Vincitori e finalisti del Contest “Versi e Racconti di Sicilia”

“Forse, dopo quattro giorni, anche il siciliano avrebbe potuto risolvere il problema ma, essendosi scordato dell’esistenza del quesito, ha ripreso a narrare della sua isola, del Sole che la riscalda, del pistacchio che verdeggia incontrastato, della vastità d’acqua che costeggia ed ondeggia, dei delfini che allegri giocano vicino alla riva, dei miti e delle leggende che arano la memoria collettiva, delle decine di centinaia di castelli arroccati, dei cannoli farciti, degli arancini e delle arancine, della migliore ricetta per le sarde a beccafico, della granita con la neve del vulcano, […]” – dalla prefazione dell’antologia “Versi e Racconti di Sicilia”

Contest Versi e Racconti di Sicilia
Contest Versi e Racconti di Sicilia

Si è conclusa il 2 novembre 2023 a mezzanotte la possibilità di partecipare al Contest letterario di poesia e racconto breve “Versi e Racconti di Sicilia” promosso da Oubliette Magazine, dagli autori e dalle autrici dell’antologia e dalla casa editrice Tomarchio Editore.

La giuria del contest (Alessia Mocci, Manuela Orrù, Stefano Pioli, Carolina Colombi, Daniela Balestra, Pina Fazio e Rosario Tomarchio) ha decretato i 14 finalisti dai quali sono stati selezionati due vincitori per ognuna delle categorie in gara.

Il premio per ciascuno dei vincitori consiste nell’invio di una copia dell’antologia “Versi e Racconti di Sicilia” (Giuseppa Sicura, Pina Fazio, Rosa Sturniolo, Teresa Viola, Vito Ezio Leanza, Rosario Tomarchio, Vincenza Santoro).

Oggi, vi presentiamo tutti i finalisti ed i quattro vincitori ex aequo del Contest (due per ogni sezione).

Tutte le opere partecipanti al Contest possono essere lette cliccando QUI.

FINALISTI

Sez. A

Luciano Tarasco con “Dentro”

Silvia Vercesi con “Sogno siciliano”

Angelo Napolitano con “Guardami amore”

Lucilla Vezzi con “E piove sangue”

Luana Farina Martinelli con “Alos”

Donatella Ronchi con “Mentre”

Bruno Centomo con “Insufficienti e mortali siamo”

Sez. B

Piero Pullini con “Anemone com Amur”

Laura Vargiu con “La partenza”

Francesca Santucci con “La dama velata”

Giovanna Li Volti Guzzardi con “La parata dei pinguini”

Luisella Grondona con “Sei tornata, finalmente”

Marco Leonardi con “Parole pericolose”

Alessio Romanini con “Lo stesso mare”

 

VINCITORI

Sez. A

Silvia Vercesi con “Sogno siciliano”

Amore passato, promessa futura,

promessa azzardata un giorno d’estate…

Tu padre, tu madre della tua stessa madre.

Conservo nel cuore quel sogno che fu,

mi resta il tuo amore, ma non sei più tu.

Ripenso e rivedo quel rosso screziato tramonto

che insiste, tacendo, lontano sul blu…

 

Lucilla Vezzi con “E piove sangue”

Molto lontano, in un’ignota parte di un mondo sconosciuto

dove credi che nessuno meriti il tuo accorato pianto,

sotto ad un qualche cielo polveroso, nero fumo ed amaranto,

ci sarà un silenzio profondo e fra le macerie si chiederà aiuto.

Le strade saranno sofferte e polverose, piene di detriti ed affollate,

ci sarà povera gente che fuggirà, che cadrà e perirà sotto le granate.

Odore di morte e di bruciato, ore eterne di dolore e d’abbandono,

di popoli atterriti ed umiliati portati via e non si sa mai dove

e tutt’intorno è il grido di una e mille nazioni e di un sol uomo

ed intanto lacrime e sangue ovunque e piove e piove e piove.

