“Il canto del boia” di Norman Mailer: la solita americanata
“Il canto del boia” di Norman Mailer ‒ Libro primo – Voci dall’Ovest
Il canto del boia di Norman Mailer è un’opera smisurata: di oltre mille pagine, divisa in due libri, ognuno dei quali ha sette parti, ognuno delle quali è divisa in numerosi capitoli e vari sottocapitoli e numerosissimi paragrafi. Raramente ho letto qualcosa di altrettanto complesso.
Lo stile dell’autore è di tipo onnisciente, parendo (o essendo?) egli al corrente di tutto quello che è finora successo e che anche ora sta accadendo, minuto dopo minuto. Il lettore non può che accettare ogni fatto da lui narrato come effettivamente avvenuto e fedelmente rappresentato in tutte le sue descrizioni. Quel malcapitato (e forse anche ipocrita) lettore arriva addirittura a pensare che null’altro sia successo, in quell’attimo e in quel luogo, che fosse degno di nota. Riesce persino a immaginare Norman Mailer, nell’atto di scrivere quel che realmente accadde, come capitò di farlo a Joseph Smith, il fondatore della Chiesa dei Mormoni, il quale, istruito da alcune Lastre d’oro, grazie all’ausilio essenziale e filologico di un angelo (o due?), ne trascrisse il testo che narrava quel che capitò a due tribù israelite, i Nefiti e i Lamaniti, che erano miracolosamente trasmigrate nel Centro America svariati secoli prima della nascita di Cristo.
Questa è l’impressione che ho ricavato dopo aver letto il Libro primo. Ogni tanto, in questa mia penosa reazione letteraria, riverserò diverse mie idee e sensazioni, ma ne limiterò il numero, mentre eccederò nei riporti, come si comporterebbe un avveduto commentatore delle Sacre Scritture.
Gary Gilmore apparteneva, come tanta gente di cui si narra nel libro, a una comunità dove la componente mormonica era assai rilevante. Non ho ancora capito, non se Gary sia fedele agli insegnamenti ricavabile dal Libro di Mormon (che lessi alcune decenni fa), perché non lo era di certo in modo ortodosso, ma se e quanto egli confidi in quel Dio che così spesso e talvolta invano nomina.
Fin dalla sua prima giovinezza la giustizia umana lo costringe a trascorrere lunghi anni in riformatorio e poi in galera, a causa di svariati delitti, fra cui una “rapina a mano armata”.
Ha però una cugina di nome Brenda che gli vuole tanto bene (e da un episodio avvenuta nella prima infanzia e ben descritto a pagina 11 si intuisce perché), per cui lei e suo marito Johnny si fanno garanti per la messa in libertà condizionata di questo infausto giovane. Non si capisce quanto Brenda abbia fiducia nel parente, ma per lei è troppo importante farlo uscire dalla galera, per cui il rischio vale la candela.
Riporto un commento dell’autore su Gary: “… non gli garbava per niente stare al riformatorio. Una volta che usciva, scriveva, il suo sogno era di diventare un gangster e di maltrattare la gente…”. – non è un desiderio da poco, anche Billy The Kid desiderava una cosa simile, nonché tanti altri fuorilegge. Poi tutto può cambiare. Lo stesso Rocky Balboa, prima di diventare una star della boxe, vivacchiava grazie al crimine, se ben ricordo. Poi è assurto a mito dell’italo-americano che, grazie alle sue indubbie doti e al suo immenso valore umano, è salito sul trono di uno sport basato sulla violenza, ma anche su regole ferree.
Gary è un simpatico ragazzo che, man mano che lo conosci, capisci che farà una brutta fine. Se poi ti azzardi a guardare su zia Wiki ti metti il cuore in pace. Egli pare ed è gentile ma, presto o tardi, a frequentarlo (come lettore oltre che come vicino di casa) capisci che è inaffidabile. Non è cattivo, ma è privo di saggezza. Quando poi si mette a dire di alcuni fatti che gli erano occorsi in galera, la gente si mette le mani nei capelli. Lui non se accorge nemmeno dello scompiglio che procura.
