista, semmai è un concetto molto più articolato e dalle molteplici sfaccettature intinto nell’inchiostro delle tradizioni. Tradizioni che imponevano alle giovani di essere caste, ai figli maschi di essere fieri, alle madri di sacrificarsi e ai padri di comandare. E così, generazione dopo generazione, il patriarcato ha messo radici profonde nella mentalità comune.
Per una rapida speculazione sulle diverse teorie circa l’avvento del patriarcato, da ricordare è il pensiero di Friedrich Engels, il quale attraverso la teoria storico-materialistica sostiene che l’ascesa del patriarcato risale all’avvento dell’agricoltura, connesso alla proprietà privata e alla necessità di stabilire linee di eredità.
“Quando parliamo di patriarcato, affrontiamo un’eredità culturale che ha silenziosamente plasmato istituzioni, linguaggio e persino le nostre aspirazioni più intime.”
Ma quali sono le più eclatanti manifestazioni del patriarcato?
Come già detto, storicamente le posizioni di potere di Capi di Stato o di leader religiosi sono state occupate dagli uomini. Sebbene oggi ci siano molte più donne in posizioni di leadership. Comunque, l’evidenza è che la disparità a livello globale continua a esistere, e la rappresentanza femminile in posizioni dirigenziali è minore, rispetto alla presenza maschile. Una delle manifestazioni più visibili è rappresentata dalla disparità economica di retribuzione fra uomini e donne: un divario salariale che vede il genere femminile penalizzato rispetto a quello maschile; e non è cosa di poco conto.
L’oggettificazione femminile, strettamente connessa alla violenza di genere, è un triste caposaldo entrato fin dall’antichità a partecipare al fenomeno del patriarcato.
Che si manifesta spesso con la rappresentazione del corpo femminile, soprattutto attraverso i media e nella pubblicità, quale oggetto del piacere maschile. Fatto, ovviamente da stigmatizzare con forza perché lesivo innanzitutto della dignità femminile, considerate strumento per soddisfare i capricci sessuali dei maschi. Principio questo, che può degenerare nella violenza di genere.
Altra manifestazione del patriarcato all’interno del quale si è venuto a creare il principio che la violenza contro le donne, dalla violenza domestica allo stupro, spesso originata da squilibri di potere e dall’idea che il possesso e il controllo sul corpo femminile siano consentiti, è in qualche modo accettata e giustificata. E perciò legittimata.
Ancora in merito alla violenza di genere, un concetto sviluppato da Kimberlé Crenshaw, giurista e attivista statunitense, respinge l’idea che tale drammatica esperienza, insita nel patriarcato, sia uguale per tutte le donne.
Sostenendo che la sopraffazione dell’uomo sulla donna incrocia altre forme di discriminazione come il razzismo, il classismo, l’omofobia e la transfobia. L’esperienza di una donna bianca, benestante e cisgender è diversa da quella di una donna nera, povera o transgender.
Altre teorie chiamano in causa la sociologia e l’antropologia per spiegarne le motivazioni. Alcuni antropologi, fra questi Sherry Ortner, hanno portato all’elaborazione di teorie culturali e simboliche, vedono la contrapposizione cultura-natura, dove la cultura è associata al maschile e la natura al femminile, sostenendo che tale principio ha portato a svalutare il genere femminile e a giustificare il dominio maschile.
Inoltre, l’idea che certi lavori, o comportamenti siano ‘naturalmente’ maschili o femminili è obsoleta, tuttavia continua a essere un principio che appartiene a parte della collettività. Come pure il presupposto, errato, che alle donne siano preclusi alcuni percorsi scolastici, solitamente di ordine scientifico, perché prive di inclinazione intellettiva in tale senso.
Altra manifestazione del patriarcato è il principio del privilegio maschile introdotto dalla studiosa Peggy McIntosh, per cui gli uomini beneficiano di una serie di vantaggi non meritati e spesso riconosciuti in una società patriarcale, semplicemente in virtù del loro genere.
“Il patriarcato si intreccia con altre forme di oppressione—razziale, economica, colonialista—creando gerarchie che escludono chi non corrisponde allo standard dominante.”
