“Le figlie di Saffo” di Selby Wynn Schwartz: un capolavoro provocatorio ed originale

“Combattevamo da decenni, talvolta in modo disperato, per il diritto alla vita. Avevamo rischiato, avevamo rinunciato; alcune di noi erano state punite per essersi guadagnate da vivere indossando i pantaloni dei loro fratelli, altre erano sopravissute a malapena ai criminologi. Lina Poletti ci aveva destate, Anna Kuliscioff ci aveva affidato il compito di portare avanti la sua rivoluzione.” ‒ (pag.233)

Le figlie di Saffo di Selby Wynn Schwartz
Le figlie di Saffo di Selby Wynn Schwartz

L’ultimo aggiornamento in rete della biografia di Selby Wynn Schartz è datato 14 dicembre 2022; riporta poche informazioni essenziali: PHD in letteratura comparata (italiano-francese) presso l’Università di California a Berkeley, insegnante di scrittura creativa all’Università di Stanford nonché autrice del saggio” The Bodies of Others: Drag Dances and Their Afterlives”. “After Saffo”, in italiano le “Le figlie di Saffo”, è il suo romanzo d’esordio.

“Le figlie di Saffo” è un’opera originale, che sta tra romanzo di immaginazione e romanzo-verità, magari un testo drammaturgico che rimanda al teatro greco, con un coro femminile che commenta e racconta, al di là dello spazio e del tempo, insomma un ibrido, ma di gran classe e di forte impatto, una sorta di biografia collettiva che si dipana tra il 1895 e il 1928 (“Mi sono fermata al 1928 perché Orlando è di quell’anno, e volevo che la mia storia terminasse esattamente quando “nasceva” quel romanzo della Woolf. In più, nel 1928 si consuma uno scandalo intorno a due volumi, “Il pozzo della solitudine” di Radclyffe Hall e, appunto, “Orlando” di Virginia Woolf, che rappresentano due modi diversi, opposti, di considerare la donna queer”, ha raccontato Selby Wynn Schartz in una recente intervista rilasciata a Repubblica), evocando la vita di donne libere e straordinarie in grado di anticipare i tempi durante gli anni rutilanti della Belle Èpoque, uno di quei periodi di grazia in cui tutte le espressioni della cultura e della civiltà fioriscono insieme. Un’epoca che ancora oggi affascina per la sua modernità, segnata da grandi scoperte e da significative rivoluzioni culturali e dei costumi. Anni di vaccini e corrente elettrica nelle case, di psicanalisi e art noveau, in cui il tempo libero, il bisogno di vacanza e l’intrattenimento diventano questioni serie. Anni che fanno da sfondo ai frammenti di vita di artiste, intellettuali, scrittrici e attiviste politiche, esistenze accomunate da un’irrefrenabile tensione al cambiamento dello status quo  – in quegli anni nascono il suffragismo e il femminismo ‒ e dal coraggio di combattere l’oscurantismo della morale sessuale dell’epoca (“Più le giovani si compiacciono della reciproca compagnia, più diventano eccitabili e dolenti” sentenzia “Il trattato sui disturbi nervosi delle donne”, pubblicato nel 1840 dallo psicologo inglese Thomas Laycock, mentre è del 1860 “Cassandra”, di Florence Nightingale, sugli aspetti che conducono le giovani dei ceti elevati alla pazzia in epoca vittoriana), in un percorso di emancipazione da un mondo, quello ottocentesco, edificato con i mattoni dell’austero perbenismo borghese, con le donne emarginate al ruolo di madri e mogli devote, assecondando i dettati statuiti dal saggio, allora di gran moda, “Come devo comportarmi”, pubblicato nel 1898 da Anna Ventura Gentile, che suggerisce: “le ragazze devono essere gentili, industriose, modeste, devote, piene di abnegazione ed esente da vizi”.

Donne senza istruzione e denaro proprio, però (solo con il primo codice civile del Regno d’Italia, il codice Pisanelli del 1865, le donne possono fare testamento e decidere a chi lasciare i propri beni, mentre finalmente anche le figlie maturano il diritto all’eredità), a lungo intrappolate sotto il dominio dell’art. 544 del codice penale (vedere alla voce “matrimonio riparatore”, istituto che viene messo in discussione solo nel 1965 dal “caso Franca Viola”, per poi essere definitivamente abolito nel 1981), con cui il padre perdona lo stupratore dandogli in sposa la figlia.

Chi era Saffo?”, si chiede Selby Wynn Schwartz nel prologo del romanzo, evocando la poetessa lirica di Lesbo, esiliata in Sicilia e “inghirlandata di ragazze”, la cui opera è espressa solo in frammenti ma il cui mito sopravvive per intero nella memoria collettiva.

