“Libri che mi hanno rovinato la vita” di Daria Bignardi: gli amori malinconici

Esamino il titolo di quest’opera di Daria Bignardi: Libri che mi hanno rovinato la vita. La mia ruina mi rovescia, mi fa precipitare, m’innalza, mi lancia chissà dove, mi fa venire i reumi. Il termine (forse) deriva dal sanscrito drû-nâti, che significa proiettare altrove, il che è un pleonasmo: non si proietta mai hic et nunc, ma colà e poscia: ora sei qui, seduto sul divano ma, poi, leggendo, ti trasferisci altrove, per esempio in Cina, insieme a un’amica appena conosciuta che si chiama Pearl Sydenstricker Buck. Un nome più semplice non poteva averlo? Per non scoraggiare i lettori, chiamiamola Pearl S. Buck!

Libri che mi hanno rovinato la vita di Daria Bignardi
Libri che mi hanno rovinato la vita di Daria Bignardi

Sottotitolo de Libri che mi hanno rovinato la vita (quel che è sotteso): E altri amori malinconici.  Amore, lo sanno i sassi, come anche amicizia e kāma sūtra, viene da kam’a, ancora sanscrito, che significa passione. San Scrito è il nome tutelare di ogni scrittore. Malinconia è la bile nera, che fa male in quanto ristagna, non andando né troppo avanti né troppo indietro: che ti è ogn’ora fedele! Lei scende lentamente e poi risale, come la marea, ed è arduo guarirci. In genere si nasce malaticci e si muore meno sani.

Quando muore una persona cara, soffri. Con gli anni quel sentimento (il seme che morendo, fa vivere) si trasforma in una tenera e solidale malinconia.

Ho da poco letto l’opera più recente di questa signora della televisione, che è così simpatica ma che non seguo in quell’oscuro video dai tempi che furono. Ei fu (il video), siccome immobile (e spento, sul mobiletto) da tre anni. Il mio amico Nicola dice che mi sbaglio a non rimanere televisivamente informato di quel che succede. Mi fa sentire in colpa. Ma non posso fare tutto. Ho altre manie.

Leggendo m’imbatto spesso in un termine mi spinge a indagare in quel pozzo nero che è il web, da cui a stento risalgo, intriso di miasmi e di liquidi bio-umorali, lordato da notiziette che infeltriscono i miei panni, che quasi mi sommergono… Finisci poi col dare un occhio alla copertina della new, che ti fa capire che non merita un approfondimento, ma ogni tanto ci caschi.

Per esempio quando leggi I cento libri che ognuno di noi dovrebbe leggere e altrettante manfrine. Una volta capito di averne letti novantanove, ma di uno manco so che esiste. Ne parlo con una mia consanguinea che, come Daria, legge dall’età di cinque/sei anni: è ignoto anche a lei. C’è però su zia Wiki, il che lo renderà immortale.

Un giorno vado a Inchiostro e Nuvole, un negozio di libri della mia città, e per caso butto l’occhio su questo volumetto, ma ci metto addirittura un quarto d’ora prima di accattarlo. Inizio a leggerlo dopo aver concluso il romanzo che m’ha (quasi) convinto che leggere sia una rovina esistenziale: Zorba il greco. Te lo suggerisco, Daria, ma sono (quasi) certo che l’hai già letto magari durante un venerdì di quaresima. Un’ennesima piolata: chi scrive è lo scrittore perfetto, chi legge è il lettore perfetto: diversamente non saremmo qui. Niels Bohr giura che la particella esiste allorché è attestata, diversamente è un’onda.

In più punti del tuo romanzo-verità Libri che mi hanno rovinato la vita informi lo sconvolto lettore (me) che sei capace di ingurgitare un libro di trecento pagine in meno di ventiquattr’ore. Il tuo bel tomino mi tiene occupato due mezze giornate, meno di ventiquattr’ore, molte delle quali le ho passate dormendo, mangiando e non si può dire come. Il tempo è come un salame di Felino: va affettato e assaporato.

