“50 anni di Clu” documentario di Erika Rossi e Massimo Cirri: la psichiatria di Franco Basaglia
“Nell’ambito della macrostoria della rivoluzione basagliana, questa vicenda non era mai stata raccontata.” ‒ Erika Rossi

Giunto alla sua 35ª edizione, il Trieste Film Festival 2024 si presenta agli spettatori con una programmazione ricca e variegata.
Fiore all’occhiello della produzione italiana è il documentario fuori concorso dal titolo 50 anni di Clu diretto da Erika Rossi e Massimo Cirri; che a 50 anni di distanza dal suo esordio ripercorre la storia della Cooperativa lavoratori uniti nata a Trieste nel 1972 grazie a Franco Basaglia.
L’occasione per ricordare l’evento, davvero importante, è la ricorrenza della nascita di Franco Basaglia avvenuta a Venezia l’11 marzo 1924.
Nel 2024 ricorrono dunque i cento anni dalla nascita del medico che ha rivoluzionato il concetto stesso di psichiatria, e che della Cooperativa ne è stato il fondatore. Modello poi imitato da altre simili realtà.
Nel 1972, in Italia, l’idea delle cooperative e imprese a carattere sociale era pressoché sconosciuta; e a Franco Basaglia va dato il merito, non l’unico, di aver intuito e attuato un progetto davvero ambizioso. Che metteva al suo centro il malato mentale e il suo inserimento nella realtà lavorativa.
Riconoscendo ai pazienti, già occupati in attività interne all’ospedale psichiatrico, il diritto ad essere retribuiti per la manodopera prestata. A differenza degli anni antecedenti al 1972.
“Gli internati fecero in prima battuta un verbale in assemblea e presentarono una richiesta di costituzione per la cooperativa in tribunale.” ‒ Erika Rossi
Nato a Venezia nel 1924, Franco Basaglia ha frequentato l’Università di Padova dove si è laureato in medicina, con la specializzazione, nel 1953, in malattie mentali e nervose presso la facoltà della clinica neuropsichiatrica di Padova.
Da quel momento il suo percorso professionale e di vita si orientava, in sinergia con la moglie, che in collaborazione con il marito sarà autrice di alcuni testi sulla moderna psichiatria, ad approfondire tale disciplina. Incipit che porta Basaglia a dare inizio a una battaglia che lo porterà lontano.
Il presupposto clinico da cui partiva era il rifiuto delle idee di Cesare Lombroso, allora adottate in campo psichiatrico.
Nel 1958 gli veniva assegnata la cattedra di psichiatria presso l’università di Padova. Non trovando ad accoglierlo colleghi pronti a condividere le sue idee innovative, considerate da loro troppo rivoluzionarie. Perché omologati al concetto tradizionale di malattia mentale e ai metodi terapeutici adottati da sempre, peraltro aberranti.
La visione pionieristica di Basaglia, in netta contrapposizione a quella dei suoi colleghi, lo portava ad allontanarsi da Padova e a trasferirsi con la famiglia a Gorizia, con l’incarico di direttore della clinica psichiatrica della città giuliana. Occasione che gli faceva conoscere da vicino la triste realtà in cui erano reclusi i malati mentali. Contesto verso cui Basaglia esprimeva accese critiche, rivolte soprattutto ai metodi terapeutici con i quali venivano trattati i pazienti.
Si trattava di trattamenti quali l’elettroshock o la camicia di forza, o ancora, la lobotomia o docce gelate, destabilizzanti per i pazienti più della malattia stessa. Che, in seguito, grazie al suo intervento verranno aboliti. Il cui scopo era sedare le infermità delle persone, anziché tentare di comprendere le loro disfunzionalità per aiutarli a uscire dal tunnel della malattia mentale. Trattamenti che confermavano a Franco Basaglia l’urgenza di battersi per mettere mano all’ordinamento degli ospedali psichiatrici, la cui visione terapeutica era obsoleta.
Combattendo una battaglia che sarebbe stata lunga e difficile, affinché i cosiddetti manicomi venissero trasformati in luoghi e spazi adibiti ad accogliere queste persone, già alienate da una società che li aveva emarginati.
Persone da curare, da comprendere, da accogliere e da tenere sotto controllo in un ambiente dignitoso. Incoraggiando, inoltre, un nuovo tipo di relazione fra il malato e il personale sanitario.
Un rapporto più empatico fondato sullo scambio umano, dove il dialogo e l’appoggio morale verso il paziente occupavano il primo posto. Non più la disumanizzazione dei malati, dunque, ma un’attenzione in quanto persone a cui dare dignità.
E sarà proprio lui, Franco Basaglia, uno dei padri della moderna psichiatria, a battersi perché tale disciplina assumesse due peculiarità principali, quella di essere terapeutica e riabilitativa.
Movimento fondato nel 1973 sulle tracce della corrente di pensiero dell’antipsichiatria, già diffusa in Gran Bretagna, Psichiatria democratica era una creatura di Basaglia, grazie alla quale nel 1977 l’ospedale psichiatrico avrebbe visto la sua fine; che, con l’emanazione della legge 180, o legge Basaglia, trasformava il vecchio ordinamento in una riforma sanitaria, in materia di malattie mentali, tuttora vigente.
“L’istanza venne rigettata, perché queste persone non avevano i diritti civili; allora loro scioperarono e in quel momento rinacquero in un solo secondo, perché esercitarono uno dei loro diritti fondamentali che prima non erano riconosciuti.” ‒ Peppe Dell’Acqua, psichiatra dell’equipe di Basaglia
È grazie a interventi e testimonianze di addetti ai lavori, come di pazienti che hanno partecipato alla nascita della Cooperativa, che il documentario 50 anni di Clu presente nella programmazione del Trieste Film Festival 2024 si presenta come un documento davvero illuminante.