Una domanda che percorre le 240 pagine del libro “Le figlie di Saffo” e che non smette mai di interrogare le donne convocate dall’autrice, che rispondono per voce dei narratori raccontando scene di vita attraverso un “noi” all’uso del coro greco (ma che, contrariamente a quello greco, ha la capacità di cambiare gli eventi, di interferire) che poi è il coro sommesso di tutte le donne, specie nell’epoca qui trattata, a cavallo fra ‘800 e ‘900, in cui vi è un rigoglio (non solo artistico) dell’idillio saffico (“Leggevano poesie e studiavano il greco a Parigi, Natalie Barney e Pauline Tarn, magari traducendo i frammenti di Saffo in francese, con tutti quegli idylle saphique fra giovani donne indipendenti che si incontravano in segreto tenendo una corrispondenza intima”), nonostante sia considerato amorale e talvolta un crimine (non in Italia, dove il codice post unitario Zanardelli dimentica di menzionare il lesbismo e l’omosessualità maschile, motivo per cui Oscar Wilde, condannato in patria, fugge prima a Napoli e poi a Capri).

All’ombra della poetessa greca, fra le pagine si materializza un mosaico di epifanie, a cominciare dalla semisconosciuta poetessa italiana Lina Cordula Poletti (“Mi sono imbattuta in Lina Poletti per caso, durante un corso sulle scrittrici italiane del Novecento Sibilla Aleramo e Renata Viganò, facente parte del mio dottorato in letteratura comparata a Berkeley” racconta l’autrice nella citata intervista a Repubblica), una dandy dichiaratamente lesbica, nonostante il matrimonio ‘di facciata’ con uno schivo amico d’infanzia, il direttore della Biblioteca Classense Santi Muratori, che dà scandalo a Ravenna vestendosi in abiti da uomo, con feltro e cravatta, allieva di Giovanni Pascoli, a cui il libro è dedicato (“«Noi siamo il coro», dice Lina Poletti incitando le compagne, «che assume diversi aspetti nei secoli». Così, alla fine, la seguimmo, superando noi stesse”), sfuggente figura a metà fra mito e realtà, compagna di amorevoli intenti di Eleonora Duse e di Sibilla Aleramo (alias  Rina Faccio, autrice di “Una donna” e “Apologia dello spirito femminile”) “proprietaria di molte vite, tutte le sue e le nostre intrecciate insieme”, che fa echeggiare la sua voce quando urla: “siamo il grido, altissimo e feroce, di tutte quelle donne che non hanno voce …”, e che non smette di incoraggiare le compagne, per incitarle ad andare avanti, combattendo contro le leggi del sangue e dell’ora virile, dando voce e carne alla rabbia repressa di tante donne che, anche grazie a lei, imparano a solidarizzare, a voler sovvertire lo stato delle cose, e che a un certo punto decide di scomparire, trasformandosi in una sorta di icona queer che attraversa la storia italiana per approdare nel qui e ora. E come legate da un filo silenzioso che stringe i lacci dei loro destini, ecco comparire insieme a Lina Poletti altre sorelle di spirito, capaci di vivere nel momento, in una tendenza a migliorare la realtà, cercando di rendere luoghi e situazioni esteticamente e intimamente allettanti, perché poi è questo l’idillio, dal greco eydillion, quadretto, una località (campestre) dove tutto è come l’avevamo sempre immaginato, e che in senso figurato rappresenta l’ideale di vita, in un adesso sempre presente ma in costante espansione.

Ecco allora l’idillio saffico più celebre, quello fra Virginia Woolf e Vita Sackville-West, quest’ultima autrice di Challenge e famigerata saffica; a lei Virginia dedica Orlando, un po’ biografia, un po’ romanzo e un po’ fantasia, ma con un cambiamento di sesso che, evocando la naturale bisessualità dell’essere umano e volando sulle ali della metamorfosi e della libera realizzazione di sé, arriva fino all’odierna narrazione trasgender. Un romanzo che Virginia Woolf inizia a scrivere nel 1927, proprio quando in Italia un regio decreto stabilisce che le donne che procreeranno più figli saranno premiate con medaglie, le altre pesantemente tassate. L’anno dopo Orlando viene pubblicato, mentre l’Inghilterra concede alle donne il diritto di voto, anche se, come per Oscar Wilde, la scrittrice Radclyffe-Hall viene chiamata davanti a una corte per giustificarsi dell’accusa di oscenità (ai sensi dell’Obscene Pubblication Act del 1857), per aver sottinteso rapporti di lesbismo nel suo romanzo “Il pozzo della solitudine”.

