Francesco Hayez: vita ed opere di un pittore del Risorgimento
Una vita lunga quella di Francesco Hayez (1791-1882) e attiva fino agli ultimi anni, durante i quali riesce ad anticipare le correnti pittoriche, che verranno dopo di lui.
Francesco Hayez, quando nasce a Venezia, la gloriosa repubblica sta vivendo i suoi ultimi anni, in un declino tragico che finisce con l’arrivo delle truppe di Napoleone, dalle quali è saccheggiata. Diventata provincia del Regno d’Italia, che adesso definiremmo uno stato fantoccio assoggettato alla Francia, alla caduta di Bonaparte entra a fare parte del lombardo-veneto sotto gli Asburgo dopo un’estrema difesa, dove a piegarla nel 1814, sono la fame e il tifo.
Nei moti del 1848 la Serenissima si ribella agli austriaci, ma dopo un anno di assedio, di nuovo per la fame e questa volta per il colera, deve arrendersi, come canta con il cuore colmo di angoscia il poeta Arnaldo Fusinato nella sua famosissima ode L’ultima ora di Venezia: “Il morbo infuria…/ Il pan ci manca…/ Sul ponte sventola/ Bandiera bianca!”
Nel 1861 viene proclamata l’Unita d’Italia, una vittoria appassionatamente desiderata, che però si dimostrerà per i patrioti che l’hanno tanto attesa come Francesco Hayez, una realtà molto meno felice di quella sognata.
Nel 1866, al termine della Terza guerra d’indipendenza, Venezia e il Veneto si uniscono al Regno d’Italia. Quattro anni dopo si aggiungerà Roma e, al termine della Prima guerra mondiale, Trento e Trieste.
Francesco Hayez, di famiglia povera, si segnala giovanissimo per la sua abilità nel disegno e viene mandato a Milano, presso una zia materna che ha sposato un ricco antiquario. Lo zio gli permette di studiare pittura, contando di farne un abile restauratore. Tornato a Venezia, si iscrive all’Accademia di Belle Arti, dove a soli 14 anni, con un nudo, vince un primo premio.
A 18 anni è già apprezzato e può trasferirsi a Roma, dove amici comuni lo presentano ad Antonio Canova. Il grande e popolare scultore lo accoglie calorosamente e gli fa conoscere le opere di artisti del passato e del presente.
Sono anni in cui Francesco Hayez segue con grandi risultati l’onda neoclassica, sulle orme del Canova stesso, esaltando la bellezza dei corpi maschili e femminili, ricreati seguendo i modelli della statuaria greca.
Del 1812 è il Laocoonte, opera mitologica dove l’attenzione ai colori, ai chiaroscuri, alle proporzioni, alle espressioni e ai gesti, è quasi maniacale. Da notare come allontanandosi dalla scena principale, lo sfondo diventi sfumato, quasi perso in una nebbia, e che i volti dei personaggi non siano mai inventati; il pittore riproduce persone conosciute, in questo caso compagni di accademia, amici o insegnanti.
Dell’anno successivo è l’Atleta trionfante, opera che trae spunto dalle sculture, che il giovane pittore ammira nello studio del Canova.
Tornato a Milano, una Milano che scalpita inquieta sotto il giogo asburgico, conosce e subisce l’influsso di personaggi come Alessandro Manzoni e Tommaso Grossi. Una delle sue tele, L’estremo giorno del conte di Carmagnola, andata distrutta nella Seconda guerra mondiale e di cui possiamo solo intuire la bellezza grazie a un’incisione di Giuseppe Beretta, è un evidente e riuscito omaggio alla tragedia del Manzoni.
In questo periodo Hayez abbandona completamente il neo classicismo e diventa, in tutto e per tutto, un pittore romantico; si lasciano quindi i soggetti legati al mondo antico e alla mitologia, e ci si trasporta nel mondo medioevale.
Nel 1823 Hayez dipinge L’ultimo bacio di Romea e Giulietta, opera che riprende la tragedia di Shakespeare e preannuncia quella che è la sua opera più nota, il Bacio, anticipandola di ben 36 anni. La sua fama ha ormai superato le Alpi e, benché strettamente e convintamente legato ai movimenti patriotici contro gli Asburgo, riceve e accetta commissioni di opere da parte di principi tedeschi e dalla stessa famiglia imperiale. Può recarsi a Vienna, visitarne l’Accademia e incontrare gli artisti di corte.
Per la corte sabauda dipinge nell’arco di molti anni La sete dei crociati sotto Gerusalemme, opera di grandi dimensioni che, nonostante alcuni giudizi non favorevoli, viene lodata da Vittorio Emanuele III; attualmente conservata a Torino nel Palazzo Reale, è l’opera che l’artista riteneva il suo capolavoro.
Tra il 1827 e il 1829 Francesco Hayez dipinge un altro quadro importante e dal titolo lunghissimo, Pietro l’Eremita che cavalcando una bianca mula col Crocifisso in mano, e scorrendo le città e le borgate predica la Crociata. Presentato all’Accademia di Brera, oltre che per la sua potente bellezza artistica, viene letto come un appello patriottico agli italiani perché inizino una nuova crociata per conquistare la propria libertà e, in coerenza con questa chiave di lettura, i volti dei personaggi raffigurati sono tutti di patrioti contemporanei del pittore, che tra gli altri ritrae se stesso, riconoscendosi tra coloro che lottano per la causa risorgimentale. Un quadro che da solo varrebbe un articolo, e sul quale mi soffermo soltanto per segnalare l’intensità del crocifisso rosso alzato come vessillo da Pietro l’Eremita e la perfezione del drappeggio dei vestiti dei personaggi, così accurati che si possono riconoscere i tessuti più o meno pregiati. Tutto reso con una perfezione di colori e luci, che lascia senza parole.