50 anni di Clu è sviluppato anche con materiale d’archivio, oltre che immagini che ritraggono i ricoverati di allora consumare le loro “misere” esistenze in condizioni aberranti.
Altre testimonianze site in 50 anni di Clu sono di persone affette da patologie mentali di varia natura, o vittime di gravi dipendenze di alcol o di droghe, le quali hanno contribuito alla realizzazione di un lavoro di grande spessore testimoniale.
E sono proprio le attestazioni di coloro che hanno beneficiato della visione pionieristica di Basaglia, medico dotato di un’enorme carica umana, che ha fatto sì che a uomini e a donne affetti dalla malattia mentale venisse assegnato un compenso per il lavoro svolto all’interno della struttura sanitaria. Retribuito in base alle loro capacità, e restituendo loro una certa autonomia, oltre che dignità.
Gli intervistati presenti in 50 anni di Clu, ovviamente, si dichiarano “rinati” a nuova vita, in seguito alle intuizioni di un medico che ha avuto a cuore una problematica di così grande rilievo sociale. Che ha saputo guardare con occhi diversi oltre il disagio mentale. Intuizioni, il cui riverbero si è manifestato oltre gli anni Settanta, assegnando al paese Italia la connotazione di un paese moderno, orientato all’inclusione degli individui più fragili.
“Si tratta di un’avventura senza precedenti, la Clu era qualcosa di assolutamente antesignano.”
Oggi, alla luce di ciò che Franco Basaglia ha realizzato, momento davvero significativo della scienza psichiatrica, viene spontaneo interrogarsi sulle ripercussioni che tale iniziativa ha sull’attuale società.
Attualità, dove la cronaca riporta quotidianamente di fatti criminosi, anche per la mancanza di sicurezza e alla scarsa tutela dei cittadini, che spesso vengono commessi da persone affette da gravi disfunzionalità mentali. Che non devono però essere reclusi in ospedali psichiatrici come erano pensati una volta.
Un esempio su tutti, peraltro recente, è quello di una “mamma” che non ha esitato a gettarsi dal balcone portando con sé la figlioletta di soli 6 anni, oltre al cagnolino della bimba. Con il tristissimo risultato che dopo il tragico volo la bimba e il cagnolino sono morti, mentre la donna si è salvata. Affetta da una grave forma di bipolarismo, la donna era anche un’abile manipolatrice che aveva persuaso i sanitari della sua volontà di curarsi in maniera autonoma. Già in cura presso i servizi di igiene mentale, le è stato concesso di tenere sotto controllo la sua grave forma psichica presso la sua abitazione rifiutando di essere sorvegliata, nella somministrazione dei farmaci, anche dai suoi familiari. Il bipolarismo, come risaputo, è un grave disturbo psichiatrico caratterizzato dall’alternanza di stati depressivi a stati euforici o ipomaniacali.
“Fucina di libertà, possibilità e idee nuove che fu l’ex Ospedale psichiatrico a partire dagli anni Settanta. Non solo 50 anni fa i malati ritrovarono la loro identità in quanto persone, ma rivendicarono il più sacrosanto dei diritti: quello del lavoro, che è quanto più contribuisce a definire le persone nel consesso sociale.” ‒ Erika Rossi
E adesso, dopo il terribile episodio, è inevitabile chiedersi se fosse opportuno che una persona affetta da una così grave patologia fosse svincolata da alcun tipo di controllo, che ha fatto sì che la donna sospendesse del tutto la terapia. Affinché non fosse vittima di autolesionismo, ma cosa più importante non compisse alcun gesto dannoso per altri.
Se fosse stata ricoverata, almeno per un periodo, in una struttura pubblica, non certo in un manicomio così come era inteso un tempo, forse non avrebbe infierito così sulla sua piccola e neppure su se stessa. Con la terribile conseguenza che adesso la sua vita è un inferno senza fine, dopo aver preso consapevolezza, grazie al ripristino di un’adeguata farmacologia, del gesto compiuto.
Soprattutto era opportuno che alla donna fosse affidata la figlioletta in piena autonomia?
Senza che le fosse accanto un parente per gestire una situazione di assoluta precarietà “obbligandola” a curarsi. Fatto questo, rifiutato categoricamente dalla donna.

È dunque legittimo chiedersi oggi, vista la piega negativa verso cui si sta volgendo la nostra società per la poca sicurezza e la violenza in crescita, è opportuno che molti malati di mente siano liberi di scorrazzare per le strade delle nostre città? Tenendo conto, che alcune patologie mentali sono dovute anche ad abuso di alcol e droghe, fra le più dannose per l’uomo che si possa immaginare.
È giusto dunque che il primo poveretto di turno, innocente, venga massacrato senza alcuna ragione plausibile e faccia le spese di scelte convenienti alla società degli anni Settanta, ma che superato l’anno 2020 hanno poca ragione d’essere?
Visto che molte persone affette da importanti patologie mentali sono pronte a sovvertire le regole del buon convivere civile, senza che vengano sanzionate con alcun tipo di punizione.
Difficile comunque rispondere a un interrogativo di così importante valenza etica e sociale, senza suscitare opinioni controverse e talvolta strumentalizzate a fini politici.
“Nato dalla volontà di ricordare questa storia così importante, figlia di un movimento rivoluzionario.” ‒ Erika Rossi
Written by Carolina Colombi
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Informazioni su 50 anni di Clu