Emil M. Cioran: citazioni tratte da “Finestra sul nulla”
“Quando ti rileggi, sei sorpreso dalla sincerità di tutte queste pagine, tante e mal scritte. Lo stile è una maschera e una fuga.” ‒ Emil M. Cioran
“Finestra sul nulla” è una raccolta di frammenti lasciati allo stato grezzo con tante pagine “mal scritte” che lo scrittore Emil M. Cioran[1] stese negli anni 1943-1945. Il titolo del libro è stato attribuito dalla casa editrice Gallimard Paris nel 2019 ‒ ripreso da Adelphi nel 2022 nella edizione italiana ‒ e si riferisce al primo aforisma della prima pagina: “L’imbecille fonda la sua esistenza solo su ciò che è. Non ha scoperto il possibile, finestra sul nulla… L’imbecillità è il radicamento supremo, innato, un’indistinzione dalla natura che trae la propria reputazione dall’ignoranza dei pericoli. Perché nessuno è meno oppresso dell’imbecille, e l’oppressione è il segno di un destino lontano dalla mollezza e dall’anonimato della felicità.”
“Finestra sul nulla” si apre con la premessa del curatore e traduttore Nicolas Cavaillès che commenta gli autori della solitudine collegando l’autore romeno ad Emily Dickinson: “Trascorrono il tempo a scrivere, nella deprimente sensazione di non fare nulla, nella loro vita, se non sprofondare ogni giorno e ogni notte un po’ più giù nella sterilità.” Le pagine bianche diventano così possibili finestre sull’infinito, gli scrittori annottano e non rileggono, continuano a scrivere liberi dall’ossessione della pubblicazione.
Emil Cioran nasce a Rășinari nel distretto di Sibiu (Transilvania) l’8 aprile del 1911. Di famiglia benestante conseguì studi classici e successivamente studiò filosofia a Bucarest, ove conobbe Mircea Eliade ed Eugène Ionesco. Titolare di una borsa di studio nel 1933 si spostò a Berlino e nel 1937 in Francia per una tesi di dottorato. Dapprima esistenzialista, si allontanò ben presto da autori come Jean-Paul Sartre, Albert Camus e Simone de Beauvoir per la loro voracità di partecipazione alla vita pubblica, ed abbracciò la posizione dell’assurdo condivisa anche dagli amici Eugène Ionesco e Samuel Beckett. Gli influssi più cospicui appartengono alle pagine di Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger, Arthur Schopenhauer, Giacomo Leopardi. La compagna della vita è stata Simone Boué che conobbe nel 1942; successivamente alla morte di Cioran avvenuta a Parigi il 20 giugno del 1995 dopo un periodo di declino causato dall’Alzheimer, la compagna autorizzò la pubblicazione di circa una trentina di quaderni del filosofo.
Ne “Finestra sul nulla” Cioran è ormai da sette anni nel Quartiere Latino di Parigi, la guerra è finita e dello studente prodigio figlio della Romania non resta molto, l’esilio, la sua condizione di apolide l’hanno trascinato nel cinismo, scetticismo, nichilismo. Solitudine ed isolamento definiscono la via del distacco. Negli aforismi presenti ne “Finestra sul nulla” si sono individuate circa una trentina di parole che appaiono con insistenza nella raccolta e che riassumono le tematiche presenti: estasi, carne, vermi, nulla, angoscia, amore, morte, speranza, anima, spirito, pensiero, malattia, male, Dio, diavolo, tempo, istante, assenza, musica, Bach, solitudine, insomnia, domenica, sublime, dubbio, poesia, orgoglio.
Si vuole sottolineare la presenza della parola romena “dor” a pagina 73 dell’edizione italiana de “Finestra sul nulla” che è di complessa traduzione perché, come accade con alcuni vocaboli che rispecchiano la psicologia di un popolo, reca seco una storia ed un sentimento.
Dor, spleen, saudade, sehnsucht sono termini che, indicando mancanza, nostalgia, assenza, rimpianto, malinconia, non si sottomettono allo scorrere del tempo ma vivono in modo uniforme sia la dimensione del passato sia quella del futuro. Si può dunque provare dor per una relazione d’amore conclusa o per la morte di un caro (come si potrà leggere nell’antica ballata popolare “La Miorița ‒ La pecorella veggente” di cui Mircea Eliade tratta ampiamente nel saggio “Da Zalmoxis a Gengis Khan”) ma è anche una sorta di dolce ambizione di recupero di eventi che non potranno più rappresentarsi siano essi stati vissuti nella realtà della persona o soltanto letti ed immaginati. Un sentimento creato nella storia del popolo, nei suoi lamenti, nelle sue specifiche vittorie, nelle sue aspettative, nelle sue rovine.
