“Beppina” di Paola Pierantoni: viaggio nella condizione delle donne e nei manicomi di inizio ‘900

“La vita di un’agiata famiglia borghese di fine ‘800 sconvolta dalla pazzia. I confini che limitavano la vita delle donne, la condizione dei “mentecatti” rinchiusi nei manicomi: tappe di un viaggio che prende avvio da un plico di lettere e documenti ritrovati in un armadio e si sviluppa con l’aiuto di ricerche negli archivi di imprese e strutture manicomiali. Pagine ritmate da rare e preziose immagini: ritratti, disegni, antiche fotografie. Quanto può raccontare un’immagine? Lo scoprirete in questo affascinante e doloroso viaggio sulle tracce della vita di Beppina, nonna dell’autrice, e di suo marito Arturo.”

Beppina di Paola Pierantoni
Beppina di Paola Pierantoni

Quando Natale Calderaro mi ha proposto di lavorare alla postfazione della biografia Beppina ho avuto subito l’impressione che avrei avuto a che fare con qualcosa di prezioso, sia per la storia narrata, sia per il fatto che avrei lavorato a qualcosa che ci avrebbe visti insieme a rilanciare il valore della dimensione etica della cura, quale principio terapeutico essenziale, che ha segnato la storia della Riforma psichiatrica e che speriamo accompagnerà il futuro della cura.

Perché di cura si parla in questo libro, e di quel mondo-della-vita a cui è importante ritornare se vogliamo occuparci in maniera adeguata di fragilità.

La biografia di Beppina e di Arturo, nonni dell’autrice Paola Pierantoni, è un testo che nasce da una scoperta. Un libro in cui possiamo trovare la storia della psichiatria, l’aberrazione del manicomio, la condizione di scarsa emancipazione della donna, e la povertà e la solitudine di chi, rimasto solo e inascoltato, ha cercato invano di comunicare la sua disperazione.

Era in uso all’epoca la negazione della libertà della donna, dei matti e dei bambini, come possiamo leggere nelle poche righe ritrovate in cui la mamma consiglia a Beppina di non sognare in grande.

Il mondo dei desideri è immenso; quello della realtà, piccino e limitato. Noi cominciamo sempre con lo sperare i giardini d’Armida, e finiamo con l’adattarci forzatamente all’orticello della casa paterna; sarebbe perciò savia cosa il restringere l’orizzonte dei sogni, dal momento che non possiamo allargare quello della realtà.” (p. 39 ‒ Amanda Bubbolini, mamma di Beppina)

Per la molteplicità delle tematiche trattate, Beppina costituisce una memoria di investimento: troviamo nel testo il passaggio delle leggi sull’assistenza psichiatrica (da quella del 1904 a quella del 1978), e le speranze tradite di una modalità di cura che tracciava in maniera irrevocabile la fine di ogni speranza.

La disperazione derivante dall’ascolto negato lo troviamo nelle lettere che la Pierantoni ritrova, negli archivi dei manicomi in cui era stato internato suo nonno Arturo, e nelle testimonianze scritte che raccontano del calvario di sua moglie Beppina di cui non aveva mai saputo nulla.

“Io non ne sapevo nulla. Mai se ne era parlato in casa. Si era raccontato, sì, di questo nonno un po’ fuori di testa, con manie religiose, poco attento all’impiego del danaro, ma mai – mai – si era detto che fosse stato internato in manicomio e che vi fosse morto”. (p. 9 – Paola Pierantoni)

Un lavoro di archeologia sanitaria che l’autrice e il suo compagno ci restituiscono quale ricchezza per una memoria di investimento necessaria al nostro presente e al futuro delle generazioni che verranno.

Come ti sarai accorta, oltre che dalla locale Direzione, ti faccio inviare sempre una copia autentica, delle medesime lettere, da Padre Onorato affinché te le mandi, ed egli pure ti tenga informata sulle mie “vere” condizioni di salute. Voglio sperare che avrai ricevute regolarmente le mie e le altre. […] P.S. Attendo con vivissimo desiderio, di giorno in giorno, una tua risposta, che mi rassicuri su quanto bramo da te e dai miei fratelli e che non tarderai più oltre a farmi avere precise notizie sul conto tuo e dei nostri cari angioletti.” (p. 98 – Arturo Pierantoni)

Lettere mai spedite che, dagli archivi manicomiali hanno potuto divenire memoria trasmissibile in queste pagine, dove si trova tratteggiata in maniera puntuale la storia di vita di una famiglia, che si intreccia a quella della follia nei manicomi di inizio ‘900, dell’Ospedale psichiatrico di Arezzo, del San Lazzaro di Reggio Emilia e di quello di Magliano a Roccanigi.