Come già accennato, l’opera più celebrata e sfruttata di Hayez, è Il bacio del 1859, conservata a Brera; di essa il maestro realizzò altre due versioni negli anni seguenti. Opera simbolo del romanticismo che intenerisce il cuore degli innamorati ma soprattutto opera civile, con quel bacio che è allegoria dell’amore per la patria e per la libertà. Una passione che quasi risveglia in sottofondo le note di Bella ciao e che a volte, proprio come la canzone citata e opere come la Gioconda di Leonardo da Vinci o il Va Pensiero, per la sua eccessiva esposizione commerciale, finisce per perdere il suo vero significato, trasformandosi in una banale icona pop.
Nel romanticismo le donne non sono, come era nel neoclassicismo, belle perché aderenti ai modelli di perfezione fisica della Grecia e dalla Roma antiche, ma sono belle perché amate. L’amore che le fa belle è dolore, separazione, tragedia.
Nella ritrattistica, ad esempio nei ritratti di Carolina Zucchi che fu sua amica, musa, amante e modella, Hayez si dimostra un innovatore che va oltre la freddezza composta e rigida della posa per comunicare, appunto nel caso della Zucchi, un’intimità calda e familiare che trascende la tela. Lo sguardo, il sorriso accennato, l’ambiente, sono assolutamente innovativi. In una delle tele, la giovane è ammalata e ritratta nella sua camera da letto; indossa una camiciola bianca appena scollata, i capelli sono un po’ spettinati, ma quello che incanta è lo sguardo straordinariamente dolce. Completamente diversa l’atmosfera rigida, altera, solenne e completamente distaccata, con cui Hayez dipinge la nobiltà, e questo non per sua scelta ma perché era quanto i committenti gli chiedevano, nel rispetto delle regole e dei canoni di quegli anni.
Il volto di Carolina è ritratto nel quadro dell’Angelo Annunciatore, un angelo dalle spalle potenti, le cui mani delicate ma maschili porgono bianchi gigli, attenuando la femminilità dei tratti del viso.
Molto interessante per capire il modo di lavorare di Hayez è il Ritratto della contessina Antonietta Negroni Morosini bambina del 1858. Facile immaginare che tenere in posa una bimbetta a lungo fosse un’impresa impossibile e, allora, il pittore si basa su una fotografia della piccola in braccio alla mamma. A quei tempi una foto richiedeva una posa molto lunga, probabilmente un’ora, e il volto dalla contessina nella foto non è molto felice. Nel ritratto, Francesco Hayez riesce a combinare e gestire i vari elementi. La bambina è in piedi, in un vestito chiaro ornato da nastri azzurri, una fresca e colorata esplosione di fiori tra le mani, alle sue spalle e persino ai suoi piedi. La cura nel valorizzare i dettagli del vestito è magica. Il visino sorride, un sorriso che l’artista ha copiato, nella foto, da quello della mamma.
Nel 1848 Francesco Hayez dipinge Accusa segreta, una storia in tre tele di cui dell’ultima, La vendetta di una rivale, non si conosce il destino. La scena si svolge a Venezia, ma non la Venezia reale del presente o del passato, quanto una Venezia ideale, mitica, elegante, quasi teatrale, da melodramma. Una Venezia da sogno.
Del 1851 è la seconda tela della trilogia, secondo me la più intensa, che però, della storia di passione e sospetto di tradimento, storia che finirà tragicamente, è cronologicamente il primo episodio, Il consiglio alla vendetta. Poche opere suggeriscono così bene movimenti, passioni, incertezze, e sanno offrire una così sontuosa eleganza di vestiti e ambienti.
Superati i 70 anni, Francesco Hayez si dedica a opere meno impegnative, soprattutto ritratti tra cui ricordo quelli di Massimo D’Azeglio (1864), di Gioachino Rossini (1870), oltre che un Autoritratto (1861).
Nel 1869, dopo la perdita della moglie, adotta nel 1973 Angiolina Rossi, che gli resterà accanto e gli farà da modella, fino alla morte dell’artista nel 1882.
In Hayez c’è una cura estrema del particolare, ed è dal particolare che si sviluppa tutta l’opera. Ogni dipinto ha un disegno ‒ o più di uno ‒ di preparazione accurato e preciso, che non solo studia la posizione statica dei personaggi, ma prova persino a indicarne i movimenti, in mondo da rendere le scene fluide e vive. Nel disegno sembra a volte che le dita di una mano sia sdoppiate, quasi sfocate, per ricordare all’artista stesso quale sia la dinamica che deve rendere sulla tela.
L’interpretazione è sempre importante, perché la lettura delle opere, ovviamente non i ritratti, va impostata in modo metaforico, perché le scene rappresentate richiamano eventi del periodo in cui l’artista vive, andando dal passato al presente. Le vicende narrate chiamano alla ribellione contro lo straniero invasore che occupa parte d’Italia, i personaggi dipinti hanno il volto di patrioti, i colori dei loro vestiti seguono i colori del nostro tricolore, bianco, rosso e verde.
La Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino, GAM, ospita dal 17 ottobre 2023 al 1° aprile 2024, la mostra “Hayez. L’officina del pittore romantico”, ricca di più di cento opere provenienti da collezioni pubbliche e private.
Written by Marco Salvario