 

Sez. B

Piero Pullini con “Anemone com Amur”

Una lieve brezza accarezzava la superficie dell’acqua, un soffio delicato in grado di generare un movimento lento, cadenzato, un moto armonico che si infrangeva sulla barriera corallina generando un’esplosione di bianchissime bollicine, trasportate via dalla risacca e accompagnate da un inconfondibile rumore, melodia di pace per chi dall’esterno si lasciava da essa catturare, meraviglia della vita per chi l’interno aveva la fortuna di abitare. Era così il reef, segnava il valico tra tre mondi, quello esterno oltre il pelo dell’acqua, quello dell’immenso e profondo oceano, con i suoi toni intensi e misteriosi e quello della barriera corallina dove il blu cobalto dell’oceano virava in verde smeraldo. Solo la notte era in grado di mescolare e confondere mondi e colori, una sorta di pausa che riaccendeva la meraviglia alle prime luci dell’alba, dando nuovo splendore ad ogni cosa, ed in particolare a quello che ai più era celato, al mondo sommerso. Succedeva ogni giorno, ad ogni sorgere del sole che impavido colpiva la superficie dell’acqua, penetrandola e scaldandola con i suoi raggi, tentacoli dorati che si diramavano come rete sul fondale in un tripudio di riflessi vibranti, capaci di esaltare sfumature e forme di ogni tipo.

Tutto prendeva così vita, tutto si accendeva di scintillanti colori, tutto esprimeva incanto e bellezza. Sul lato nord del reef, incastonata tre le rocce, tra un corallo rosso ramificato che mostrava la sua bellezza ancestrale e una colonia di ostriche giganti che nei momenti di tranquillità si aprivano al mondo lasciando intravedere riflessi multicolori della madreperla, vi era una bizzarra forma di vita, formata da una base larga e tozza su cui si muovevano centinaia di morbidi tentacoli di color bruno/arancione. Era un’anemone, un essere invertebrato da cui tutti si tenevano alla larga poiché dotata di un veleno urticante che risultava pericoloso per la maggior parte delle forme di vita esistenti.

L’anemone aveva un’anima, non possedeva occhi, non poteva guardare come altri, ma sentiva, sentiva tutto ciò che aveva vita intorno a lei e proiettava il suo incredibile senso per dare forma ad ogni cosa. Era affascinata da tutto ciò che la circondava. Si proiettava oltre il reef dove percepiva la fredda e intensa acqua dell’oceano, percepiva la maestosità di certi cetacei di passaggio, percepiva i colori, la gioia dei branchi di pesci, dei delfini, l’orgoglio e la vanità de coralli, la ricchezza delle ostriche giganti, la danza delle meduse, l’abilità dei crostacei, la regalità delle mante che passavano eleganti tagliando l’acqua con le loro ali, percepiva quasi tutto e ne era innamorata… e poi percepiva se stessa, un essere informe, privo di bellezza, di colori, un essere inutile. Ogni giorno della sua vita lo passava così, chiedendosi perché non fosse bella come il resto degli abitanti del reef…Si sentiva brutta, ogni giorno più brutta, ogni giorno più inutile, una malattia che lentamente ma inesorabilmente la consumava dall’interno, una malattia che col tempo la portò a spegnersi, ad annullarsi, un modo per autoescludersi da un mondo in cui era certa di non avere un ruolo, in cui avrebbe percepito solo e sempre la gioia e l’amore delle altre forme di vita e mai la sua, perché non era e non sarebbe mai stata come loro, perché loro erano belle, erano utili, erano amate… Morì così l’anemone, sognando di essere migliore, sognando di essere diversa da che era stata.

Pochi giorni dopo la sua morte, la sua carcassa si staccò dall’insenatura scavata nella roccia che l’aveva accolta e custodita per molto tempo. Nessuno si accorse della sua assenza, ma tutti si accorsero di una visibile presenza in quell’incavo di roccia, una presenza colorata di bianco e di arancione, una presenza tremula nei cui occhi lucidi si percepivano disorientamento e paura. Era un pesce pagliaccio. Era colui che per anni aveva abitato l’anemone, troppo impegnata a proiettarsi oltre per percepirne la presenza. Il pesce pagliaccio aveva trovato casa nei suoi tentacoli urticanti, ne era immune a differenza di altri e in essi aveva trovato conforto e protezione. Non aveva mai guardato oltre la sua anemone, aveva vissuto ogni attimo per lei, fissando i suoi occhi in lei, accarezzandola, ripulendola dalle impurità che si depositavano sui suoi tentacoli, addormentandosi con lei e risvegliandosi con lei ogni giorno.

C’era un mondo bellissimo oltre loro, ma il pagliaccio non l’aveva mai neppure guardato, poiché nulla era più bello della sua anemone, l’amava profondamente, amava tutto di lei. Ciò che il mondo esterno poteva percepire come bizzarre storpiature o difetti, per il pagliaccio erano splendide particolarità. Amava ogni cosa ripetendo ogni giorno a se stesso di come non avesse mai visto nulla di più bello.