Ad esempio, la saudade nasce da un sentire tipico portoghese che si è manifestato durante il commiato delle donne verso i propri compagni imbarcati per lunghi viaggi, questa dolce nostalgia conversa con il movimento delle onde che, simili ai ricordi ed alla volontà di rivedere la persona amata, si riflette su una ambizione di futuro. L’assenza ‒ dor, spleen, saudade, sehnsuch ‒ è proiezione del passato nel futuro, una evocazione in praesentia della necessità di “rivivere una gioia”. Il dor è percezione perpetua dell’essere nell’adesso.
Breve selezione di aforismi tratti da “Finestra sul nulla”
“In tutto ciò che accade tra gli uomini non c’è niente che meriti di essere elevato al rango di concetto. Ovunque, soltanto sensi…, ma che si riscattano grazie alla loro follia. L’intensità è l’unica scusa dell’effimero.”
“Una volta espresso, il sublime perde tutto. Non ha stile. Trasferiti nella parola umana, gli ultimi paesaggi della natura o del cuore assomigliano a disastri di cattivo gusto, e a tremende insulsaggini. La perfezione bandisce qualsiasi brusio.”
“Ho amato tutte le fedi sino al punto in cui si mettono a predicare la salvezza. Le loro domande e le loro constatazioni sono magnifiche, ma insudiciate nella parte positiva delle loro soluzioni. La religione concerne l’uomo, le persone; la poesia l’individuo. Così, fra tutte le menzogne propinate dai mortali, la poesia è quella che mente meno. Nessun verso ha mai proposto qualcosa a chicchessia. Il conforto ‒ anche negativo, come nel buddhismo ‒ lascia trapelare la piccolezza filosofica dell’anelito alla formula, alla sicurezza che offre qualsiasi formula, mentre un verso ti lascia più solo e più vero di prima.”
“All’infuori di Bach, qualsiasi impeto sonoro assomiglia a una strofetta farfugliata.”
“[…] Sopportare un male che abbiamo compreso significa partecipare a ritmo del divenire; sopportarne invece uno inclassificabile ci getta nell’oscuro anonimato della materia. […]”
“Elèvati sino al punto in cui tutto resterà dietro di te ‒ a cominciare da te stesso.”
“L’estasi è la sola possibilità di irrompere ingenuamente nell’irreale. E la mistica l’unico mezzo di consolarsi – attraverso il nulla ‒ del nulla.”
“[…] Come il pensatore antico, proponendo a credere che l’anima sia stata strappata al fuoco, ma certo non per comunicare i fondamenti dell’essere, bensì solo per consumarsi. Giacché la forza dell’anima è il suo bisogno di cenere.”
“[…] Oggi, e soprattutto domani, il solo sostegno dell’essere sarà un io infinito.”
“Tanti si fermano a metà strada perché non sono allenati alla disciplina dell’isolamento. Chiunque fosse capace di una tale audacia realizzerebbe grandi cose. Ma fuggire la solitudine è il miglior modo per rimanere fuori da se stessi. E questa fuga è il tratto fondamentale dell’uomo. Avere una vocazione significa poter restare soli con se stessi, e ogni volta che non vi si riesce si è l’ombra di sé. Mai in passato vi fu una legge dell’esistenza solitaria, né un modo che permettesse ai desideri di essere paghi di se stessi. […]”
“La percezione del tempo dipende dal grado di decomposizione della nostra carne.”
“Tra noi e le cose si frappone la luce.”
“Il bisogno di sonno è proporzionale ai progressi in spirito. La lucidità trasforma l’irrazionalità del tempo in una durata cosciente che grava su tutte le nostre prove e su tutte le nostre azioni. Giunti a un simile allontanamento dalla natura, solo l’incoscienza può ancora guarirci da noi stessi. Il sonno è il grande rimedio dello spirito, perché nei suoi fantasmi si disperde il male dell’io in stato di veglia. […]”
“L’infiltrarsi della nostalgia nella geometria ha condotto all’idea di infinito.”
“Non c’è bisogno di una grande chiaroveggenza per capire che le masse sono condannate. Che cosa si aspettano, a parte la felicità? […]”
“Quando si osserva l’orgoglio di ciascuno e la sua mancanza di giustificazione si è costretti a constatare con stupore che l’individuo si nutre di assurdo, e che si espande quanto più la sua esistenza è priva di fondamento. Quanti avrebbero diritto all’orgoglio? La natura ha fatto a tutti un dono bizzarro. Nessuno può vivere senza credersi più di quel che è. Gli esseri umani ‒ soggiogati dall’assurdità dell’esistere _ ignorano fino a che punto essi non sono. Ma se una tale follia è premessa all’istinto, perché allora la mente non si concede tutte le insensatezze?”
