“Le tentazioni del professor Faust” di Giorgio Celli: una scelta terribile?

L’autore del dramma, ma è forse più giusto dire l’ideatore della tragedia Le tentazioni del professor Faust, Giorgio Celli, ha una gran bella e simpatica faccia, così mi dicevo quando lo vedevo in televisione.

Le tentazioni del professor Faust di Giorgio Celli
Le tentazioni del professor Faust di Giorgio Celli

Non essendo di spirito sempre pronto, anzi, spesso divagante, lo credevo un omonimo del noto scrittore di cui sapevo soltanto che era un facente parte del complesso (nel senso anche di complicato) Gruppo 63, di cui non avevo mai letto nulla di nessuno. Ci misi un po’ a capire che era lui: pareva così semplice e alla mano. Lo ascoltavo con piacere, provando una certa empatia con lui, come se ci stessimo incontrando nel mio soggiorno, cosa che miracolosamente accadeva ogni volta nel mio spirito, anche se mai nella realtà. Questo durò strambamente per un po’, finché non smisi di guardare con regolarità la televisione e fino al giorno in cui iniziai questa stramba lettura, non m’ero accorto che, com’era già successo a tanti altri strambi personaggi della cultura italiana di quegli anni, anche lui era nel frattempo trasvolato Chissà Dove. E mi dispiacque al punto di farmi dire, tra me e me, che la vita purtroppo è questa. È anche e soprattutto la morte.

Strambamente ormai è stato scientificamente accertato che si vive, in fondo, per un bel dì strambamente morire. Strambo deriva dal latino strabus e, prima ancora, dal greco strabós, da cui strabico, cioè storto. Ognuno è solo, ‘n coppa a ‘sta terra, trafitto da un raggio fotonico e da una vil spada, ed è subito notte fonda. E questo accade, con semplicità, dopo che ogni umano ha creduto, per tutto il tempo, nell’imo di sé, d’aver vissuto l’intera sua esistenza per conto principalmente proprio.

Il Prologo de Le tentazioni del professor Faust mi sta ora donando una nuova parola, che mi schifa: “praxeologia” – che leggo su zio Google non essere altro che la scienza (di certo non esatta) che si occupa dell’efficacia dell’umano agire: praxis è la pratica, quella che manca ai sognatori, a chi ha l’idea di saltare il fosso per il lungo, e non da una riva all’altra, metodo che di solito funziona, ma che serve solo in quell’attimo.

Tutti cadono, soccombendo in quel folle e oblungo tentativo, e non si capisce perché poi altri ci proveranno ancora. Chi salta il fosso per la corta, in genere ce la fa. Ma perché non adeguarsi a tale progetto di vita? In un anno il migliore saltatore corto può, seppure in casi rarissimi (solo per cinque o seimila umani su otto miliardi), speculando sulle umane disgrazie, guadagnare svariati miliardi di dollari, oppure, per quel loro salvifico gregge, limitarsi a sopravvivere. Viviamo in un pianeta ove l’1% dei bipedi implumi possiede oltre il 50% delle risorse economiche e dove milioni di umani rischia quotidianamente di morire di fame. Ed è così spossato che finisce per attendere rassegnato che il proprio destino si compi. In un momento di crisi, basta poi un’infame guerra o due per diminuire le bocche da sfamare. E per far fuori gli estranei al tuo mirabile progetto.

Canta (o urla, non so), a una certa riga di pagina 12, Il Coro dei tecnologi al Praxeologo Massimo (estatici): “… noi obbediamo alla tua legge: trasformiamo l’intelligenza in potenza…”: e fin qui tutto bene. Dopo di cui, il Praxeologo Massimo chiede al Tecnologo cosa ne pensi del professor Faust. Dal colloquio che occorre fra i due comincio a temere per quell’inclìto docente. Dice il Praxeologo Massimo: “… Il professor Faust, temo, non ci ama.” – al che Il Coro dei tecnologi al Praxeologo Massimo (deliranti) chiede che le loro vite di coristi siano restituite “alla violenza” – al fine di agire “contro chi non ti ama…”o mio venerando e munifico Signore!

