“Blues a Teheran. La psicoanalisi e il lutto” di Gohar Homayounpour: l’accettazione della morte

“Al funerale c’era una donna che non riconoscevo. Con la coda dell’occhio l’ho vista sussurrare qualcosa all’orecchio di mio fratello minore, facendolo impallidire. Quel pallore, invece, lo conoscevo anche troppo bene.”

Blues a Teheran. La psicoanalisi e il lutto di Gohar Homayounpour
Blues a Teheran. La psicoanalisi e il lutto di Gohar Homayounpour

È in una libera associazione di pensieri, aneddoti e ricordi che si sviluppa la narrazione della raccolta di racconti Blues a Teheran, pubblicato nel 2023 da Raffaello Cortina Editore.

Una raccolta che attraversa argomenti eterogenei, tutti di spessore esistenziale importante. Realizzata da Gohar Homayounpour, psicanalista e scrittrice, e membro della International Psichoanalytic Association e della Società psicoanalitica italiana.

L’autrice, che esercita la sua professione in Iran, è considerata una psicanalista rivoluzionaria nel suo campo, con uno sguardo attento, lontano dal perbenismo religioso e politico, sulla realtà dell’Iran

“Latifa ne è convinta da sempre: a tradire le madri sono innanzitutto il patriarcato e la società in genere, sì, ma c’è senz’altro di mezzo anche un certo rapporto transgenerazionale tra donne.”

Testo da considerarsi il proseguo del precedente volume della stessa autrice, Una psicanalista a Teheran, il cui filo conduttore narrativo sono la vita e la morte, eventi strettamente connessi fra loro.

Nel testo, di circa 230 pagine, la Homayounpour riferisce storie che riguardano sue esperienze come quelle vissute da persone a lei vicine, le quali hanno affrontato il lutto di familiari o di persone a loro care, al di là del tipo di affetto che lega le persone, con il dolore che ogni perdita porta con sé. Nella difficile accettazione della morte.

Raccontato a tratti con dolente partecipazione, a tratti con una sorta di leggerezza, ma sempre nella profondità di pensiero propria della fine psicanalista che Gohar Homayounpour è.

“Siamo nel 1962. La immagino che entra nel mio studio e prende posto sul lettino, con gesti delicati. Si capisce subito dai grandi occhi neri che è fragile ma anche forte, una luce-buio dalla consistenza di piuma.”

Il testo, che però non è focalizzato soltanto sul lutto, ma anche su altre e numerose questioni, apre uno scenario emotivo inedito descritto talvolta con un velo di umorismo, in una narrazione elaborata similmente al flusso di coscienza. Anche per non limitare l’atto creativo dell’autrice; così come riferito dalla stessa nella Prefazione del libro.

Raccontato in prima persona, Blues a Teheran è suddiviso in 30 capitoli, ognuno dei quali è protagonista di un episodio o di una situazione di cui l’autrice si è fatta interprete secondo una propria visione personale.

Con capitoli che vanno dalle madri narcisiste alle sofferenze della guerra dimenticata Iraq-Iran, dalla poesia alle storie di Sherazade, dalla popolazione Afghana che non cerca più di immigrare come un tempo, all’Iran danneggiato dalle sanzioni imposte dall’Occidente, fino alle ferite di chi ha lasciato il paese a causa della rivoluzione islamica del 1979, che ha visto l’Ayatollah Khomeini sostituirsi a capo del governo allo scià Reza Pahlavi.

“Freud era convinto che il motto di spirito fosse un’espressione di impulsi proibiti, di natura sessuale o violenta, gli stessi che aveva già indicato come costitutivi del contenuto latente dei sogni: l’umorismo è un’espressione di oscenità e spregiudicatezza, ritrova ed esalta l’antico piacere infantile dell’assurdo.

Blues a Teheran, che si dipana come potrebbe essere una seduta di psicanalisi, è concepito in frammenti di dialogo, indipendenti fra loro ed effervescenti come può esserlo una conversazione fra amiche, dal sapore e dal potere evocativo, presentandosi al lettore con sfaccettature in cui si può cogliere un’ampia molteplicità di pensiero.

L’autrice, inoltre, alfine di esplicitare al meglio il suo pensiero chiama in causa Duke Ellington, jazzista afroamericano, mito indiscusso del blues, genere musicale da lei previlegiato. Musicista straordinario di cui la scrittrice ha seguito i passi quando nel 1963 ha raggiunto l’Iran. Ed è in un parallelismo personale, che l’autrice accosta il blues, con i suoi effetti provvidenziali, alla dicotomia Eros e Thanatos, vita e morte, principi strettamente connessi fra loro.

Il blues, secondo l’autrice, ha il potere di trasformare la tristezza, portata dalla scomparsa di una persona cara, coniugandola in musica. Perché la vita, secondo quanto affermato dalla scrittrice, non è altro che un pezzo di blues.

“Le madri che abbandonano i figli non sono mai quelle che vivono una vita propria: capita invece alle madri troppo fusionali, a quelle troppo investite, a quelle troppo assidue.”

Gohar Homayounpour citazioni Blues a Teheran
Gohar Homayounpour citazioni Blues a Teheran

Blues a Teheran, declinato in frammenti di discorsi presi in prestito da altri, che l’autrice ha fatto propri, sviluppa una raccolta di sicura suggestione.

In definitiva, Blues a Teheran, composto da aneddoti della vita dell’autrice e di persone con cui è entrata in contatto, attraverso un racconto spezzettato ‘obbliga’ il lettore a guardarsi dentro, sollecitandolo a porsi delle risposte in funzione delle questioni proposte dall’autrice.

Interrogativi, difficili però da soddisfare, che hanno il compito di portare il lettore a domandarsi se è vittima, in qualche caso, delle convenzioni sociali che vogliono le persone disperate per un lutto.

“Ho elaborato la tua perdita, invece di seppellirti crudelmente ogni giorno, nel nome di qualche malintesa Fedeltà libidica.”

 

Written by Carolina Colombi

 

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