“Dopo ogni incontro con qualcun altro, uomo o donna, saggio o cretino, le domande sono sempre le stesse: perché non si uccide? Come fa a non contemplare il suicidio? […]”
“Del trio della Caduta, il più crudelmente colpito fu il Serpente. […]”
“Dio è il solo avversario che non risponda ai colpi.”
“Negli occhi di ogni uomo si legge la perdita della grazia e la nostalgia che egli ne prova.”
“Il senso ultimo del dor è l’inabissarsi nel sonno natale da cui lo spirito ci ha risvegliati, è ritrovare il sopore primordiale, quando gli occhi non avevano generato lacrime e l’anima non si era ancora involata verso un mondo a lei estraneo.”
“[…] «Vivi per esaurire il contenuto del tuo essere, […] Quando la tua anima non avrà più la capacità di nutrire né la tua sete di futuro né una qualsiasi disperazione, avrai realizzato la tua ragion d’essere. In questo mondo tutto tende ‒ attivamente ‒ a non esistere più. […] Colui che attende si spegne quando ancora è in vita; chi si è speso non teme più la morte, perché prima che la morte arrivi lui è già una tomba. […]”
“L’uomo è progredito così poco nella conoscenza perché alla percezione degli abissi, dell’essere pietrificato, del momento eterno, ha posto l’ostacolo del futuro, della suggestione di un altro momento. Chi attende ancora qualcosa degrada l’atto di conoscenza fino alle imperfezioni dell’anima. La speranza è la pietra con cui lo spirito si spezza le ali.”
“Ogni grande esistenza inizia da un grande disgusto.”
“Le forme di estasi che la natura umana ha ereditato e concepito ‒ l’amore, l’alcol, la mistica o la musica ‒ si riducono a questo: uscire dal tempo. La durata sarebbe dunque dolore? […]”
“Se non avessi capito come placare il pensiero, mi sarei cavato gli occhi, per paura che qualche mortale potesse leggervi…”
“[…] Cosa mai potresti districare in un cervello distaccato da ogni concetto? […] Hai elevato l’arte di devastare il tempo fino al grado di iniziazione. […] Tu sei colui che non ha voluto essere, testimone attonito del peso delle tue colpe, ribelle come un momento presente disgustato del tempo, ma da cui è ingurgitato. […]”
“[…] Se la donna fosse nata dal nostro spirito, il genere umano non sarebbe durato neppure una generazione.”
“Senza il freno del dubbio, il nostro turbinio interiore ci precipiterebbe impietosamente nel ridicolo. La tradizione del buon senso ci obbliga a dare un equilibrio alla nostra vertigine e a placare la nostra furia. Che cosa sarebbe la nostra tormenta senza la nota scettica ereditata da delusioni ancestrali, che cosa sarebbe, se on un rogo quotidiano che ci divorerebbe la carne e le ossa? Ma al punto limite della nostra febbre, quando il sole accusa la concorrenza del sangue, e il nostro brivido rivaleggia con invisibili stufe, i nostri lucidi antenati ci salvano dal delirio; tutta la filosofia ci soccorre col suo misero arsenale di conforti. Se non arretrassimo, annegheremo in un ridicolo sanguinoso, […] falliremo nel sublime. Concepiti per proteggere l’uomo dall’infinito, tutti i concetti si affrettano a calmarne gli ardori e gli afflati. La nostra tormenta diventa così una tormenta categoriale, e la tempesta in cui non ci trovavamo più una tempesta pensata. L’uomo, riguardo a ciò che vi è di più vivo in lui, non può essere sincero senza perdersi. […]”
“[…] Che cosa significa sognare, se non una continua guarigione attraverso la malattia?”
“[…] Non si può amare qualcosa senza amare inconsciamente tutto. Essere se stessi significa tuttavia non compiere nessun atto a propria insaputa, dunque non poter amare. La nostra sensazione di solitudine ci lusinga con discrezione mentre ci conduce al crollo. Risiede in questo tutto il gioco nefasto ed equivoco dell’Io.”
“[…] Chi se ne rende conto è condannato a una sterilità eterna; alla vita reca solo un indefinibile supplemento di non-partecipazione. È un frutto maturo in attesa della propria caduta, alla quale va il suo disprezzo. […] Ma chi si rende conto fa della delusione una culla in cui addormentare il tempo.”
Note
[1] La M. sta per Mihai cioè Michele, è un vezzo artistico dell’autore in quanto nacque Emil Cioran.
Info
Leggi antica ballata popolare “La Miorița ‒ La pecorella veggente”