Chiaro, no? Azione vs reazione. Così va il Kósmos

Similmente emozionante è la concione che il Praxeologo Massimo intona “(dolce”) a pagina 17 de Le tentazioni del professor Faust, il cui senso è che tutto può essere “veleno”: “la cultura” – “la libertà” – “la vita” – per alcune disparate e disperate specie di umanità può essere velenoso, rispettivamente: “per una mente inferiore” – “per i popoli immaturi” – “per chi non sa vivere” – per cui “il contraveleno” potrebbe essere “la barbarie?”… Intrigante ma per nulla affidabile è l’ipocrita punto di domanda.

Il vero problema del Praxeologo Massimo è che il dotto Faust:Non ci ama. Sono anni che semina il terrore, il panico, l’ansia tra le mie pecorelle…” – povero armento, che altro non desidera dalla vita che d’essere tosato – anche questo lo aggiungo io, quale antifrasi. Ma siamo in un mondo in cui l’antifrasi è talvolta perseguibile a norma di legge.

C’è il “dottor Mefis” che dice la sua: ce l’ha con “gli uomini” che “inseguono, ostinati, un’ombra” – la quale è un’oscura immagine delle loro “illusioni” – questo mi pare di aver colto dal guazzabuglio dei suoi ragionamenti. Ma non so. Sento che quel satanasso mi sta veramente confondendo…

Poi dice ancora: “Solo gli ideali, le utopie, i sogni muoiono in un grande silenzio…” – eh no, il secondo principio della termodinamica insegna che il Tutto è destinato all’entropia definitiva e irreversibile, al disordine massimo, al gelo azzerato. Sì: pare, ma non è detto che sarà così, potendo noi confidare nell’amorosa e universale gravitazione, che però crea i buchi neri, che quel Tutto bramano d’ingoiare, per sempre, e da cui nulla può più ex-agerare, uscendo dall’argine del suo evento, a parte qualche salvifica radiazioncella ogni morte di papa. Si può però anche avere fede in un dio (o in un Dio) o coltivare la più striminzita delle speranze. Purché sommessa e opima di semplice fede…

A pagina 24 de Le tentazioni del professor Faust entra in scena Faust, il geniale e ingenuo scienziato. Non mi fa una grande impressione, mi sembra un due di coppe in rifiuto quando è briscola spade, o bastoni, o denari: anche coppe, quando lui appartiene a tutt’altro seme.

Ora interviene Elena, che dice: “Da ragazza sognavo di possedere… il mondo. Di farmi possedere… da tutti gli uomini…” – chissà se ha mai conosciuto, ‘sta bella tipa, il verbo essere? Forse sì, perché se Faust le fa un complimento: “Lei è bella” – lei risponde semplicemente: “Io sono la verità”. Per cui vien facile da capire un fatto religiosamente infalsificabile: “Sono la tua verità.” – a volte è bello imbattersi in Lei, dopo averLa cercata per una vita… ma se poi è una lurida menzogna, che succede?

Siamo negli anni ‘70, esattamente nel 1976, quando esce quest’opera. Per cui allora sembrava strano, quel che oggi è banale: Faust dice che ama il suo “grande computer” – ma Elena prova a disilluderlo, dicendogli che esso “Non sa di esistere” – chissà, anche il cervello umano è una specie di computer e anche lui non è certo di esistere. Hilary Putnam chiedeva al suo lettore quanta certezza egli avesse di non essere che un cervello immerso in una vasca. Ignoro quanta gente finora gli abbia risposto. Io non potrei…

Elena è di cattivo umore quando parla degli scienziati, che “Braccano i tuoi errori come una muta di topi…” – quei loschi individuano non sanno fare altro che contrastare e negare il lavoro dei loro colleghi!

Il dottor Mefis esige dal professor Faust solo “La verità.” – e Faust tutto quello che sa dire, piagnucolando come un bimbetto, è che ha paura.

A pagina 42 il professor Faust parla delle “siepi di bosso, di ligustro…” – scordandosi per l’emozione degli acanti.

