“L’eternità viene dagli astri” di Auguste Blanqui: il multiverso nell’Ottocento

“Ogni essere umano è dunque eterno in ogni secondo della sua esistenza. Ciò che sto scrivendo in questo momento in una cella del Fort du Taureau l’ho scritto e lo scriverò per l’eternità, su di un tavolo, con una penna, degli abiti addosso, in circostanze del tutto analoghe. Questo vale per chiunque.”“L’eternità viene dagli astri”

L’eternità viene dagli astri di Auguste Blanqui
L’eternità viene dagli astri di Auguste Blanqui

“L’eternità viene dagli astri” è un singolare scritto di Louise Auguste Blanqui, edito da Adelphi nel 2023. Blanqui, nato l’8 febbraio del 1805 e deceduto il 1° gennaio del 1881, è il prototipo dell’eterno cospiratore dedito all’azione, un uomo che ha trascorso 43 anni[1] in prigione (inclusi gli anni di esilio e di arresti domiciliari) su 75.

Considerato uno degli esponenti del socialismo utopistico fu il primo che dedicò la sua intera esistenza alla causa della libertà del proletariato, Blanqui sosteneva la necessità della lotta armata guidata da una piccola minoranza organizzata.

Amato dalle folle per i discorsi accesi, il blanquismo[2] ebbe fra i suoi estimatori l’illustre poeta Charles Baudelaire (1821 ‒ 1867) che conobbe Blanqui nel 1848 e che partecipò attivamente alle rivolte del 1848 e del 1851. Walter Benjamin (1892 ‒ 1940) in “Parco centrale” scrive sulle affinità e sulle divergenze tra Baudelaire e Blanqui: “[Blanqui] si è sempre rifiutato di elaborare progetti per ciò che verrà ‘poi’”, lo scopo che perseguiva era infatti quello “di sottrarre l’umanità, all’ultimo momento, alla catastrofe che di volta in volta la minaccia […]. Con tutto ciò si concilia benissimo l’atteggiamento di Baudelaire nel 1848.”; “Le stelle che Baudelaire bandisce dal suo mondo sono proprio quelle che, in Blanqui, diventano la sede dell’eterno ritorno.”

Dimenticato dalla storia politica dell’Ottocento, furono Walter Benjamin e Jorge Luis Borges (1899 ‒ 1986) a riscoprirlo come visionario dell’astronomia metafisica proprio per il suo “L’eternità viene dagli astri”, il cui manoscritto redatto in carcere consisteva in “21 piccoli rettangoli di carta 10×13 cm. Per evitare censure, nasconderlo e trasmetterlo, i fogli dovevano essere di piccolo taglio, 45-50 righe per pagina di scrittura fitta fitta con una sottile interlinea per scrivere sul retro senza rendere illeggibile il testo con la sovrapposizione dell’inchiostro sulla carta trasparente. Blanqui aveva messo a punto una scrittura microscopica da leggere con la lente d’ingrandimento.”[3]

Malgrado le numerose richieste dell’Enfermé (il Recluso) alla sorella[4], destinataria di questo caparbio manoscritto, ella non si affrettò alla pubblicazione e dopo dieci giorni di trepidante attesa le inviò una lettera: “Nessuno ha diritto di dirmi che sono un vecchio pazzo, soprattutto senza averlo letto. Tu non hai mai voluto leggerlo […] Non è lungo.

Il verdetto fra i contemporanei fu proprio quella di follia. Blanqui, stremato dall’isolamento del carcere, si rifugiò nelle stelle concependo il lato metafisico dell’astronomia. Concependo l’eterno ritorno[5], concependo una possibile organizzazione dell’universo con metamorfosi senza interruzioni perché “la materia non può diminuire né aumentare d’un solo atomo”, concependo la nascita delle nebulose.

Oggi si può ragionare sul multiverso senza suscitare scandalo psichiatrico, nel 1957 il fisico statunitense Hugh Everett III propose il concetto in modo rigoroso con la meccanica quantistica, ma la pluralità dei mondi era stata ipotizzata da Epicuro, ripresa da Lucrezio nel mondo latino, professata da Giordano Bruno nel Rinascimento.

