“La scuola della carne” di Yukio Mishima: un thriller tragicamente indeterminato

Sapevo che c’era il clan degli scapoli, ora scopro che c’è anche quello delle “donne divorziate” – che “sono naturalmente portare a stringere amicizia tra loro” – e si può definire il divorzio in tanti modi, tutti imperfetti: taglio esistenziale, catarsi, sollievo, tragedia etc etc.

La scuola della carne di Yukio Mishima
La scuola della carne di Yukio Mishima

L’importante è sapersi mantenere economicamente:Taeko possedeva una boutique, Kawamoto Suzuko un ristorante e Matsui Nobuko si occupava di critica cinematografica e di moda.” – da parte mia coltivo un più che generico otium.

L’importante è sopravvivere con dignità e con un saporito piatto a tavola.

Una scrittura si distingue per tante cose, ma soprattutto per l’uso che fa (o che volutamente non fa) di similitudini e di metafore. Colgo un esempio di metafora giapponese a pagina 21 de La scuola della carne di Yukio Mishima: “Il giovane pianista era un uomo molto giovane e dalla carnagione chiara; non accennava neanche un sorriso e aveva lo sguardo caratteristico dei pianisti, che vagava come un’alga nell’acqua.”

Per caso e per necessità alla protagonista Taeko capita d’incontrare un gran bel giovane che lavora in un bar. È passione fisica e psicologica quasi a prima vista. Un quasi che sa d’irrimediabile.

Il capitolo 8 de La scuola della carne si conclude con un fatidico “bacio disperato, e al contempo estremamente dolce: era la prima volta che provava una sensazione simile.” – per questo si vive, per procedere sempre oltre… in quello che è il nostro abituale cammino. Che, se ci si pensa, è come un romanzo, fatto di tanti capitoli, per lo più brevi, come lo sono quelli del romanzo La scuola della carne di Yukio Mishima.

Così inizia il nono capitolo: “Un bacio e nulla più.” – e poco meno di altre duecento paginette alla fine della storia.

Taeko, che potrei anche chiamare l’immaginifica,Aveva bisogno di far decantare i sentimenti, come l’acqua di un pozzo.” – si dice che giace, in fondo a quel minuscolo baratro, quasi immota, una polla che si chiama verità.

Il ragazzo, il cui nome è Senkichi, a un certo punto “ammutolì e Taeko percepì il pericolo di quel silenzio.”

Senkichi, che si prostituisce ma solo per campare, offende Taeko, allorché quella gli fornisce quel che serve a proteggere un rapporto, e di cui non suole disporre: “Avevi calcolato tutto, eh? Che sorpresa! Una vera sgualdrina.”a me e a Taeko, questo giovane fa tanta pena. Anche se non desidera forse farlo, conduce ogni volta alla sofferenza, sia se stesso che chi prova per lui una fatale attrazione.

“I due, svestiti, si scambiarono sguardi furenti.”Fiat Lux!, anche se l’amore passionale è fatto tanto di brillanti scintille quanto di torbide ombre.

Quando una passione non è ossimorica, va avanti per inerzia, e tenderà a svanire. Diversamente, c’è qualche speranza che duri ancora un po’, alternando la fatale attrazione all’irrimediabile entropia, che in realtà collaborano fraternamente tra loro, ma fino a un certo punto, ché poi si salutano con dispetto.

“La carne di Senkichi prese a trasudare grazia…” – un miracolo è sempre così aulente!

La solitudine non lo è di meno, ma il suo fetore lo si sopporta con indifferenza.

Per Taeko “… la felicità di stare da sola diveniva quanto mai pura.”

L’Altro si presenta sempre con qualche, magari adorato, difetto, per cui si può dire che ogni sentimento è precisamente incongruente: “Pur da quella distanza, Taeko riusciva a vedere il colletto della camicia nera cosparso di forfora fine, neve di primavera.” – così adorabile, quando è stagione.

“Negli uomini e nelle donne, la virilità o la femminilità della carne dovrebbe scaturire dalla sensualità che sprigionano, dal bagliore delle loro esistenze.” – che funzionano per i fatti loro, in modo che pare (e chissà se è) assoluto: “E non ha niente a che vedere con l’ostentata vanità maschile fondata su un funzionalismo limitato.” – ma tu da che parte giochi, Yukio: ah, ho capito, la mia domanda è assurda. Tu svolgi la mansione che, al momento, letterariamente, non puoi rinnegare. E la tua scrittura è così acuta che, ogni tanto, sempre per caso e per necessità, fa così male… L’unica giustificazione che ti do è che tu soffri ancor di più che il tuo lettore.