Selby Wynn Schwartz citazioni
Selby Wynn Schwartz citazioni

Ecco Sarah Bernhard, la Divina, che vive con un leopardo e una scimmia, dorme in una bara ed è scortata ovunque dalla poetessa Louise Abbema, interprete, la Bernhard, di molti ruoli maschili; lei sa che in Grecia Clitennestra, Antigone, Medea erano uomini, e ora si ribella al fatto di essere confinata nel suo sesso al ruolo che incarna. “Nel 1912, mentre Tripoli veniva conquistata e il parlamento bocciava il suffragio femminile, noi avevamo i cinema, i paraventi laccati e ci piaceva starcene sedute in stanze ombrose. Anche quelle di noi che guadagnavano poco potevano concedersi delle serate scandite dai film di Sarah Bernhardt. A quell’ epoca la Divina aveva 68 anni, era instancabile e faceva girare un cucciolo di tigre in soggiorno.”

E poi Eva Palmer, Natalie Barney, Penelope Duncan, attrici che incarnano lo spirito libero e indomito rifiutando l’obbedienza e l’annullamento di se stesse. Come la danzatrice Maud Allan, detta Salomè, che desta scandalo a Londra (al pari di Isadora Duncan e la sua “danze libere”), tanto che si arriva persino a presentare alla Camera dei Lord una mozione per rendere il lesbismo fuorilegge, mozione che tuttavia non passa.

E l’ucraina Anna Kuliscioff, attivista anarchica, “una vita passata a combattere per i diritti delle donne e prima donna in Italia a studiare medicina; diventata dottoressa specializzata in ginecologia, si scontrò con il papa, con lo zar russo e con gran parte dei socialisti italiani, che non si occupavano della prevenzione delle infezioni post parto”.

E naturalmente Eleonora Duse. Ammirata da Chaplin e da molti altri intellettuali e artisti, amata da Arrigo Boito e da Gabriele d’Annunzio, nata in una famiglia di guitti e dotata di un eccezionale talento scenico, tanto da essere celebrata, al pari della Bernhard, come “la Divina”, nel 1891, al Teatro Filodrammatici di Milano Eleonora Duse interpreta Nora, la protagonista di “Casa di bambola” (scritta da Ibsen nel 1879)  che abbandona il marito che l’ha rinchiusa in una delle innumerevoli “case di bambole” a cui sono destinate le donne nell’ 800, secolo che per loro si è declinato in un solo verbo: sposarsi.

Eleonora Duse, che nel 1908 sceglie come ultimo personaggio da interpretare Ellida, la protagonista del dramma sempre di Ibsen “La donna del mare”, esempio fulgido di donna che voleva scegliere l’uomo da amare e il modo in cui vivere la sua vita. Lina Poletti condivide il tempo di Eleonora Duse fino agli ultimi giorni dell’attrice, che fa in tempo nel 1913 a tenere una intervista sulla condizione della donna in Italia. I successivi 40 anni Lina Poletti li trascorre con la concittadina Gabriella Rasponi Spalletti, la contessa presidente del Consiglio nazionale delle donne italiane, dedicandosi ad approfondimenti filosofici e teosofici, interessi a causa dei quali entrambe saranno “attenzionate” dalla polizia del regime.

Miglior libro dell’anno tra quelli inclusi nella longlist del Booker Priza secondo “The Guardian”, Selby Wynn Schwartz ha creato un romanzo singolare ed eccentrico che, partendo dai frammenti saffici e fiorendo nella Belle Èpoque, arriva ai giorni nostri attraverso la voce di Lina Poletti, che è poi quella di tutte “loro”, donne che hanno precorso i tempi e che in qualche modo ritornano sempre: come Orlando. Ispirato al grande poeta greco, questo romanzo d’esordio celebra la vita e il lavoro delle creative femministe dell’inizio del XX secolo.

Qualcuno si ricorderà di noi, dico, anche in un altro tempo.” ‒ Saffo, frammento 147

Scrivendo con vignette a cascata, Selby Wynn Schwartz racconta una storia tonificante di donne le cui narrazioni convergono e si frammentano mentre forgiano identità queer e rivendicano il diritto alla propria vita. Una luminosa meditazione su creatività, educazione e identità, “Le figlie di Saffo” annuncia uno scrittore ingegnoso come i pionieri del nostro passato.

 

Written by Maurizio Fierro

 

Bibliografia

Selby Wynn Schwartz, Le figlie di Saffo, Garzanti, 2024

 

Info

Intervista su Repubblica

 

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