“Inoltre, i mondi sono infiniti, sia quelli uguali al nostro, sia quelli diverso da esso. Gli atomi, che, come si è dimostrato in precedenza, sono infiniti, percorrono infatti anche gli spazi più remoti; perché gli atomi da cui un mondo può aver origine o essere formato non si esauriscono nella costituzione di un solo mondo, e neppure di un numero finito di mondi, siano somiglianti al nostro oppure diversi. Ne consegue che nulla si oppone all’esistenza di un numero infinito di mondi.”Epicuro[6]

“Tutto ciò che esiste in nessun modo è limitato,/ diversamente avrebbe dovuto avere un estremo;/ ma è chiaro che non ci può essere nessun estremo/ di nessun oggetto se non c’è al di là qualcosa che lo limiti, sì che appaia/ un punto oltre al quale non può andare la natura dei sensi/ Ma poiché si deve ammettere che non c’è niente oltre l’insieme del tutto,/ esso non ha un estremo e dunque non ha misura e confine.” ‒ Lucrezio[7]

“Io dico l’universo tutto infinito, perché non ha margine, termino, né superficie; dico l’universo non essere totalmente infinito, perché ciascuna parte che di quello possiamo prendere, è finita, e de mondi innumerabili che contiene, ciascuno è finito. Io dico Dio tutto infinito, perché da sé esclude ogni termine ed ogni suo attributo è uno ed infinito; e dico Dio totalmente infinito, perché tutto lui è in tutto il mondo, ed in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente: al contrario dell’infinità de l’universo, la quale è totalmente in tutto, e non in queste parti (se pur, referendosi all’infinito, possono esser chiamate parti) che noi possiamo comprendere in quello.” ‒ Giordano Bruno[8]

Qual è la differenza tra psicosi ed intuizione? E tra follia ed illuminazione? Questo dilemma è di portata simile a quello che Blanqui riporta più volte ne “L’eternità viene dagli astri” rivolgendosi agli astronomi del suo tempo ed in special modo a Pierre-Simon Laplace[9]: O la resurrezione delle stelle o la morte universale a cui si potrebbe aggiungere la locuzione tertium non datur.

Nel saggio si incontra spesso il nome di Laplace, Blanqui riprende le teorie del matematico e fisico francese per attuarne una sistematica demolizione farcita di una squisita ironia.

“La questione delle origini è molto più seria. Laplace la tiene in scarsa considerazione, o piuttosto non la tiene in nessun conto, e neanche si degna di parlarne, oppure non osa. Herschel, per mezzo del suo telescopio, ha individuato nello spazio numerosi ammassi di materia nebulosa a diversi gradi di diffusione, ammassi che, attraverso progressivi raffreddamenti, alla fine diventano stelle. L’illustre matematico racconta e spiega molto bene le trasformazioni. Ma riguardo all’origine di queste nebulosità, non una parola. Ci si chiede naturalmente: «Queste nebulose, che un freddo relativo porta allo stato di soli e di pianeti, da dove vengono?»” ‒ Auguste Blanqui

Ed è proprio questa la domanda portante de “L’eternità viene dagli astri”, Blanqui con una prosa accattivante cerca (e forse trova) una possibile e logica risposta al quesito del principio delle nebulose dando prova di straordinaria passione e di una valida conoscenza delle teorie pregresse in campo astronomico. Partendo dal numero finito degli elementi che, uniti, vanno a comporre forme innumerevoli si giunge all’origine delle stelle ed alla teoria del multiverso sulla base di una “eternità [che] recita imperturbabilmente, nell’infinito, le medesime rappresentazioni”.