Chi ti spinge ad amare (i libri), a “cinque anni” è un coetaneo che identifichi con tre qualità che lo rendono così diverso da me che evito apposta di riportarli. E con un nome: Celestino. Il mio Celestino lo conobbi quando avevo circa zero anni, e si chiamava papà Rolando. Solo lui riuscì, dopo infinite insistenze, a farmi trangugiare a ventisei anni L’idiota di Fëdor Dostoevskij, dopo avermelo chiesto, quasi in ginocchio, per una dozzina d’anni. Ci restava male, perché sapeva che preferivo tutt’altro. Odiavo la fiction, amavo la letteratura d’evasione (Papillon di Henri Charrière, Il Forzato di Félix Milani etc), e m’ero nutrito di Henry Miller e di Jack Kerouac, di Lawrence Ferlinghetti e di Vittorio G. Rossi (di cui ho letto più libri di te, ne sono certo). Mi sorbivo saggi e poesie in quantità industriale. Ma romanzi no! Li aborrivo! Solo dopo avere, per mero amore filiale, soddisfatto papà, capii, con vergogna, che quel principe scombussolato e semi-autistico ero io. Per cui lessi subito gli altri libri culto di Rolando: Martin Eden di Jack London e L’uomo che ride di Victor Hugo.

Un giorno, Daria, mi spiegherai perché i libri della nostra vita sono sempre tre, come i tre ladroni, con in mezzo spicca sempre quello per metà divino. Come vedi amo parlare di altri libri piuttosto che di quello che sto leggendo. Ma poi mi ravvedo. È anche colpa tua.

L’ultima riga di pagina 5 de Libri che mi hanno rovinato la vita dimostra un’antica teoria che ho appena inventato: scopo di ogni libreria che si rispetti è di essere arsa dal tempo, in ossequio al secondo principio della termodinamica, che reca all’entropia, al fuoco ghiacciato e al gelo bollente, alla morte entropica dell’ordinato Kósmos. Allegria! Rimane un’unica, residua speranza. In ambito locale, come accade a noi e ai nostri ex partner, pare che Scilla e Cariddi collaborino, giungendo ogni volta a stipulare una procura notarile, qualora serva ai loro pur caduchi figli, a noi.

“Fu quella torta a insegnarmi che l’arte non doveva rassicurare ma turbare.” – turbare rassicurando, rassicurare turbando. Le cose belle della vita prevedono un andare dentro e fuori, scusa la sinuosa metafora: una liquida attrazione e una subitanea fuga. Ne sa qualcosa la celebre radiazione di Stephen Hawking.

“Io avevo la mamma ansiosa che temeva prendessi freddo, mi ammalassi o finissi sotto una macchina, quindi stavo in casa a leggere.” La mia m’obbligava ad andare a catechismo. Un pomeriggio, manco avevo sette anni, per un pelo non vinsi un viaggio premio in paradiso. Attraversando la strada sulle strisce poste di fronte alla chiesa di via Adua, fui investito da un’auto. Dopo che mia sorella era corsa a casa piangendo, la signora Elsa suonò il campanello di casa e disse a mamma, per non spaventarla troppo: Stefano è caduto! Mia madre, donna sempre serena, le rispose immediatamente: Beh, si tira su! Dopo la seconda suonata, Elsa le disse la verità, per cui mamma immediatamente scese a vedere che era successo. Papà, per motivi suoi che ancora mi addolorano, era un uomo ansioso.

Della tua poesia composta quando eri bambina, amo il verso “lungi da qui” – dove ti reca la curiosità che ti spinge a leggere, a viaggiare, a esplorare quel Kósmos di cui dissi poc’anzi. Col secondo principio della termodinamica che ogn’ora ti va pedinando.

“Ma quando verso i dodici anni iniziai a leggere i romanzi degli adulti la mia vita cambiò.” – io parecchi anni dopo; tanto, a pagare, leggere e morire c’è sempre spazio-tempo. A proposito, m’intriga sapere dove sia in questo momento Filippo Donini, che citi a pagina 14 e 15. Zio Google ne tace la sorte attuale.

