“Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie: l’isola come conclusione
La coscienza è un ingombrante essere che soggiorna dentro ciascuno di noi. Essa osserva le nostre scelte e decide quando è arrivato il momento di stringere o rilasciare il cappio. Le decisioni vengono prese dal cervello che, spesso, interpella il cuore ma non la coscienza così, ciascuno di noi, prima o poi, sarà costretto a fare i conti con la propria. Quando arriverà il fatidico momento della resa dei conti, la coscienza, prenderà il sopravvento su cervello e cuore e farà compiere, al proprio essere albergante, delle azioni impensabili tali da rendere irriconoscibile l’essere a se stesso.
Immaginiamo di amplificare i concetti sopra esposti. Cosa accadrebbe se dovessimo affrontare il terribile esame di coscienza in un ambiente sconosciuto?
Cosa ne sarebbe di noi? Come reagirebbe il nostro cervello nel dover fare i conti con la razionalità che si prende a cazzotti con la coscienza?
E se il cuore dovesse improvvisamente collassare a causa dello stato ansioso provocato dal rimorso e dai sensi di colpa non gestibili, in un contesto ristretto e sconosciuto nel quale, tutti gli occhi sono puntati su di noi?
Attorno a questo complesso meccanismo psicologico, la strabiliante Agatha Christie, elabora un giallo fantastico “Dieci piccoli indiani”, ancora fruibile anche dai più piccoli, nonostante la sua prima pubblicazione risalga alla fine del 1939, che lascia i suoi lettori con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Agatha Christie, nasce Agatha Mary Clarissa Miller (Torquay 15 settembre 1890 – Witerbrook 12 gennaio 1976), è conosciuta in tutto il mondo come Agatha Christie poiché, in seguito al suo matrimonio con Archibald Christie, ne attinge il cognome.
È stata una fra le più brillanti scrittrici e drammaturghe britanniche. Nel XX secolo, ha influenzato tantissimo gli scrittori suoi contemporanei e ha prodotto un numero strabiliante di scritti. Pochi sanno che fu anche autrice, oltre ad un esorbitante numero di racconti, di opere teatrali e di romanzi rosa, che scrisse sotto lo pseudonimo di Mary Westmacott. Agatha Christie è autrice di 66 romanzi gialli e 14 raccolte narranti le vicende dei personaggi Hercule Poirot e Miss Marple, e i suoi scritti, come scritto poc’anzi, sono ancora oggi pubblicati con successo a livello mondiale. Per questo motivo l’Index Transletion dell’UNESCO dichiara a gran voce che Agatha Christie sia la scrittrice inglese più tradotta nella storia dell’editoria, seconda solo a William Shakespeare.
“Dieci piccoli indiani” è un giallo, fra i più consigliati in ambito scolastico e fra i più letti tra gli adolescenti nonostante i tragici eventi, che non lascia nulla al caso e che viene studiato nei minimi dettagli dall’autrice.
La scelta di riunire dieci persone completamente diverse fra loro, ci permette di riflettere sulla diversità degli esseri umani, sulla diversità degli errori da essi commessi e sulla complessità delle varie elaborazioni mentali che gli stessi producono a riguardo dei propri errori mettendo in azione la propria coscienza.
Anche la scelta del luogo non è casuale, l’autrice sceglie un’isola, quindi uno spazio delimitato seppur vasto. Attorno all’isola vi è il mare, elemento di riflessione assoluta e di meditazione profonda. È come se, indirettamente, l’autrice volesse dire ai suoi personaggi: “Non hai scampo, il tuo compito ora, è quello di meditare sui tuoi errori proprio qui, in questo luogo dal quale non puoi fuggire.”
Tra le tante, la frase più eloquente del romanzo che ci conduce al pensiero di cui sopra è la seguente: “Quel che c’è di buono nelle isole è che, quando vi si arriva, non si può andare oltre, si è giunti come a una conclusione…” (tratto da “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie)
Inoltre, riunire dieci persone erranti e impunite, ci obbliga a riflettere sulla “giustizia” e sul suo operato. Come mai la giurisprudenza non è stata capace o non ha potuto porre rimedio ad errori gravissimi, commessi da alcuni esseri umani a discapito di altri? Che cosa o chi gli e lo ha impedito?
Un altro elemento importante è la sete di giustizia che sovrasta l’animo di uno dei personaggi. Inizialmente questa sete si confonde nel ruolo che lo stesso personaggio ricopre all’interno della società da cui proviene, e si riconduce ad un alto senso del dovere. Solo alla fine del romanzo il comportamento di questo personaggio confonde i lettori, poiché egli stesso, assetato di giustizia, si sottopone alla stessa auto infliggendosi la somma punizione.
Agatha Christie, nel 1939, elabora dei concetti che caratterizzano il suo tempo ma che, purtroppo, resteranno sempre uguali nel corso degli anni, giungendo fino a noi.
Da questo famosissimo romanzo giallo, diversi registi, hanno prodotto altrettanti film; alcuni di questi si attengono fedelmente al romanzo, altri se ne discostano appena, tenendo comunque fissi gli elementi più importanti attorno ai quali l’autrice costruì la storia.
Fra questi ricordiamo: “Dieci piccoli indiani” diretto da Renè Clair nel 1945, film che vinse il Pardo d’oro al Festival di Locarno; “L’assassino ha riservato nove poltrone” film italiano del 1974, diretto da Giuseppe Bennati il quale cambia qualche particolare rispetto al romanzo di Agatha Christie, ma che da esso attinge il senso implicito affinché il suo lavoro rimanga negli archivi della storia del cinema, con ottime recensioni; “Dieci piccoli indiani” diretto da Alan Birkinshaw nel 1989, come i film precedenti, anche questo di Birkinshaw utilizza una trama vicina a quella del romanzo originale, cambia l’ambiente nel quale si svolge la vicenda e utilizza il finale della versione teatrale del romanzo stesso; “Identità” diretto da James Mangold nel 2003. Questa versione decisamente psicologica, potremmo osare dire quasi psichiatrica, prende spunto dal romanzo originale cambiandone completamente l’ambiante, tenendo comunque un ambiente ristretto nel quale la psiche si sovraccarica, e inserendo personaggi che celano diverse e complesse personalità che dubiteranno l’una dell’altra, mettendo in discussione la propria coscienza e il proprio vissuto carico di errori.
Un’altra importante particolarità che identifica questo romanzo è che su Google si possono trovare tantissime recensioni positive, non solo di relatori illustri e famosi, ma anche e soprattutto, di persone comuni che si sono sentite in dovere di rilasciare il proprio pensiero positivo, affinché altri fossero stimolati alla lettura del famosissimo romanzo della geniale Agatha Christie.
Trama:
Dieci persone, senza nessun palese collegamento fra loro, vengono invitate dal signor Ulick Norman Owen ad un incontro su un’isola sconosciuta chiamata Nigger Island. Ciascun ospite viene invitato con una motivazione differente da quella degli altri e tutti arrivano puntuali tranne i coniugi Rogers che arrivano prima di tutti poiché entrambi sono stati assunti dal padrone di casa. All’arrivo degli altri otto ospiti, i coniugi comunicano che il signor Owen è assente, e invitano gli stessi a sistemarsi ciascuno nella propria camera. In ciascuna di esse, sopra il camino, è affissa una filastrocca che narra la storia di dieci piccoli bambini neri. L’autrice utilizza una canzone per bambini scritta nel 1868 da Septims Winner e, attorno ad essa, costruisce l’intera storia.
“Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar:/ fece indigestione, solo nove ne restar./ Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar:/ uno cadde addormentato, otto soli ne restar./ Otto poveri negretti se ne vanno a passeggiar:/ uno, ahimè, è rimasto indietro, solo sette ne restar./ Sette poveri negretti legna andarono a spaccar:/ un di lor s’infranse a mezzo, e sei soli ne restar./ I sei poveri negretti giocan con un alvear:/ da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar./ Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar:/ un lo ferma il tribunale, quattro soli ne restar./ Quattro poveri negretti salpan verso l’alto mar:/ uno un granchio se lo prende, e tre soli ne restar./ I tre poveri negretti allo zoo vollero andar:/ uno l’orso ne abbrancò, e due soli ne restar./ I due poveri negretti stanno al sole per un po’:/ un si fuse come cera e uno solo ne restò./ Solo, il povero negretto in un bosco se ne andò:& ad un pino si impiccò, e nessuno ne restò.”