Egli è un bravo disegnatore, ma anche sul piano del gusto estetico è per lui peggio che andar di notte. Brenda gli dice, senza tante cerimonie: “Gary, in fatto di cappelli, hai i gusti più impossibili che io abbia mai visto.” – e la cosa la fa quasi piangere. Lo ama come un fratello, ma non ha troppa stima di lui. Nell’allucinato tentativo di chiarire un concetto, lui spara delle stupidaggini che le fanno dire: “Credo volesse dire che in prigione un uomo farebbe di tutto per divertirsi un po’. Se non ci riesci, sei finito.”
Gary poi incontra Nicole. Ho guardato su zio Google le facce dell’uno e dell’altra. Gary ne ha una che sembra pigliarti in giro, un tipo simpatico ma da girarci alla larga. Nicole è così carina che sono contento di non averla conosciuta, perché me ne sarei innamorato. Poi scopro che, in quanto a saggezza, è di poco meglio di lui. Ambedue hanno vissuto in una famiglia problematica, da cui non sono riusciti a svicolare se non scivolando e facendo cavolate.
Nicole è attratta da Gary (e viceversa: anzi, di più). Però una volta la ragazza “ebbe la strana sensazione di una presenza diabolica nelle vicinanze; emanava da Gary…” – io non credo a ‘ste menate: se ci fosse il diavolo, il cosmo sarebbe davvero un vuoto a perdere. Siamo ottimisti, però anche attenti!
Gary sfida un certo Pete e poi, mentre quello è girato, lo colpisce a tradimento, assai vilmente. Gary dice: “È così che io mi batto. È il primo colpo quello che conta.” – nonostante la scorrettezza subita, Pete ha la meglio su quel delinquente. E Gary dice che non gli perdonerà l’offesa, che gliela farà pagare cara. Pete dice a Nicole: “Ma questa è una situazione difficile. Il tuo uomo è irrecuperabile. È un assassino, ne sono convinto. Vuole ammazzarmi.” – in molti sono a pensarla come lui. Lei però gli dice: “Se non ti ammazza lui, lo farò io.” – ma questo solo se Pete querelasse Gary. Diversamente Nicole lascerebbe benignamente perdere. Lei deve proteggere il suo amato. Per Gary il discorso non finisce lì, perché, dice: “In prigione le cose di questo genere non si lasciano a metà.” – ogni ambiente ha le sue regole. Ma qui non siamo in prigione, questo Gary non ce la fa a capirlo. Non ci prova neppure.
“‘Io sono Gary Gilmore’ disse Gary ‘e nessuno può farmi niente.’” – manco fosse Superman.
Norman Mailer, dal canto suo, affronta un argomento alla volta. Ora tocca a X – Parenti acquisiti (quelli di Nicole). Anche qui ci sono schiere e schiere di mormoni. Leggo a pagina 176 che un avo di Nicole “era stato un poligamo alla vecchia maniera, con sei mogli e cinquantaquattro figli.” – e chissà quanto avrebbe ricevuto dall’INPS, se fosse vissuto in Italia, in assegni al nucleo familiare!
Nicole ama Gary. Gary adora Nicole, ma ancor di più la “birra”, e inoltre si fa di un medicinale, il “Fiorinal”. Entrambi i prodotti ne limitano la prestanza sessuale, ma non la voglia. Intende sempre farlo, ma combina poco, a volte pochissimo. A volte quasi abbastanza… raramente però.
Lei, per una scemenza da due soldi, si prende una sberla da Gary. La cosa non le va giù: “La carogneria immotivata era una cosa che lui non poteva sopportare. Ma era la seconda volta che la picchiava. Nicole sentiva crescere in sé una grande cattiveria.” – è una brava ragazza, molto generosa col genere maschile, madre di due bimbetti, e ama Gary. Ma a volte non lo sopporta nemmeno lei. E arriva a pensare: “Gary è pazzo. Potrebbe ammazzarci.” – poi dice all’ex marito Jim Barrett che lo ama ancora, Jim intendo, non Gary: “E lo amava davvero mentre lo diceva.” – subito dopo magari no.
Gary ci tiene all’opinione altrui (pur facendo pochissimo per far bella figura); per cui quando chiede a Craig “Che cosa pensi di me?” – la risposta ruffiana dell’amico lo tranquillizza.