Non mi lascia indifferente, ma mi fa imprecare, quanto leggo a pagina 17 de Libri che mi hanno rovinato la vita: 300 per 365 = 109.500 (e non dico altro). Invece lo dico. In un saggio di memotecnica lessi che più si legge veloce e più si ricorda quanto s’è letto. Leggendo, vado astrologando su quel che ne scriverò. Traduco: vado cazzeggiando.

A pagina 21 parli dei sentimenti avventurosi di Jane Austen” – autrice che ho iniziato ad amare da poco (da ragazzo l’avrei disprezzata), grazie a una mini-genitrice che mi mette talvolta il libro alla gola: figliama, che Anna fa di nome. La Austen, donna gracile e deliziosa, è stata molto amata da Virginia Woolf. La sua scrittura è una specie di flusso di coscienza autoriale, perché sembra che lei ti stia pensando addosso mentre la stai leggendo. Il suo è un minimalismo sovraccarico di pensieri. Perché sia chiaro l’ossimoro serve che ti dica che, in contemporanea a te, sto leggendo Sanditon, un inizio di romanzo incompiuto con dodici capitoli e zero andate a capo.

“… sono andata a controllare certe date e ho scoperto che la memoria scrive una storia sua.”o vero!, direbbe la madre di Anna, che è amica di Maria Rita. Chiaro?

La maggior parte della memoria la scorriamo dormendo, ma finisce che ce la scordiamo quasi interamente. Perché l’allochiamo chissà dove!

Il Diavolo era più interessante di Dio e persino più del mio amico Gesù.” – che, se è davvero il di Lui Figlio Unigenito, vuol dire che noi siamo dei bastardi adottati (figli naturali di Quell’Altro). Je est un autre! Siamo lo sposo infernale o la vergine folle? Arthur Rimbaud, aiutami tu! Ma perché non ti hai mai recitato in pubblico il consanguineo Carmelo Bene?! Egli era uno scrittore raramente su carta (La voce di Narciso, come t’è parso?), per lo più semovente e sedicente.

A pagina 32 de Libri che mi hanno rovinato la vita parli del mio scrittore più amato: Henry Miller. E non aggiungo altro.

Tua madre, dici:Mi proibiva tutto, che è come non proibire niente.” – mio padre mi concesse di andare a Parigi quando avevo diciassette anni, uno in più del mio compagno di cordata del tempo, Alberto Bagnulo. Chissà quante notti in bianco ha passato, povero papà! Alberto ha scritto nel 2021 Le spiagge che cambiano gli uomini. Vuoi leggerlo? Fa anche delle ottime ecografie, al bisogno.

“Pasolini ha inciso piú come intellettuale, scrittore e regista che come poeta…” – egli diceva la verità che gli saliva dallo stomaco. Un mio cruccio: non sono attratto dai suoi romanzi… Ma ho tutta una vita per ravvedermi. Ho letto Le ceneri di Gramsci che citi. È un autore così controverso che non si può amare senza diffidenza, né diffidare senza amore. Per mero refuso, immagino, non lo citi nell’Indice dei nomi né nell’Elenco delle opere, ma lo fai nella Nota al testo. PPP ha il destino di fuggire sempre altrove, non per paura, ma per esistere. Ha passato la vita a tentare di svelare il non del tutto rivelabile: sotto un velo di Maya, ce n’è un altro e un altro e un altro, all’infinito. Fino alla (sua e nostra) morte.

A pagina 64 parli di Guido Morselli: il suo Dissipatio H. G. è uno dei tre libri che m’hanno scombiccherato. Sono diventato uno sgorbio anche grazie a Lo straniero di Albert Camus e a Sexus di Henry Miller. E a infiniti altri.

“Il ragazzo si chiamava Carmelo Bene.” – che è e sempre sarà l’Autre.

