Milena Buti: le poetiche suggestioni della pittura

Spesso Milena Buti, dialogando con i visitatori durante le sue mostre, con un riservato pudore sembra cercare di evitare di parlare delle sue opere; preferisce raccontare di Bologna, dove è nata e dove vive, e del suo maestro Wolfango Peretti Poggi, apprezzato pittore, illustratore e insegnante d’arte, scomparso nel 2017.

Milena Buti opere
Milena Buti opere – Photo by Marco Salvario

Wolfango rifiutava l’astrattismo e l’intellettualismo delle correnti pittoriche moderne, per concentrarsi sulla realtà, con una cura estrema nello sviscerare ogni dettaglio dei suoi soggetti, assolutamente non con l’intenzione di approdare all’iperrealismo oggi tanto di moda, ma piuttosto per affondare nella essenza concreta della materia, che sulla sua tela si trova a essere come ingigantita sotto una potente lente, perché la materia è sempre piacevole e preziosa in ogni suo aspetto, anche nel più ordinario e banale. Nulla è stato creato, senza possedere una propria intrinseca ed esclusiva bellezza.

Milena Buti ha imparato le tecniche, ha compreso e fatta sua la visione del maestro, ma è riuscita a superarla e a crearsi una propria strada, più sfumata, sognante e poetica.

Il suo stile, come il Wolfango stesso ebbe a definirlo in modo solo apparentemente burbero, è sovente ‘graffiante’, meno composto e curato di quello insegnatole; questo giudizio non è una critica negativa, quanto la constatazione di una diversa e ugualmente valida interpretazione della realtà e di uno stile personale.

Per volere delineare un confronto tra i due artisti, Milena Buti non affronta la complessità densa e estremamente particolareggiata di opere come il ‘Cassetto’, ma sceglie con attenzione e in numero limitato i propri elementi ispiratori.

Nelle sue nature morte i soggetti sono pochi, a volte insoliti, ma nobilitati ed enfatizzati dalla pittura; è il caso degli acrilici su tela ‘Lampadina blu’, ‘Imbuto rosso’, ‘Geometrie di luce’ e ‘Casualità’.

Ho particolarmente apprezzato i ritratti femminili della pittrice: intensi, giocati nei colori e nelle luci, spesso indefiniti e privi di sfondo. Più che ammirare volti di giovani donne, respiriamo sentimenti, malinconie, diffidenze o speranze; più che lineamenti di persone, scrutiamo le loro anime nascoste.

E l’anima, non più delle persone ma della natura, Milena Buti la insegue ugualmente nei paesaggi: le spiagge adriatiche, deserte quando la stagione estiva è alla fine; le rive del Navile, il canale artificiale che da mille anni irriga la pianura bolognese; la neve caduta sui campi nebbiosi; il fondersi tra la natura e le costruzioni degli uomini; la bellezza di Parco Talon, apprezzato anche da Stendhal.

Milena Buti mostra
Milena Buti mostra – Photo by Marco Salvario

Alla domanda di quanto tempo le occorra per realizzare una delle sue opere, la risposta della pittrice è incerta, quasi evasiva. Molto spesso il processo più lungo è quello di impostare le immagini nella mente, cogliere l’idea e renderla rappresentazione concreta; successivamente, quando il lavoro diventa dipinto, a volte accade che la mano con il pennello si fermi all’improvviso davanti all’opera non ancora completata, perché l’artista sente che ormai la tela è in grado di esprimere pienamente il messaggio che le si era assegnato; altre volte, al contrario, subentra un senso di insoddisfazione, di incompletezza, e allora si continua a lavorare per ore e ore limando piccoli particolari, correggendo o aggiungendo dettagli, in una battaglia lunga ed estenuante per catturare e aggiustare quel lampo indescrivibile, che si intuisce la tela possa ancora esprimere.

Una lotta per cercare la perfezione che, chi non è artista, spesso non comprende e che, alla fine, viene sempre vinta.

Oltre alle molte attività che la impegnano in ambito bolognese, da alcuni anni Milena Buti collabora col Museo MIIT di Torino, che le ha concesso la possibilità di esporre nelle sue sale e di partecipare a importanti esposizioni internazionali.

 

Written by Marco Salvario

Photo by Marco Salvario

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