Auguste Blanqui citazioni
Auguste Blanqui citazioni

“Quando un orologio non funziona bene, lo si regola. Quando si guasta, lo si aggiusta. Quando è vecchio, lo si rimpiazza. Ma i corpi celesti, chi li ripara o rinnova? Quei globi di fuoco, splendidi rappresentanti della materia, godono del privilegio della perennità? No, la materia è eterna solo nei suoi elementi e nel suo insieme. Tutte le sue forme, umili o sublimi, sono transitorie e periture. […] Quanti miliardi di questi gelidi cadaveri si trascinano così nella notte dello spazio, aspettando l’ora della distruzione, che nello stesso tempo sarà della resurrezione!” ‒ Auguste Blanqui

Il fascino che l’eterno cospiratore suscitò in Baudelaire, Benjamin e Borges è identico a ciò che stai subendo ora, accorto lettore, “chi si cerca si trova”.

“O la resurrezione delle stelle o la morte universale”

 

“Essere un’eco è più difficile e più raro che avere opinioni e sostenere punti di vista.” Martin Heidegger alla conferenza di Brema del 1949 “Sguardo in ciò che è”[10]

 

Written by Alessia Mocci

 

Note

[1] Ottavio Fatica, l’autore del saggio conclusivo sito ne “L’eternità viene dagli astri” dal titolo “All’altro capo dell’infinito” scrive: “Quarantatré anni e due mesi di prigione, di arresti domiciliari e d’esilio, su settantacinque. Sarà stato al governo per dieci ore.” Sulla pagina Wikipedia dedicata a Blanqui si trovano gli anni precisi di sola prigionia: trentasei anni e cinque mesi.

[2] Il blanquismo fu un vero e proprio movimento ispirato alle idee di Blanqui distinguendosi da correnti socialiste per la funzione dei gruppi organizzati di cospiratori, che con azioni da professionisti avrebbero dovuto imporre una dittatura per il beneficio del proletariato, ma esautorando il proletariato dalla lotta. Malgrado le vicinanze con i concetti puri del socialismo e qualche ripresa di discorsi di Blanqui, Karl Marx (1818 ‒ 1883) e Friedrich Engels (1820 ‒ 1895) si dissociarono dal blanquismo ritenendo il suo creatore un socialista solo per sentimento ma senza alcuna proposta pratica di risoluzione dei problemi sociali.

[3] Dal saggio di Ottavio Fatica.

[4] Nel saggio di Ottavio Fatica il nome della sorella è Sophie, nella biografia sita su Wikipedia non si trova traccia di una sorella bensì di solo un fratello, Jérôme-Adolphe Blanqui. Il nome della madre di Auguste è Sophie de Brionville, si trova menzione di tutti i figli avuti con Jean Dominique Blanqui solo su Gw.Geneanet.org ed effettivamente compare una Claudine Alexandrine Berthe Sophie Blanqui nata il 1802. 

[5] Nei frammenti postumi di Friedrich Nietzsche si legge nell’autunno del 1883: “A. Blanqui, L’éternité par les astres, Paris, 1872”, ma il volume non è stato ritrovato nella biblioteca del filosofo tedesco. Era solo un appunto per una prossima lettura oppure un libro consultato e citato in un frammento?

[6] Epicuro, Lettere, Fabbri Editori-Rizzoli, 1994, Lettera a Erodoto, pag. 77, verso 45

[7] Lucrezio, De rerum natura, Zanichelli, 2010, I, vv. 958-964

[8] Giordano Bruno, De l’Infinito, Universo e Mondi, terzo dialogo

[9] Pierre-Simon Laplace (1749 – 1827) è stato un matematico, fisico, astronomo e politico francese. Nel periodo di Napoleone Bonaparte fu uno dei principali scienziati, divenne anche ministro degli interni nel 1799. Nel 1806 venne insignito del titolo di Conte dell’Impero e dopo la restaurazione dei Borbone nel 1817 fu nominato Marchese.

[10] Martin Heidegger, Eugen Fink, Eraclito, Laterza, 2010, pag. XV

 

Bibliografia

Auguste Blanqui, L’eternità viene dagli astri, Adelphi, 2023

 

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