Quanto dici di Agnès Varda mi vede concorde. Si scrive seguendo “l’ispirazione”, poi quel che “si crea” serve a collegare il proprio sé “con gli altri”. Tutti i quasi infiniti sé creano Il Sé. In fondo al groviglio di sentieri che si biforcano c’è lui, Jorge Luis Borges (insieme a tutti gli altri). Chiamalo se vuoi quantistic entanglement, correlazione dinamica e informatica. Ora sono a contatto con te: e lo sarò per sempre. Da qui è sorta l’intuizione sublime di John Keats: A thing of beauty is a joy for ever. La quale è la balla in cui credo di credere di più.

M’oppongo a quanto dici a pagina 102: e non dico altro, anche perché mi sta chiamando il mio ex affine preferito: Andy. Certi errori io li ho fatti perché, sempre seguito dal Kósmos e dall’Entropia, posso andare a sbattere con la macchina contro un muretto. Quella mattina ero stato abbacinato dal sole, così mi giustificai con me stesso. La stessa cosa lo confessò al giudice chi uccise mio papà, che stava attraversando la strada sulle strisce, in quella medesima via Adua, che ugualmente tanto amo, in cui ero stato investito io e, parecchi anni dopo, la mia consorte. Il sole ci illumina e ci frega, come Dio.

Come Albert Camus e Italo Svevo, io sono fermamente contrario agli incidenti stradali. Quel muretto non l’avevo visto, ti giuro. Ma l’ho sentito! Stavo andando a prendere un caffè con Algo Ferrari detto Roy, autore di Colpevoli. Poi offrì lui, avendo io già dato.

A pagina 104 de Libri che mi hanno rovinato la vita scrivi: “Mi secca non farlo.” – non farlo, allora. Sai che ti dico? Docciati che ti passa!

A pagina 107 mi fai venire in mente un’espressione germanica: Das Glasperlenspiel, che amo ripetermi quasi ogni giorno da una trentina d’anni. La vita è un gran bel gioco di vitree perle, o no?

Ogni volta che rileggendo quello che ho scritto cancello qualcosa, penso a Marina Abramović.” – anch’io. Se un giorno vi avrò a colazione in un bar, giuro che offro io. Ve lo meritate dopo quello che m’avete donato. Immagino che lei rimarrebbe allibita dal mio gesto. Forse anche tu.

Sono seriosa nei libri?” – per niente! Sei seria. Questo conta.

Da giovani, diciMagari si sbaglia di più, ma cosa importa?” – quando, come triangoli, si erra muovendosi, mentre da vecchi (nell’anima, più che nelle vene) si sbaglia come tetragoni immobili.

“Ma se senza dolore non si cresce, come si fa?” – chiedilo a Zorba il Greco (che, in realtà, è macedone), il quale, quando non ha la risposta giusta, te la dona con amore.

“Han dice che il dolore è un vincolo.” – anche salvifico, a volte, essendo un sintomo che t’in-forma. Ricordati che la vita è fatta a scale e io, che mi chiamo Pioli, so quel che dico. Occorre salirli tutti, tenendo le mani mobili e fisse al contempo, cosa non facile, piolino dopo piolino, paginetta dopo paginetta, che bisogna saper voltare al momento giusto.

Talvolta ti prendi per i fondelli da sola:rido insieme al pubblico”, “mi sfotto”, “tra occhi lucidi e risate.” – non so se un giorno ti daranno il Nobel per la Letteratura, ma per l’Autoironia te lo meriti da subito.

“Quattro anni dopo sottolineo la frase di Pearl S. Buck e me la tatuo nel cuore.” – la mia è Mon droit forçat e me la donò, mentre eravamo rinchiusi in quel torrido Bagne de Cayenne, il mio compagno d’avventura di quei giorni: Félix Milani. Anche tu sei una forzata della lettura, no?

A pagina 128 citi Antonio Franchini, di cui ho letto gli ultimi due libri. Avete un paio di problemi in comune, mi sa, che poi sono diventati temi.