“Gilmore aveva detto: ‘Nicole è mia’ dicevano sempre così e poi la perdevano. A lei non piaceva appartenere a qualcuno per molto tempo.” – a volte si limitava a fare l’amore con chi le andava appresso. Ora toccava all’ex marito (al secondo ex marito): “… Ma il suo clitoride non era sensibile, non so se mi spiego, lui non riuscì a farlo vibrare.” – qualcosa m’è parso di capire, Norman.
Jim è Brandon, Nicole è Sissy, Gary è Gilmore, bisogna stare sempre un po’ attenti per non confondere i personaggi. Norman benedetto, ti diverti a complicare quel che è già iper-complesso.
Gary dice: “Mi sento tagliato fuori. Certe volte non capisco neanche di cosa stia parlando la gente…” – non riesce mai a star attento. Capisce che sta bevendo troppo e dice: “Non toccherò più alcool. Divento una lurida carogna quando bevo.” – anche lui, come Andy, un mio caro ex affine, in teoria sa tutto, ma è la pratica che gli viene difficile.
E ha un problema: la vecchia macchina non va troppo bene e ormai gli fa schifo. Riesce a procurarsi un “camion bianco”, ma deve pagarlo, sennò glielo confiscano. Compie una rapina e ammazza a sangue freddo un disgraziato. Poi ne fa un’altra: stessa serie, dose e posologia di eventi.
April, sorella di Nicole, dice una frase a pagina 238 che mi colpisce assai: “L’FBI,’ disse lei ‘guarda dentro le case per vedere se a gente commette qualche delitto. Si servono del televisore, sai?’” – la stessa cosa la temeva mia nonna paterna Linda Zuelli (nata nel 1881) la quale, quando entrò la tele a casa nostra, temeva che da lì qualcuno ci potesse vedere.
Grazie a Brenda, la polizia cattura Gary. E lei lo confessa, al cugino, che mai glielo perdonerà.
Gary nega ogni addebito: “Lo guardò fisso negli occhi. Aveva una capacità straordinaria di guardarti fisso.”
La solita americanata: “La strada sulla quale viaggiavano non era molto larga, ma lo era quanto bastava perché tre veicoli potessero procedere affiancati.” – molto più stretta è in certi punti via degli Azzarri, a Gavâsa (Rèş), dove se due 127 s’incrociano, almeno una delle due rischia di cadere nel fosso. Due Smart, a fatica, ce la possono anche fare.
Brenda avvicina Gary in cerca di un perdono, ma non ce la fa ancora a ottenerlo.
Gilmore “disse che la prigione ti imponeva di essere uomo in ogni momento della giornata.” – un uomo che cerca di sopravvivere odiando. A chi gli chiede “Gary, che è successo nella sua testa?” – quello risponde di non saperlo e si limita a dire: “dovevo essere pazzo.”
Nicole ha una certezza: lei di Gary, “se n’era innamorata nel momento stesso in cui lo aveva conosciuto e lo avrebbe amato per sempre.” – amen!
Brenda cercando di consolarla, le disse: “Nicole, lo amiamo tutte e due.”
L’avvocato dell’accusa “Wootton rimase colpito dalla sua intelligenza. Gilmore gli disse che il sistema carcerario non riusciva a raggiungere quello che era il suo scopo istituzionale, cioè la riabilitazione. A suo parere, era un fallimento totale.”
In una lettera all’amata, Gary scrive di sé una tale serie di cattiverie/verità che a mio parere si dovrebbe premiare una tale sincerità, anche se poi aggiunge: “Sono talmente abituato alle bugie e alle ostilità, agli inganni e alle meschinità, al male e all’odio. Queste cose sono il mio habitat naturale.” – questo è il vero Gary Gilmore. Egli, lo dice Bessie, la sua povera mamma “è stato per tanto tempo in prigione che non sapeva neanche come si fa a guadagnarsi da vivere o a pagare un conto. Negli anni in cui avrebbe dovuto impararlo, stava dentro.” – anche qui ci vuole un bell’amen!
Norman, sei un Grande Dio della Scrittura: sai tutto e ne dici un sacco e una sporta! Ne hai di certo inventate di falsità iper-realistiche, ma questo capitò anche al tuo predecessore quando ispirò Abramo (o chi per lui) a scrivere il Pentateuco. Entrambi eccellete in metafore e allegorie.
“Joe Bob Sears…” – e, poco dopo: “… e si buttò a investire Joe Bob, ma Sears si scansò con un salto…” – bisogna fare cent’occhi con la tua scrittura, Norman; anche con quella di Yahveh!
“Il livello d’intelligenza di Gary è di tipo medio-superiore. Il suo quoziente d’intelligenza in fatto di vocabolario è 140, in fatto d’estrazione 120, mentre il quoziente d’intelligenza complessiva è 129.” – non ho capito ma fa lo stesso. Secondo me mi batte! Inoltre: “Dice di aver letto moltissimo nel corso della sua vita, e in effetti nel test sul vocabolario ha sbagliato soltanto due parole…” – bravo! A volte ti sento migliore di me, a volte circa uguale.
Durante il dibattimento in aula dice l’accusatore Wootton: “… Tutti i tentativi di riabilitazione sono stati a quanto pare un totale disastroso completo fallimento…” – Norman, a volte scordi delle virgole: riesci così a dare più l’idea. Ma di chi è la colpa, non della carenza di virgole, ma di quel fallimento?
Durante le arringhe, i due difensori, Esplin e Snyder sono spesso emozionati, ma c’è da capirli, essendo stati nominati d’ufficio e pure malpagati. Wootton non lo è mai e guadagna di più.
Alla fine, rispondendo a una specifica richiesta del “giudice”, il nostro eroe dice: “Preferirei essere fucilato.”
Il dibattimento è lungo e interessante, ma occorre leggerlo (una tantum nella vita) per poterlo apprezzare. Una cosa è emersa: Gary non è “psicotico” ma “psicopatico”: ergo merita di essere eliminato (fisicamente) dal sistema giudiziario. Colpa dei genitori? Non si sa. A pagina 467 leggo che “Lei viziava il lato buono di Gary, Frank quello cattivo.” – e poi ci lamenta quando si dice che Gary è un tipo assai viziato!
Norman, la pagina dopo racconti di nuovo quel fatto già descritto a pagina 38: di quella grassottella spirituale che s’innamora di Gary quando era in galera svariati anni prima. Ma che poi muore a causa di una brutta “ulcera”.
Leggo tante lettere di Gary a Nicole. Lui non le impone di suicidarsi qualora lui sia fucilato, ma solo che gli piacerebbe tanto. Lei mi pare indecisa. E s’innervosisce se lui insiste. C’è da capirla, dai. Lui pensa: “Piuttosto che vivere in questa tana, preferisco morire.” – e poi scrive alla sua osannata Madonna di nome Nicole: “Amo te più che Dio.” – lo capisco. Amo anch’io il suo sorriso, mentre quello del padre di tutti padri e di tutte le madri e e persone sterili di questi mondi, non l’ho mai visto. Per cui, giunto alla fine della reazione al Libro primo, decido di andare a sgranocchiare qualcosa. Ma prima riporto un pensiero dell’amico Gary: “io non sono per la scuola. Non possono insegnarmi niente sull’arte che io già non conosca.” – mi auguro che il panino col tonno in scatola non mi vada di traverso. Anziché chiedervi come stia Gary in gattabuia, che poi quello si merita, domandatevi come mi senta ora io, che non ho fatto nient’altro che leggere le sue nefandezze! A domani.
“Il canto del boia” di Norman Mailer ‒ Libro secondo – Voci dall’Est
Anche questo secondo libro è diviso in sette parti, ognuna delle quali comprende vari capitoli, ognuno dei quali è ripartito in varie sezioni numerate, ognuna delle quali scorre verso la successiva come il flusso d’acqua nel delta di un fiume, nei suoi diversi rivoli. L’unica maniera per capire del tutto quel che ho scritto è leggere ‘sto smilzo tomino di 1045 pagine. Ah, quando leggo le lettere che quello strambo assassino invia alla sua beneamata donna, m’illudo che l’amore sia un sentimento eterno, ma anche una breve illusione, epperò dolcissima. E assai fantastica! Colgo, in uno stralcio di un articolo del “Deseret News”, che sono 16 anni che non viene giustiziato nessun recluso nello stato dell’Utah.