Ma la sua anemone aveva deciso di lasciarsi andare ed era scomparsa, svanita nel nulla, inghiottita dall’oceano freddo ed incurante del suo amore…

Si rannicchiò in quell’insenatura il pagliaccio e lì restò infreddolito e impaurito. C’era un mondo bellissimo intorno a sé, ma ad ogni sorgere del sole i suoi occhi lucidi e neri non vedevano altro se non il ricordo della sua anemone. La rivedeva in ogni cosa ed ogni cosa gli confermava una sola e triste verità: nulla era più bello ed importante della sua anemone, nulla, nemmeno la sua stessa vita.

In una notte di luna piena, mentre il reef si rivestiva di una livrea bianco/bluastra in grado di esaltare la danza dei trasparenti crostacei e delle bianche meduse, una piccola luce si staccò dall’insenatura posta nello scoglio, scivolando lenta, giù verso il nero fondale del reef: era il piccolo corpo esanime del pagliaccio, sulle cui sfumature pallide si rifletteva la luna, che dopo giorni di digiuno e attesa, con un’ultima danza inconsapevole, salutava la vita e volava via, via verso il suo amore, via verso ciò che desiderava più della sua stessa esistenza, ciò che di più bello i suoi occhi avessero mai visto in vita, la sua bellissima ed insostituibile anemone.

 

Versi e Racconti di Sicilia - antologia
Versi e Racconti di Sicilia – antologia

Alessio Romanini con “Lo stesso mare”

Mi dissero: “Perché vai a guardare ogni dì il mare?

Ogni giorno, tu, vedi lo stesso mare!”

Loro non sapevano guardare. Loro non sapevano che il mare è vivo ed ogni giorno esso cambia.

Le diafane acque si allungano e si ritirano dalla riva, tutti i giorni.

E quotidianamente le onde sono apparentemente ferme se la brezza è debole, mentre quando l’alito di vento diventa veemente, le acque si increspano in onde mosse ed impetuose che si scagliano sopra scogli e la riva.

Loro, non riusciranno a vedere oltre la distanza del loro naso.

Come possono fare una simile affermazione?

Scendono dalle alte vette ogni dì i rivi, che poi si gettano nella foce salata del mare e rigenerano le trasparenti acque di esso.

Ed ogni giorno, la diurna stella riscalda il “pelo dell’acqua” per farla evaporare in tante minuscole goccioline, che andranno a formare grevi nembi.

Ed essi, ricadranno a loro volta sotto forma di pioggia dentro rivoli, dentro la zolla, dentro il mare…

Nettuno è vivo! E quotidianamente si trova a migrare in ogni luogo e in terre lontane; terre che a volte sono ignote al ciglio umano. È per questo semplice motivo che usualmente sento dentro l’animo mio il bisogno di rivedere il mare.

Esso favella. Racconta ciò che ha visto. Mi parla della vita!

Loro non sanno guardare. Non sono capaci di restare ad ascoltare. Amo il mare. Ed ogni dì mi reco da lui e affascinato resto ad ascoltare.

 

 

I vincitori saranno contattati via e-mail per l’invio del premio.

Complimenti ai vincitori, finalisti e partecipanti!

 

Info

Leggi la prefazione de “Versi e Racconti di Sicilia”

 

7 pensieri su “Vincitori e finalisti del Contest “Versi e Racconti di Sicilia”

  1. Complimenti ai vincitori e una postilla ad “Anemone mon amour”: non è forse vero che davanti a donne anemone, affascinanti, possessive e pericolose, noi maschietti spesso ci comportiamo da pagliacci??

  2. Ringrazio la giuria per aver apprezzato il mio racconto!
    Sono veramente felice di questo risultato, mi aiuta ad avere fiducia in me stesso.
    Mi complimento con tutti i vincitori, i finalisti e i partecipanti e con la giuria e gli organizzatori di
    questo meraviglioso contest culturale.
    Un abbraccio a tutti!
    Alessio Romanini

  3. E’ sempre un piacere ed un arricchimento partecipare al concorso, indipendentemente dall’esito. Si leggono sempre belle cose.
    Complimenti ai vincitori ed alla Giuria e grazie ad Oubliette Magazine per l’iniziativa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *