Gino Sabatini Odoardi: l’abilità del mago in opere artistiche
Tutto è magia eppure non lo è. Il trucco e la realtà possono essere indistinguibili quando i nostri sensi vengono ingannati e ci portano a ragionamenti illogici e sbagliati. Eppure che cos’è l’arte, se non una meravigliosa falsificazione del vero?

Gino Sabatini Odoardi, nato a Pescara nel 1968, già giovanissimo si è dimostrato personaggio originale e inquieto, muovendosi tra provocazioni e ricerca. I suoi studi e le sue esperienze sono aumentati negli anni e diventati un importante tesoro di conoscenze, che egli cerca di comunicare ai suoi discepoli insegnando ‘Plastica Ornamentale’ all’Accademia di Belle Arti di Frosinone.
Vincitore di prestigiosi riconoscimenti internazionali, ha esposto in numerose mostre personali o collettive, partecipando alla 54° Biennale di Venezia.
Esaminiamo alcune delle sue opere.
Il bastone e il cilindro del mago. Il cilindro è un autentico cappello da prestidigitazione, di quelli che si possono fare scomparire appiattendoli oppure usare per estrarre un candido coniglio. Di traverso sul bastone dal pomo elegante e lavorato, è appoggiato con elegante e morbida trascuratezza una sciarpa bianca.
L’elegante drappeggio ci tradisce: non si tratta di tessuto, ma di plastica modellata con la tecnica della ‘termoformatura in polistirene‘, di cui l’artista è riconosciuto maestro in tutto il mondo. Un’abilità davvero da mago, perché i materiali realizzati utilizzandola, vanno sagomati nell’intervallo di pochi secondi in cui sono resi malleabili dalla temperatura, dopodiché si induriscono, non c’è più modo di correggere eventuali errori o imperfezioni e non c’è spazio per i ripensamenti.
Sensazioni di meraviglia simili le genera un’altra serie di opere di Sabatini Odoardi, che presentano una o più sedie di legno nero in equilibrio sulle sole gambe posteriori e, morbidamente adagiati sugli schienali, drappi bianchi, sempre realizzati con la termoformatura.
Il segreto dell’equilibrio è semplice, perché le gambe sono avvitate al pavimento, ma quello che ha valore è l’atmosfera di sorpresa incredulità e pura bellezza, che l’installazione genera nello spettatore.
I bicchieri sono alcuni degli oggetti più comuni e utili nella nostra vita e con essi ogni giorno interagiamo in decine di occasioni. Sono contenitori non banali, con tutta la loro simbologia che spazia dal Sacro Graal al dubbio filosofico del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto; perdersi o affogare in un bicchiere d’acqua, alzare il bicchiere come saluto, il bicchiere di vino offerto come segno di amicizia, scatenare una tempesta in un bicchiere.
Proprio i bicchieri diventano un simbolo, quasi una firma, nelle creazioni del nostro artista, che in modo ricorrente li raffigura e li incorpora nelle sue creazioni.
Nella serie di opere che sono raccolte non a caso sotto il titolo ‘Il bicchiere/The glass’, destano particolare interesse alcuni lavori dell’artista, dove sopra fogli di plastica vengono stampate illustrazioni riprese da un centenario libro di – ovviamente ‒ magia; i fogli vengono scaldati e plasmati, avvolgendo al proprio interno un bicchiere.
Il risultato, nel contrasto netto di bianco e nero, nella lettura al tempo stesso bi e tri dimensionale, è assolutamente riuscito.
Tra il 4 e il 27 aprile del 2024, ho ammirato alcune delle opere citate nel presente articolo durante la mostra ‘Lessema’, a cura di Gaetano Centrone, presso la Riccardo Costantini Contemporary in via Goito a Torino, dove oltre a Gino Sabatini Odoardi esponevano Enrico Iuliano e Saverio Todaro. La mostra permetteva un interessante confronto tra gli stili espressivi e comunicativi dei tre artisti.
Written by Marco Salvario
Photo by Marco Salvario