Scrive Gary a Nicole: “gli indiani credo capiscano la morte meglio dei bianchi.” – essendo più stati uccisi e devastati dai Nostri, che i Nostri da loro. Oppure perché, essendo la Morte un fatto assai antico, loro sono più antichi di noi, Quien sabe…, direbbe Tex Willer e pure Tiger Jack!
Gilmore crede nella reincarnazione. Dice: “Io lo-so.” – io no!… non so nemmeno se so…!
Chissà se Gary ha mai letto La Gloria di Giuseppe Berto (dubito): “‘Giuda,’ disse Gary ‘è stato l’uomo più calunniato della storia.’” – e uno dei più mal pagati, senz’altro.
In un’arringa il difensore Boaz dice, tra l’altro: “… Nessuno di noi ha trascorso oltre il 90 per cento della sua vita di adulto in gabbie dove vivono gli animali…” – non so se nel calcolo siano stati contemplati gli schiavi di qualsiasi forma colore, prigionieri di padroni di qualsiasi forma e colore.
Gary è un vero artista: scrive poesie, soprattutto disegna e dipinge: Tamera (chi era costei?), “guardando i disegni, pensò che doveva avere un’intensa vita interiore. Quei disegni erano così tristi e così controllati.” – li ho visti su zio Google, mi piacciono, anche se paiono reclusi e desiderosi di evadere.
A pagina 551, due tipi discutono su quanto “giusto” sia quell’assassino legale. Uno dice che “non è stato molto giusto…” – almeno rispetto alle sue due vittime; l’altro, pur ammettendolo, aggiunge: “… ma è sostanzialmente giusto.” – pare una diatriba sul sesso degli angeli, che per la sicurezza di tutti devono essere in ogni caso evirati.
Un verbo che Nicole utilizza in una sua lista “di richieste personali” è “esigo” – intuisco che il corsivo non sia suo. Ma tuo, Sommo Norman!
Il Primo libro talvolta, anzi spesso, m’ha emozionato. Il Secondo spesso più che talvolta m’ha rotto non dico cosa… insomma, le scatole. Non che tu, Norman Mailer, sia scarso come affabulatore, anzi, sei sempre Divino, ma mi fa schifo il gioco commerciale che hai descritto e che si sta svolgendo da parte di tutti, anche di Gilmore, sull’intera vicenda: “… Schiller cominciò a esporre la propria offerta.”. – chi offre di più? Dio?
“Schiller era talmente tentato che si sentiva pizzicare le narici. Come quando da giovani si aspetta un incontro sessuale…” – oh… la f… inteso non come la solita f…, ma come la fortuna!
Intanto Gary fa partire gli “inviti” all’“esecuzione”. Per lui parlare di crimini è come parlare di “belle ragazze che si è portato a letto.” – solo che il rischio di metterli incinti di qualche disgrazia è ben più alto. La sua esecuzione dovrà essere uno spettacolo mirabile, per gli spettatori e forse anche per lui.
“Earl non aveva altra prospettiva che una serie interminabile di azioni legali.” – oh, anche quelle sono decisamente arrapanti.
“… larghi pantaloni bianchi e una larga camicia bianca” – e “il detenuto pareva un attore nella parte di un santo.” – si tratta quasi di un movie, di un cartoon…
A pagina 676 c’è scritto che Gilmore dice: “Io a una cert’ora sono stanco e mi piace svegliarmi alle cinque di mattino…” – oh, anche a me! Quante cose abbiamo noi due in comune! Gemelli per fortuna separati alla nascita!
A pagina 688 Gary (che sarebbe sempre Gilmore, lo dico perché non voglio che ci si confonda!) dice dei “negri” quello che noi italici pensiamo dei gialli: “… imparano tutto meccanicamente. Tu gli mostri come si fa una cosa e loro la fanno…” – sanno fare cose difficilissime, e anche velocemente, e se tu gli proponi una nuova, più semplice tecnica, e loro rimangono spiazzati (per circa mezza giornata) e poi sei tu che dovrai imparare da loro come realmente si fa… – così mi spiegò un amico che aveva lavorato per anni in Cina.
“‘Va bene se la chiamo in R?’ disse Dennis. ‘Io sono povero.’” – Chi me la spiega questo?
A pagina 707 leggo di Stanger: “Ci teneva a rispettare il ruolo che si era assunto. In un certo senso, aveva fatto l’attore tutta la vita.” – chi è il Sommo Regista di questo b-movie che è la nostra amena vita?
Brenda “si guardò allo specchio. Pareva un cacatua in calore.” – beato il suo piumato psittacus!
Leggo, a pagina 749: “Discorsi del genere sembravano usciti dal culo di un tacchino.” – assai aulenti, senza dubbio.
“Pensava di vivere in una città di estrema destra. Chiesa e Stato erano profondamente legati.” – ognuno di loro forniva, in caso di bisogno, la sua catena all’altro. Madonna!: “La Chiesa era lo Stato.”
E c’è chi si chiede: “Perché uccidiamo persone che uccidono persone per dimostrare che uccidere persone è male?” – forse perché non è mai troppo tardi per imparare a sbagliare! L’uomo e talune specie di imenotteri, come lessi in Le origine profonde della società umana di Edward O. Wilson, organizzano scientemente l’uccisione dei propri simili, al fine di progredire socialmente e di garantire la sopravvivenza dell’alveare. L’uomo ha perfezionato tale facoltà, sviluppando diverse forme di criminalità autorizzata, nonché di guerre sante, per lo più a sfondo nazionale e razziale.
Come in altre occasioni, Gilmore ribadisce un concetto: “Volevo diventare un gangster.” – anche se, dice, “sono sempre strato bravo a disegnare.” – un talento non deve mai nuocere un altro.
“Ma non sono mai stato bravo come ladro. Sono troppo impulsivo. Non pianifico, non rifletti. Occorre molta intelligenza per cavarsela, con un po’ di culo, si tratta solo di riflettere…” – potrebbe anche servire un patto con la malavita organizzata, all’occorrenza – “Ma io non rifletto. Sono troppo impaziente. Non abbastanza avido.” – e allora ti fotti! Scordati di entrare in politica!
Poi capisco che, quei due signori, lui li aveva ammazzati come cani, dopo averli fatto inginocchiare, con un colpo alla testa, solo perché non voleva arrecare loro alcun fugace dolore, ma solo il Sempiterno Male…
Secondo me Gary mente quando dice: “non pensavo a niente” – non ci credo, caro. Eri ben consapevole di quel che stavi combinando. Dico credo, ma intendo dire: Non sono sicuro… però…
Quando dici a Nicole che a te farebbe tanto piacere che lei si ammazzasse… Ma come faccio a voler bene a questa tua infame aspettativa? Sei così desideroso di essere distruttivo! Ma niente affatto catartico! Poi vai a dire che è meglio uccidere anziché torturare per anni! Qual è l’unità di misura che usi per attestare il valore di tali nefandezze? E poi insisti: “Costringere qualcuno a condurre un’esistenza degradata è peggio che ucciderlo.” – solo ora ho il coraggio di chiedertelo: perché non ti sei ucciso nella tua prima infanzia, tanto eri così dalla nascita, da quanto ho capito.
Intanto i buoni devono decidere se devi portare il cappuccio durante l’esecuzione. Non do l’esito della discussione perché non mi va. Dai che fra due giorni tu sarai (e io con te) al capolinea!
Questo romanzo è davvero perfectus: è un morto che parla: è anche logorroico, talvolta.
Interessante notizia: “Nello Utah un negro non poteva diventare sacerdote della Chiesa mormone.” – così imparava a scegliere i suoi avi!
Si accenna a una gentil donzella, che “… adesso ascoltava Gary Gilmore che diceva merda, cazzo e piscio.” – enti che esistono da tutte le parti, anche nel braccio della morte.
Un prete cattolico parla di “Colui che perdona tutte le tue iniquità; che sana tutte le tue malattie.” – tranne che il fuoco di Sant’Antonio! È Colui che ha fatto metter in croce il suo Divino Figliolo?
“Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto. Ma di’ una sola parola e l’anima mia sarà risanata.” – e io che avevo in mente una sua mensa: boh!
Dopo aver consultato un tot di persone sulla morte, Gilmore pensa: “… l’unica cosa che veramente sento, è che mi sarà familiare.” – essa colpisce ogni famiglia, dal primo all’ultimo dei suoi accoliti.
Anche a pagina 933 mi è confermato il pur vago sospetto che Norman Mailer sia quasi Dio.
“Forse, quando più eri giusto nella vita, tanto più grande era la sfida che ponevi all’Avversario.” – e quest’americanata temo non mi farà dormire stanotte. Cosa vuol dire? Che è nella concorrenza (per lo più sleale) verso l’Altro che meglio è misurato il Tuo valore? Questo romanzo è colmo di yankeeate, una meno europea dell’altra.
“Andavano d’accordo come i wurstel e la senape.” – ci ho messo sei capoversi per capire la battuta.
“L’essere fedele la faceva sentire soffocata e depressa e annoiata e nervosa e tesa.” – passata l’esecuzione (Gilmore è stato fucilato), gabbato l’innamorato. Nicole, se non si dona al primo maschio in cui s’imbatte, non è lei.
Nella Postfazione, Norman, dai un sacco e una sporta di spiegazioni. Innanzi tutto specifichi che la storia dura “poco più di 9 mesi…” – in cui il buon si fa per dire Gilmore partorisce la sua esecuzione.
Il romanzo “Il canto del boia”, scrivi: “si fonda direttamente su interviste, documenti, atti di tribunali e altri materiali di prima mano.” – l’avevo capito ma qualche dubbio m’era rimasto. Ma ora l’ho gettato giù nel cesso!
“… la storia è esatta, per quanto questo può essere possibile.” – anche l’aritmetica è indecidibile, teorizzava Kurt Godel.
Talvolta hai dovuto scegliere fra due versioni contrastanti e “sarebbe vanità sostenere che abbia sempre avuto ragione.”
Il canto del boia fu pubblicato nel ‘79, due anni dopo la fucilazione di Gilmore. Dopo di cui fu girato il film diretto da Schiller, con la tua sceneggiatura. E non so mica se vorrò vederlo.
Gilmore era un ragazzo simpatico, per certi versi impossibile ma, morendo, ha finito di soffrire e di recare pene al prossimo. Fino all’ultimo ha preferito la propria morte a una vita da tappato in gabbia. Fino all’ultimo ha chiesto a Nicole di suicidarsi, così potevano abbracciarsi dall’altra parte (egli credeva tanto nella reincarnazione quanto nell’al di là), ma soprattutto di non tradirlo con degli uomini su questa infida Terra. Egli era fatto così: un IO possente, che mai trovò la comprensione che lui riteneva necessaria. Una vittima, un carnefice. Un uomo come pochi. Uno che, fino all’ultimo, prima chiedendo a un amico e poi a un altro, meditava una rocambolesca fuga giù dalle mura delle prigioni, svincolandosi poi in mezzo a tutto quel filo spinato.
Egli diceva un sacco di menzogne, ma chiamale, se vuoi, bugie. Un po’ come fa un bambino.
Scrive Alberto Siracusano in Perché mentiamo che “saper dire una bugia prevede, quindi, la possibilità di giocare, immaginare, fantasticare una realtà diversa, nuova, più vicina alle proprie aspettative, una realtà più vantaggiosa ma non per forza soltanto ingannevole. Potremmo dire che la bugia dei bambini si realizza intorno all’idea di costruire un futuro”. – in cui Gary Gilmore finalmente vivrà, per tutta la sua terrena esistenza, nei secoli dei secoli, libero e abbracciato alla sua venerea Nicole. Della serie: E vissero per sempre un po’ cornuti e un po’ felici.
Diversamente il suo sogno doveva essere di farsi fucilare al più presto, per giungere a rivedere al più presto una Nicole mirabilmente deceduta (leggi: dipartita) per lui, in quell’altra mistica vita, di cui egli era quasi certo, e in cui lei e lui sarebbero rimasti abbracciati per l’eternità.
A thing of crime is a joy for ever!
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Norman Mailer, Il canto del boia, Mondadori, 1981