Comunque sia, il patriarcato non è solo una problematica che riguarda le donne. Pur mantenendo salda la sua gerarchia, il patriarcato è comunque un sistema capace di danneggiare anche i maschi, diventando anche per loro una gabbia anche per gli uomini.
In virtù del fatto che in ogni situazione devono mostrare di essere forti, impassibili, dominatori, a causa della pressione sociale esercitata su di loro, e sostenuti dall’idea che devono conquistare, possedere, comandare, e se non vi riescono sono considerati dei falliti.
Un uomo che ama troppo è considerato sciocco, se piange è un debole, e la tenerezza è una vergogna di cui disfarsi. Capisaldi questi, che vanno sotto il nome di mascolinità tossica. Dunque, il patriarcato danneggia anche gli uomini, che devono sottostare alle aspettative imposte dalla loro mascolinità, e perciò costretti a reprimere le loro ‘espressioni emotive’.
Poi, a tratti, come ogni ordine antico, il patriarcato vacilla. Le donne, da secoli silenziose compagne, a un certo punto hanno cominciato a ‘disobbedire’, e a fare domande ai loro compagni di vita. Chiedendo loro perché?
Perché il sistema ha chiamato ‘isterica’ la donna che urlava, ‘ambiziosa’ quella che comandava, ‘troppo emotiva’ quella che reclamava giustizia.
Perché il domino del mondo è sempre stato in mano a pochi uomini?
Ma, poiché la risposta tardava ad arrivare le donne si sono prese ciò che spettava loro di diritto. E con la penna in mano si sono avventurate fra i confini del sapere, han fatto proprio il mondo della scienza, seppur con difficoltà che son costate loro anche la vita: è il caso di molte suffragette, esempio di donne che si sono ribellate al dominio esercitato dagli uomini sulle loro esistenze.
Come ogni impero, a un certo punto anche il patriarcato ha cominciato a tentennare.
Le donne, stanche di essere ombre, hanno deciso di essere protagoniste delle loro esistenze. Si sono prese la consapevolezza di se stesse, oltre che la piazza. Ne è esempio Mary Wollstonecraft che ha sfidato i filosofi, le suffragette che hanno infranto le vetrine del potere, Simone de Beauvoir che ha smascherato l’inganno della ‘natura femminile’.
Inevitabilmente, le mura del Patriarcato hanno cominciato a tremare.
Seppur l’uomo, gestore di un’autorità che nessuno gli ha chiesto di gestire non voleva saperne di cedere il vessillo del potere. Ma anziché crollare il sistema si è trasformato.
Ha imparato a nascondersi dietro sorrisi benevoli, a dire alle donne: Ormai siete libere, mentre i corpi di molte erano ancora oggetto di leggi assurde, e i loro salari restavano inferiori a quelli degli uomini. Sta di fatto che il patriarcato non è finito, ma persiste in molte forme anche nella società odierna.
Seppur mutato, il sistema si è trasformato, adattato, ha lottato per mantenere saldi alcuni principi inalienabili per il maschio.
Quale, dunque, oggi il futuro del patriarcato? Forse un mondo senza padri?
Da gigante ferito quale è, il patriarcato, non ancora morto, resiste nei pregiudizi, nelle violenza di genere, e anche nelle istituzioni. Seppur le sue fondamenta diano segni di cedimento.
Il patriarcato non è quindi un fenomeno statico o un retaggio del passato, ma un sistema che si è adattato e persiste in forme più o meno evidenti. Comprenderlo non significa incolpare gli uomini individualmente, ma riconoscere e smantellare strutture e pregiudizi sistemici nel tentativo di creare una società più equa e giusta per tutti i generi.
Forse un giorno il patriarcato cadrà, ma finché vivrà la sua ombra lunga peserà sul destino del mondo femminile. L’auspicio è che sorga un mondo in cui il potere non sia più maschile o femminile, ma umano. Ma fino ad allora, la lotta tra chi vuole preservare l’ordine antico e chi sogna una nuova alba continua.
“Il patriarcato non è solo un sistema di dominio maschile, ma una struttura radicata che normalizza disuguaglianze di genere, limitando tanto le donne quanto gli uomini in ruoli prestabiliti.”
Written by Carolina Colombi