Paola Pierantoni - Loredana Di Adamo
Paola Pierantoni – Loredana Di Adamo

Quale è stata la vostra quotidianità? Ti immagino sola, sospesa tra speranza e disperazione, prima in attesa del tuo nuovo parto, poi di fronte al travolgente impegno di un neonato da accudire insieme agli altri due piccoli mentre Arturo veniva nuovamente ricoverato…” (p. 84)

La speranza è, quel filo che sostiene, dice Eugenio Borgna, e la speranza nel testo diviene il file rouge per una possibilità di ascolto, di relazione e di aiuto che chiedono disperatamente i protagonisti.

Lo stesso principio di speranza a cui lo psichiatra Natale Calderaro fa appello nella prefazione, lui che un po’ ne sa di manicomi, e che è stato partecipe di quella Rivoluzione culturale senza la quale la nostra condizione di vita sarebbe stata sicuramente peggiore. Una possibilità purtroppo negata a chi, come Arturo e Beppina, ha vissuto l’esperienza manicomiale prima della legge 180 e prima di Basaglia.

La vigilanza sui manicomi pubblici non era considerata materia sanitaria, ma di ordine pubblico, e affidata al Ministero degli Interni e ai Prefetti: non a caso fu chiamata Legge Giolitti, dal nome del ministro dell’interno dell’epoca. La tendenza che la psichiatria italiana già condivideva con quella tedesca di custodire e confinare i malati isolandoli dalla società fu sancita e irrigidita, e gli istituti manicomiali furono chiamati ad un ruolo sempre più repressivo ed emarginante. Da questa svolta derivò un costante aumento dei ricoveri. Legge pessima, quindi, ma molto longeva: bisognò attendere Basaglia, e il 13 Maggio del 1978, per superarla.” (pp.  72-73)

Il libro costituisce una memoria di investimento grazie anche ai contenuti polisensoriali fruibili attraverso il v code, mediante cui si possono visionare video e documenti dell’epoca. Si tratta di un piccolo compendio, una buona opportunità per tutti, ma soprattutto per gli operatori, di imparare – attraverso una biografia ‒ la situazione della psichiatria nei primi del ‘900 e quali possano essere, oggi, gli strumenti ermeneutici fondamentali, a cui attingere, per abitare una dimensione etica della cura.

Paola Pierantoni citazioni
Paola Pierantoni citazioni

La postfazione, scritta da me e Natale Calderaro, è dedicata alla ricorrenza del centenario della nascita di Franco Basaglia (1924-2024) e vuole essere uno stimolo per una cura che torni ad essere ascolto della persona, sostegno della famiglia e rispetto per l’unicità del bisogno.

È così che una biografia può guidarci su quello stesso terreno dell’esser-ci, in cui l’umanità perduta poi si ritrova, grazie alla possibilità offerta da chi ci scrive sopra e da chi può continuare a leggere e a narrare. Continuare a dare valore alla storia e poterla riscoprire nella sua attualità, in ogni presente di ogni epoca: questo è il senso del possibile in cui una filosofa psicologa, e uno psichiatra impegnato nel lavoro di distruzione del manicomio, si ritrovano, e in cui credono. Perché non ci siano mai più luoghi attraversati dal silenzio, e affinché ogni dire possa ricevere sempre ascolto.” ‒ dalla Postfazione di Loredana Di Adamo e Natale Calderaro, p. 137

 

Titolo: Beppina. Viaggio nella condizione delle donne e nei manicomi di fine ‘900

Autore: Paola Pierantoni

Editore: Erga

Numero di pagine: 160

Prezzo di copertina: 15,00 euro

Anno di pubblicazione: maggio 2024

Con i commenti di Loredana Di Adamo e Natale Calderaro

 

 

Written by Loredana Di Adamo

 

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