“La ragazza con la valigia” di Maria Pina Ciancio: memorie del quotidiano

“Se li era accecati tre volte gli occhi/ (e tutti in una notte)// la prima quando le uccisero il padre/ con una coltellata asciutta e nuda nel petto// la seconda quando la terra le spaccò la casa/ e il cielo per intero franò nelle crepe// la terza quando il figlio impazzì/ e prima dell’alba se ne scappò coi lupi// […]”

La ragazza con la valigia di Maria Pina Ciancio
La ragazza con la valigia di Maria Pina Ciancio

“La ragazza con la valigia” di Maria Pina Ciancio (LietoColle, 2008) è suddiviso in tre parti intitolate “Lo sguardo di terra annodato alla luna”, “Il filo delle rondini nere di ritorno” e “Il premio della luce”, ognuna di queste è principiata da una citazione di una poetessa del Novecento, in successione troviamo Antonia Pozzi, Amelia Rosselli ed Anna Banti.

“La ragazza con la valigia”, oltre ad essere il titolo della silloge, compare in due distinte poesie, una posta in apertura ed una in chiusura.

“Parte e ritorna ogni notte/ la valigia rossoazzurra/ rigonfia di stracci/ e lo sguardo di terra/ annodato alla luna”

“Scese dall’autobus/ la ragazza con la valigia e sorrise// con le mani lievitate di terra e luna// e sorrise”

Nell’intera raccolta si nota l’importanza data allo scorrere del tempo che determina la crescita, la novità, l’evento, lo svolgersi del dramma ed, in particolare, in questo incipit si pone l’accento sullo sguardo ‒ il senso della vista ‒ mentre in chiusura sulle mani ‒ il senso del tatto – che, oramai “lievitate”, riescono a connettere terra e luna, basso ed alto, il quotidiano con il “mondo lontano”.

In questi pochi versi si avverte lo sviluppo della ragazza con la valigia che riesce a sorridere dopo aver descritto alcuni episodi delle donne del paese, sorride come se la stessa narrazione fosse stata una cerimonia di purificazione rispetto alla disperazione del vivere ai margini della società, rispetto all’incomunicabilità ed all’oblio a cui erano destinate queste vite.

Incontriamo, in ordine di comparsa, Adalgisa, Marta, Nina, Fabrizia, Daria, Piera, Anna, Marietta[1], Teresa, Ada, Matilde, Carla, la madre di Kandahar, Maurizia, Mariangela.

L’io poetico mostra storie quotidiane sedendosi accanto a loro nell’autobus o percorrendo le stesse vie ed i sentieri dei boschi. I versi si manifestano come fugaci fotografie di attimi accorpati che raccontano la vita di queste donne, ed è un’abilità apprezzabile quella di saper usare pochi dettagli per esporre al lettore il carattere di un personaggio e/o un evento importante, poche pennellate che illustrano un intero paesaggio. Ad esempio si legga la lirica “(di)segni del quotidiano”.

“Ormai da due mesi/ Matilde era anoressica/ ma nessuno sapeva/ che nel destino/ del suo polmone destro/ nascondeva l’incognita/ di un peso obeso”

Maria Pina Ciancio inserisce nel primo verso la dimensione temporale per rendere il lettore partecipe a livello emozionale del passato della protagonista Matilde che, da due mesi, soffre di anoressia. In questo piccolo paese ogni giornata si consuma simile alla precedente ed alla successiva, qualsiasi fatto inconsueto viene notato, essere fuori dalla norma diventa un peccato.

Il mutare della forma di un corpo è motivo di mormorio perché l’esterno si percepisce facilmente ma è l’interno che sfugge agli occhi della gente ‒ agli occhi delle stesse “donne nere al crocicchio” che “gridano allo scandalo” nella poesia “L’adultera” ‒ ed, in questo caso, l’interno nasconde una malattia contraria a quella esterna: un possibile tumore al polmone destro, un peso “obeso” occultato alla vista che si contrappone alla gracilità. Andando oltre la malattia si possono universalizzare queste poche parole per dipingere la realtà superficiale in cui costantemente vivono i molti: si vede agevolmente l’esterno di sé e dell’altro ma non il proprio e l’altrui interno. 

“Quando Carla mi incontrò/ al mercato dell’usato/ aveva un’anima scucita/ vecchia di cent’anni/ polvere di gesso dentro/ agli occhi/ una gamba sana e una zoppa/ Mi raccontò d’un fiato/ (tra clienti e antiquariato)/ la storia che non ride/ la sbronza di due inverni/ le trecce sciole sulle guance/ senza trucco/ e poi al mattino uno sputo/ uno solo// dentro a un cerchio rosso” “La storia che non ride”

Frammenti di vita ‒ storie che non ridono ‒ Adalgisa che “si toglie le scarpe da postina”, Fabrizia che naufraga “tra i contorni/ generosi del rossetto”, “il silenzio di Marta”, Ada che “si accorse che dentro al cassetto/ mancava un ritaglio di foto e una rosa”, Daria che “riordina i ricordi”, Teresa che “non sa che ha il piede destro/ bloccato/ in una trappola per topi”.

Maria Pina Ciancio citazione La ragazza con la valigia
Maria Pina Ciancio citazione La ragazza con la valigia

Frammenti di donne che vivono nella memoria dell’autrice lucana. Fra tutte solo una non è riconducibile alla cultura di questo paesino “immaginario” del sud della penisola, la si incontra nella lirica “La madre” e rappresenta la condizione di immigrazione: “A Kandahar/ il cerchio si stringe/ intorno al bersaglio/ dei kalashinikov/ La pace un’eclisse/ all’orizzonte/ abusata, fraintesa// […]”.

Personaggi girovaghi ed un po’ fuggitivi così come recita la citazione iniziale tratta dalla Quinta Elegia di Rainer Maria Rilke: piegate, intrecciate, acchiappate Nina, Marta, Fabrizia, Adalgisa e le altre sono piombate sul tappeto consunto e perduto dell’Universo?

 

Maria Pina Ciancio è nata a Winterthur in Svizzera nel 1965. Ha lavorato per svariati anni come insegnante a Chiaramonte in Basilicata, recentemente si è trasferita a Roma nella zona dei Castelli Romani. Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia alla narrativa e saggistica, vincendo importanti premi letterari. Ha fatto parte di diverse giurie letterarie ed è Presidente in svariati cataloghi e riviste di settore; dal 2007 è presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo “Il gatto e la falena” (Premio Parola di Donna, 2003), “La ragazza con la valigia” (Ed. LietoColle, 2008), “Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro” (Fara Editore 2009), “Assolo per mia madre” (Edizioni L’Arca Felice, 2014), “Tre fili d’attesa” (Associazione Culturale LucaniArt, 2022 con stampa dell’artista Stefania Lubatti), “D’Argilla e neve” (Ladolfi, 2023).

 

Written by Alessia Mocci

 

Note

[1] La lirica che vede come protagonista Zia Marietta la si ritroverà anche in una successiva raccolta intitolata “Tre fili d’attesa” edita da Associazione Culturale LucaniArt nel 2022.

 

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