“C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise” di Vito Briamonte: il dolore del ritorno

Grazie a C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise di Vito Briamonte, m’è venuta la voglia di visitare questo comune potentino, che conta poco meno (o poco più, chissà, dipende dal giorno) di 6.500 abitanti, di pressoché certa etnia sinna (da cui deriva il suo nome, così si dice).

C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise di Vito Briamonte
C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise di Vito Briamonte

La Lucania (detta anche Basilicata) è una delle più belle e meno turisticamente affollate regioni d’Italia, che io conosco soltanto un po’. Sono stato un paio di volte a Matera (fantastici i suoi Sassi!), a Lagopesole (fantastico il suo castello!), a Monticchio (fantastico il suo laghetto!), a Rionero in Vulture (fantastica la sua erta!), a Barile (fantastiche le sue antiche cantine!) e a Melfi (fantastica città, così cara a Pier delle Vigne!). Vorrei da sempre visitare Craco, che dev’essere fantastico come rudere abbandonato a cielo aperto!

Conosco l’autore per alcune sue notevoli finzioni narrative (fantascienza, thriller e altro) ma che qui riveste il mestiere di… di vero scrittore, quale egli è sempre stato. Ho la certezza che, se avessi conosciuto le persone che egli ha descritto nel presente libro C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise con così espressiva minuzia, ne sarei rimasto incantato.

Vito Briamonte ricorda con affetto la vita delle persone che abitavano quel paese, e la loro preziosa e altrimenti persa mentalità di una volta. Panta Rhei, tutto fatalmente scorre, ahimè e per fortuna, e corre il rischio di svanire e di non essere più di giovamento per la nostra anima.

Questa è la differenza tra fato e destino. Il primo prevede che il Tutto s’agiti, si blocchi, riprenda il suo cammino, si riassesti un po’, si prenda una più o meno breve pausa, riaffronti il suo cammino. Il secondo consente a ogni anima di dire e di fare la sua, con onestà, con discrezione, avventatamente, ignobilmente, virtuosamente, sacralmente. Tutto questo si chiama libero arbitrio che dice la sua nel cuor di un Kósmos inevitabile.

Un pensiero banale ma vero è che scrivere è salvare quel che è esistito, anche solo nella fantasia dell’autore, anche una storia come quella di Pinocchio, la realtà che l’autore ha conosciuto perché l’ha vista, dentro e fuori di sé. L’ha toccata con le sue mani e la sua anima, e l’ha resa immortale con la scrittura.

Ogni testo è riconducibile a quanto scrisse John Keats: “A thing of beauty is a joy for ever”.

Durante la lettura di C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise mi son chiesto se la cronica mancanza di traduzione di tutti i nomi e detti riportati sia un difetto oppure no. Sicuramente si tratta di un limite che dev’essere superato. Per esempio io ignoravo il significato delle seguenti espressioni: “Grgnon’”, “Mullett’”, “Sciascione”, “U’ ptugnanes”, “Pallacchèddë”, “Rocchëlarocchë”, “Tùppë Tùppë”.

Soltanto dopo aver contattato chi so io, ne ottengo la necessaria spiegazione: rene, coltello a scatto, quello di Sant’Arcangelo, quello di Putignano, la chiazza di fango e di escrementi che si forma negli ovili, Rocco la Rocca, Toc Toc.

Facile no? Sì, specie se è un uomo dotto come Vito Briamonte in persona che t’ha illuminato!

La Prefazione al libro dello scrittore Filippo Gazzaneo è intrigante, specie quando dice che ora quel Vito sta “impaesandosi” – ritornando e ricordando, nel “dolore del ritorno, l’algos del nostos”: il dolore della nostalgia, che ti prende quando viaggi solo con la mente e che si trasforma ogni qual volta il pensiero diventa azione, quando ci si rituffa nel proprio passato, ri-vedendo, come se fosse la prima volta, gli antichi lidi.

Questo è uno dei motivi per cui amo recare con me i miei consanguinei nei luoghi della mia giovinezza, allorché vissi dei momenti non sempre felici, non sempre tristi, come per esempio quelli della naja, che ora, tant’anni dopo, mi pare un periodo gaio e complesso della mia esistenza, in cui ero appena un ragazzo, nu zurieddu direbbero a Pisciotta, un şuvnutèll, direbbero a Rèş, ove ora trascorro la mia ennesima età…

Come vorrei essere soltanto quel giovane! L’unica soluzione in tali nostalgici rimpianti (algos del nostos) è ricorrere al detto materno, ché la mamma, come cantava Merola, non la si scorda mai, perché non sbagliava mai, e se qualche volta ha errato è stato solo per amore. Il detto è piànşer fa trî e réder fa trî, ché il risultato non può cambiare. Non occorre la traduzione, ma nel caso contrario baderei bene a non metterla! I detti antichi sono come le preghiere in latino a cui le nostre nonne, per lo più analfabeti, erano così affezionate.

Nel rapporto con quel Kósmos, una goccia di Mistero non guasta mai.

Scrive Vito Briamonte: “Una cosa è certa, lasciarne traccia di questi personaggi, far sapere ai giovani che non li hanno mai conosciuti…” – e ai meno giovani che hanno vissuto Altrove“… raccontarne la filosofia con cui hanno vissuto la propria esistenza è un dovere per chi come me appartiene a una generazione diversa.” – si pensi che a noi cosiddetti baby boomer, mai del tutto ex, nati nei primi decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, è stata data un’opportunità meravigliosa: l’aver conosciuto chi non ha mai visto né computers né maxi schermi, né ha potuto farsi una cultura classica, perché troppo occupato a (s)campare. Noi boomer non abbiamo né vinto né persa alcuna guerra, avendone visti gli effetti solo in televisione. Non è un miracolo tragicamente meraviglioso?!

Salvatore Patriarca, in Elogio della banalità, fa derivare banale da banal (francese), ban (germanico), bannum (latino medioevale), da cui anche bando, che è il modo del signore feudale di diffondere la sua norma, la quale, una volta acquisita, diventa banal, ergo comune, a disposizione di chiunque. In tal caso lo scrittore è il banditore che dona quel che è riuscito ad accumulare nella sua umana esperienza, fatta di vissuto e di ricerca.

“Non c’era porta o portone dietro ai quali non vivessero famiglie. Bottegai che vendevano i propri articoli, latterie e alimentari che distribuivano generi di prima necessità, sarti, calzolai e falegnami”: ai tempi della mia giovinezza, a Rèş a gh’ éra la chincaiēra, al latarōl, al sêrt, al marangòun, al scarpulèine a gh ēra ânca al paltèin! Ovvio che al signor Vito illustrerò il significato di quest’ultimo termine in cambio di un libro o due in vendita nella sua mitica Libreria Leggenda!

Tornando a C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise: “Sparsi per la Terra, troverai sempre senisesi…” – e questo capita a tutti i popoli italici. Pensa che la nazione con più Pioli è l’Argentina. E tutti o quasi (penso anch’io) sono originari di Castelnuovo di Garfagnana (LU).

“Mi rendo conto che quelle persone dopotutto le ho amate come ho amato il mio paese che mi porto nel cuore anche se sono lontano.” – ormai anch’io, anche se non le ho mai conosciute.

Potenza del carisma che cova nell’alveo della sacra scrittura!

“In una sorta di Spoon River nostrana, camminando tra le tombe io li ricordo quasi tutti…” – per cui “… cammino e mi sento attratto da una foto in bianco e nero. All’interno il volto e uno sguardo che mi parla, come si chiamasse…” – è davvero bello, Vito caro, quello che ho appena letto. Perché tu l’hai scritto!

Cosa potrei salvare per l’eventuale lettore del tuo lettore, che farebbe la cosa più saggia se cercasse di leggere l’intero tuo libro? Tutto!

Mi limito per ora a una significativa e tragica piccolezza, che nasce da uno scherzo che fa sorridere e mettere le mani nei capelli: “Alle 3 di mattina il russo bussò alla porta di Pascal’ il quale credendo che si trattasse di andar a fare la barba a qualche deceduto in quei frangenti, scese di corsa giù per le scale. Era così che si usava quando qualcuno moriva di notte.”sic transit gloria capillorum!

Mi gustano assai i riferimenti che fai ad alcuni personaggi televisivi o cinematografici: l’“Alberto Sordi” de “Il Marchese del Grillo”, “Fred Bongusto”, “Aldo Fabrizi”, i “mitici Squallor”, “Franco Franchi e Ciccio Ingrassia”, “i Led Zeppelin al Juke box del Gran Bar in piazza”.

“U’ Peddar’” mi fa venire in mente che anche un’ava della madre dei miei figli era detta ‘a peddara – la venditrice di pelli. Tu dici che “andato in cielo lui, finì definitivamente l’ultimo baluardo della cultura contadina e il connubio uomo – asino per continuare quello più moderno e tecnologico dell’uomo – automobile.” – assai e pochissimo cambia, ché a volte succede che, come già l’avito ciuco, anche la tua vecchia Panda non se la sente proprio di farti proseguire il cammino!

Vito Briamonte citazioni
Vito Briamonte citazioni

Caro Vito Briamonte, ora insisti giustamente a dire:Continuando a camminare per le tombe, penso a quanto sia stata grande la mia fortuna, quella di averle conosciute tutte queste persone.” – e la mia è stata quella d’aver conosciuto te che hai conosciuto loro.

Mentre ti leggo, vado pensando ai soprannomi (scútmaj a Rèş) di gente che conosco, di cui un giorno, a voce, ti dirò, seduto accanto a te presso quella distesa di libri tuoi a Salierno, in Corso Vittorio Emanuele.

Dei tuoi scangianomi ne riporto solo alcuni: “Paolo Rossi”, “Pappa(g)onë”, “Patanèddë” e “ Pataniéddë” (l’importanza a volte di una letterina e di un accento!), “Pënnelonë” (non indago perché così detto), “Prèvëtë (tre accenti in una parola!), “Purcèddë”, “Rocchëlarocchë”, “Tùppë Tùppë”, “Uocchiëiàanghë”, “Uocchiëtùortë”, “Zanna Bianghë”, e poi una sfilza di nomi con la (G) davanti, tipo “(G)uzzë” – un bel dì ti dirò che intendiamo noi reggiani per gusêr, guzzare.

Non riporto la chiusa del tuo racconto, ché è troppo bella e deve restare per sempre tua e di chi ti leggerà.

Vorrei dedicare questa mia reazione al tuo libro ad Aldo Puleo, di Rionero in Vulture, una delle persone più sagge che abbia conosciuto. Una volta gli chiesi se non fossero stati troppi cinque figli per lui. E lui prontamente mi rispose: Forse, ma… oggi come oggi a quale di loro potrei rinunciare?! Mi dispiace tanto che tu non l’abbia mai conosciuto... Ma ne parleremo ancora, di quell’Aldo… Alla prossima, chêr al mé amigòun!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Vito Briamonte, C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise, Edizioni dell’Ippogrifo, 2023

 

Info

Leggi la recensione di “Daesh” libro di Vito Briamonte

 

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