“L’intimità della carne si lasciava perfettamente avvolgere dalla dignità dei vestiti, creando una tensione in cui i corpi si chiamavano l’un l’altro trattenendo il respiro…” – occhio a non soffocare!

“Per Senkichi era tutto uguale, che si trattasse di un gioco o della cena preparata da Taeko con le sue mani: quell’indifferenza da cane affamato la diceva lunga sulla natura solitaria di un uomo che poteva facilmente fare a meno di qualsiasi rapporto con il mondo esterno.” – psicologicamente, non economicamente. Anche un eremita, di mattina, inizia a vagheggiare su quel che potrà ingurgitare durante il dì.

Taeko, “Certo, non immaginava una felicità da sogno. Più che una felicità, infatti, desiderava la naturalezza. E finora quanto ne era distante!”: qualche istantaneo eone!

“… ma Taeko sentiva nella carne l’esistenza di un’estasi da suicidio amoroso.” – quanto mi duole questo pensiero: amore e morte sono due consorelle separate alla nascita!

“Nel legame della carne con la carne, l’apparizione di un mondo privo d’angoscia creava, riflettendoci, una situazione di per sé angosciante.” – essendo un paradiso che non si crede più di meritare.

E basta un ameno incidente di percorso (come quello che è descritto a pagina 160) a cambiare l’umore dell’umano (che i due termini abbiano lo stesso etimo?): “Un po’ di succo le schizzò nell’occhio facendola lacrimare: stava ancora ridendo.” – evviva (durerà poco, mi sa)!

Taeko, per rivalsa, ora frequenta ora un viveur attempato, assai simpatico, anche quando spara baggianate contro le donne, e riesce a farlo durante il corteggiamento: un vero genio!

Taeko si serve di lui, essendo il suo fine far dolere nel suo orgoglio l’amato guaglio’. In guerra e in amore gli estranei sono merci da utilizzare, senza alcun rispetto.

“Era quasi sempre Taeko a tirare fuori l’amarezza o a cercare la lite, però entrambi sapevano che in quei momenti non c’era nulla di fatale per cui agitarsi.” – prima del reciproco uso.

“Non volevano rovinare tutto, ma una piccola porzione. In caso contrario avrebbero rischiato di morire asfissiati dalla loro incomprensibile verità.” – vivevano in una crisi continua a cui affidavano il loro destino, non sapendo che essa reca soltanto alla guarigione o alla morte.

A pagina 187 de La scuola della carne leggo: “Durante il mese di agosto, Taeko riuscì finalmente ad allontanarsi da Tōkiō.” – al che chiedo lumi al mio trainer grammatico Denis Ferretti. Ecco un brano di quanto mi dona: … in giapponese la lunghezza della vocale è segno distintivo indipendentemente dalla posizione tonica o atona… – e questo la dice lunga su come l’umano emetta suoni diversi, credendo per questo di essere più dotto degli altri, ma in realtà è simile dappertutto, come sempre diceva Agatha Christie e come spesso riporto io.

Yukio Mishima citazioni
Yukio Mishima citazioni

“La gelosia è cieca. Una farfalla che ti volteggia incessantemente davanti agli occhi non è un seme che fa nascere i pensieri. Eppure, una falena che di notte sta all’ombra di un albero lontano, quella sì che crea sospetti.” – e non mi pare abbia torto la mia consanguinea, che ha letto il tuo romanzo prima di me, quando mi disse che, da noi occidentali, una prosa erotica è spesso sporcata di particolari non certo sacri. Mentre per voi scrittori nipponici la vita non pare quasi mai volgare.

Mentite a voi stessi o avete scoperto una diversa realtà?

Taeko “Conosceva bene l’opportunità di Senkichi: aveva inseguito il suo ideale poetico di raggiungere il successo sfruttando l’attrazione della carne.” – nonché subendo l’inevitabile e successiva entropia.

Il rapporto fra i due amanti potrebbe essere agli sgoccioli (anche se, si sa, un rubinetto può colare per decenni): Taeko “… ebbe la sensazione di poterlo uccidere con estrema facilità.” – e il rimorso successivo le avrebbe forse elargito la più greve delle passioni.

Ed è per questo che, fin dalla prima pagina, sento puzza di thriller: un essere umano giunge a uccidere allorché è in preda a una tragica forma di smania. Anche questo me l’ha insegnato zia Agatha.

Un’ultima banalità: il tuo romanzo, come altri nipponici che ho letto (come anche La Storia di Genji!), è un haiku allargato in modo incommensurabile, ben oltre le canoniche 17 sillabe.

E di certo finisce com’è iniziato: con la massima finezza, che mai t’ha abbandonato, amico mio!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Yukio Mishima, La scuola della carne, Feltrinelli, 2019

 

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