Un canto di Elena è così melodioso che pare far tornare indietro il tempo: illusione intorno a un’illusione!

HT: una sostanza che uccide salvando, che salva uccidendo. E che è il Futuro secondo il dottor Mefis. Che è l’Orrore secondo il professor Faust, perché può causare “una catastrofe ecologica su larga scala”.

Una cosiddetta Quarta ombra spara un’atroce verità:Chi muore non muore facilmente” – ci vuole una vita intera per realizzare tale infausto progetto.

Chiede Elena al dottor Mefis: “Ogni esecuzione deve sembrare, a chi la subisce, un destino, non è vero?”

Pronta risposta del dottor Mefis: “Forse perfino un… compimento.” – di un sogno, di un’ennesima illusione?

Il dottor Mefis si presenta al professor Faust:Programmatore massimo del settore commerciale della Supernova.” – che altro non è che la: “Creatrice del celebre insetticida e rodenticida noto con la sigla HT.”

Ne Le tentazioni del professor Faust il dialogo fra i due disgraziati è tutto da leggere, e da dedicare a chi intende soffrire pensando e penando insieme al professor Faust: un vero fesso, mi si permetta di dirlo; eppure egli è da ammirare perché pensa a chi non può ribellarsi al Potere, perché ha appena il fiato per respirare, a tempo determinato e intermittente. Perché non ha voce in capitolo in quanto gli è stata negata (amputata in certi casi) la favella dall’immonda Storia umana. Tutto quello che può fare è abbassare il capo e in silenzio perire. Tanto ne nasceranno sempre di nuovi, di questi esseri praticamente nulli. Carne da seppellire, se va loro bene, o da lasciare marcire all’aperto. Un po’ lo dice il professor Faust, un po’ il dottor Mefis(tofele), e io ora lo connetto: “Sì, che le civiltà…” – “… cancellate dal pianeta, le specie estinte, le razze…” – “… eliminate…” – “erano, in ultima analisi…” – “… le meno adatte a sopravvivere…” sic transit gloria homini sapientis.

Tanto ancora strepita, quell’ineffabile dottor Mefis:Il Partenone giustifica la tratta degli schiavi, la penicillina ci assolve per tutti i pellerossa sterminati. Siamo i più forti e i più saggi…” – gli onorati vincitori. Potremmo anche querelare per diffamazione se non per calunnia gli eredi di Geronimo e di Sitting Bull perché ci hanno osato definirci invasori.

Basta! Non intendo dire come ‘sta Storiaccia vada a finire, tanto si sa… Ho il rigurgito!

Giorgio Celli citazioni
Giorgio Celli citazioni

Ma perché, dolce Giorgio Celli, hai deciso di scrivere quest’orrenda verità Le tentazioni del professor Faust, tu che sei un buon entomologo, un etologo, un politico, uno scrittore, un sceneggiatore, un conduttore televisivo, un poeta e un drammaturgo… – così recita zia Wiki. Non potevi, brav’uomo, contentarti di parlare di imenotteri, così graziosi, ineluttabili ed efficaci; no, hai voluto parlare anche dei tanto aulenti ditteri!

Tu, con quella faccia così buona, con quella barba da saggio… tu hai voluto spezzare una lancia in favore di quei cultori di escrementi! Per poi ridurla in mille, maleodoranti pezzi!

Vergognati! No! Hai avuto ragione tu!

Tutti amano parlare della vita delle api e delle termiti, nonché delle formiche. Il migliore di tutti fu forse il professor Edward O. Wilson, che io tanto stimo e che non si è mai posto simili domande.

No! Senz’altro se le è poste anche lui, ma poi ha scritto di altro.

Ha però scritto quell’inclìta opera, Le origini profonde delle società umane!

Non potevi fare altrettanto anche tu? Scrivere un saggissimo saggio? No? Non avevi scelta, dici?

Scriveva Madeline Miller: scrivere è “like descending to the bottom of the ocean”, andare a pigiare il buco del c… del mondo!

Ah! Ora che t’ho letto l’ho forse capito…

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Giorgio Celli, Le tentazioni del professor Faust, Feltrinelli, 1976

 

 

 

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