Gli ospiti si ritrovano a cena la sera del loro arrivo, alla fine della quale, la voce proveniente da un grammofono, accusa invitati e servitù di essere artefici di reati diversi ormai non perseguibili penalmente. Tutti sconvolti, iniziano a interrogare le proprie coscienze e si domandano come sia possibile che una voce sconosciuta conosca i loro intimi segreti e presunti peccati.
Di lì a poco, il primo ospite muore dopo aver bevuto un cocktail avvelenato e subito, ciascun ospite, inizia ad elaborare la propria teoria sul colpevole dell’omicidio, guardando con aria sospettosa tutti gli altri. La seconda vittima viene ritrovata il mattino seguente nel suo letto, quindi gli ospiti iniziano a dubitare del signor Owen, che non si è ancora presentato, deducendo, secondo la loro logica, che egli sia un maniaco che li ha voluti riunire sull’isola, per portare a compimento la filastrocca affissa in ogni camera, quindi, per ucciderli tutti. Nell’arco di quattro giorni gli ospiti, uno dopo l’altro, in modi totalmente differenti, passano a miglior vita.
Trovati i dieci corpi, i funzionari di polizia, stabiliscono che, dopo la morte dell’ultima vittima suicidatasi per il rimorso, qualcuno doveva per forza essere ancora vivo, a sostenere la loro tesi un particolare che volutamente non vi svelerò. Alcuni giorni dopo, il capitano di un peschereccio recapita a Scotland Yard un messaggio contenuto in una bottiglia trovata in mare, nel quale c’è la confessione dell’assassino.
È incredibile pensare a come l’autrice abbia assegnato a ciascun personaggio, un reato, in alcuni casi voluto, in altri frutto di negligenza e noncuranza, pesantissimo, mai sottoposto all’attenzione della giustizia o da essa sottovalutato o non giustamente punito.
È incredibile che l’autrice abbia pensato di far incontrare tutti i personaggi in un luogo che non era “casa” per amplificare il senso di colpa di ciascuno, facendo sì che ciascuno si sentisse perso, dubitasse di chiunque e si sentisse da chiunque accusato. Di proposito non voglio svelarvi altro su questo eccezionale capolavoro firmato Agatha Christie datato 1939.
Ogni tanto è salutare frugare nelle vecchie librerie e soffiare forte forte. La polvere si solleva e si posa altrove, permettendoci di scovare e ritrovare piccoli-grandi tesori, che ci permettono di viaggiare, oltre i confini del tempo e dello spazio, conducendoci in un mondo sempre attuale, nel quale ogni cosa giungerà a compimento affinché ciascuna sia al posto giusto; nel quale anche l’impossibile diviene possibile e nel quale, anche il cervello, il cuore e la coscienza, diventeranno finalmente un tutt’uno, l’unico ospite dell’essere albergante che, espiando le sue colpe, troverà la pace.
Written by Manuela Orrù
Bibliografia
Agatha Christie, Dieci piccoli indiani, Mondadori, 2020
Info
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Dieci piccoli indiani è un romanzo che si legge come bere un buon bicchiere di vino rosso corposo, profumato e leggermente invecchiato.
Per gli amanti del genere giallo, Agata Christie rappresenta la maestra del genere. Infatti questo genere di romanzi già esisteva ma lei con cura se ne ha preso cura migliorando il genere dove era possibile e lasciando preziosi insegnamenti per gli autori futuri alla sua generazione.
Come bene ci ricorda l’autrice di questa splendida recensione, Agata Christie utilizza una canzone per bambini per creare la struttura del romanzo e alla fine della lettura ogni lettore appassionato ricorderà le strofe della canzone.
La recensione è perfetta e invita ai lettori a dare una occhiata al romanzo e forse riuscirà anche a convincere anche i “puritani” della lettura che amano leggere solo teoremi, trattati di filosofia e poesia.