A pagina 130 leggo che ti scocciavafare la figura di quella che pubblica perché va in tivu” – mi vien in mente che in casa ho dei libri di Hitler e di due ex conduttori di TG: RIP! Sono cattivo? Sono arşân e non la mando a dire.

“… ho due figli intelligenti col senso dell’umorismo e bravi padri.” – se, da una parte apprezzo che non hai usato lo schwa, ché ancora non mi ci sono abituato, dall’altro rischi di confondermi le idee. A tavola, la mia consanguinea che ha ricevuto in dono per il compleanno Ogni prigione è un’isola, che poi m’ha passato, mi conferma che hai un figlio e una figlia. Questo accade mentre stiamo assaggiando della pasta gramigna. E basta aggiungere una goccia di con due e tutto si digerisce. Commento della zia dei miei figli: si vede che si è lasciata bene con gli ex mariti. Cavoli tuoi, come i miei sono miei. Dico questo strizzandoti l’occhio sinistro. Perché non si strizza mai quello destro?

Ma in questo periodo, chissà perché, sono così illogicamente allegra che mi seccherebbe morire.” – a farlo, come pure a pagare, t’ho già detto, c’è sempre tempo.

Daria Bignardi citazioni
Daria Bignardi citazioni

A un certo punto, mi alzerò dal tavolo e vi chiederò di scusarmi cinque minuti, a te e a Marina, e girerò in fretta l’angolo, simulando una telefonata urgente.

A pagina 138 de Libri che mi hanno rovinato la vita parli di quel che si prova “Quando si sta male…” e “Quando si sta bene…” – e non ti si può dare torto! Perciò te lo do. Ma erra pure, se vuoi.

Ti dono ora il mio detto arşân preferito: piânşer fa trî e rèder fa trî – 3 a 3, e poi si va ai rigori, inevitabilmente.

Al tuo “Sono più morta che viva” – preferisco il mio sto come il gatto di Schrodinger, ma miglioro costantemente, in attesa della botta finale.

Dimenticavo di dirti una cosa a proposito di Cattedrale di Raymond Carver. Sai cosa amo di lui? Che mai mi tedia dicendomi quel che precede la sua storia e quel che ne seguirà. Non si attarda né in Prefazioni né in Epiloghi. Il che mi permette di almanaccare. La Austen e Carver sono gemelli opposti! E si amano tanto, ne sono certo. In maniera minimale e subliminale.

Mi chiedo se e quanto quei due e Sherwood Anderson si conoscessero e apprezzassero!

Come sei ottimista: “Virginia Woolf  ‒ che quando era di buon umore era l’ospite più effervescente e simpatica che si può immaginare – sarà l’anima della festa, e brinderemo a questo libretto appena uscito.” – ok, grazie per non avermi invitato. La Woolf per me è un enigma, come quasi tutti gli autori che ho letto, fatta eccezione per Silverio Scognamiglio, che conosco alla perfezione e che ha scritto, come sai, Storia del mio nome.

Durante la lettura, scendo in garage dove credo di avere i libri della Buck. Mai credere, dice la mia amica Alessia, piuttosto pensa! Non ci sono. Risalgo turbato, cerco altrove. Non ci sono. Ridiscendo. Ci sono… vicino ai libri di Doris Lessing. Sto leggendo La buona terra da ieri, grazie Daria, grazie Alessia! Mi chiedo se e quanto Pearl e Han Suyin si conoscessero e si apprezzassero!

Literature is an eternal entanglement! Remember!

In inglese lo schwa non serve brîsa, dicono a Modena.

Sorellina, lo sai o no che ogni lettura è un capitolo della nostra (correlata) autobiografia? Per darti un’idea di che lettore sono: solo leggendo il tuo Indice m’accorgo che i capitoli hanno per titolo i dodici mesi dell’anno! Happy new year!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Daria Bignardi, Libri che mi hanno rovinato la vita, Einaudi, 2022

 

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