Leggere e camminare: l’equilibrio tra l’attività intellettuale ed il riposo
Settembre è un mese dolcissimo, un mese di riprese, di recuperi, di ripartenze. Anche se durante l’estate non abbiamo fatto niente, inevitabilmente avvertiamo il desiderio di ricominciare e di rimetterci in ordine con le nostre abitudini. Oppure vogliamo intraprenderne di nuove: leggere, andare in palestra, metterci a dieta, fare dei corsi etc etc.
Tra tutti questi io ne consiglio due: leggere e camminare. Oggi voglio parlare della lettura, anche se ad essa si può collegare il camminare e viceversa.
Non voglio scadere nella retorica: già persone molto più preparate di me sottolineano e hanno sottolineato i benefici della lettura. Leggere aiuta ad imparare, a scrivere meglio, a potenziare la propria immaginazione, a stimolare la memoria, a entrare in storie diverse dalla propria et similia.
Leggere però è un’attività intellettuale, impegnativa, che non sempre risulta naturale perché richiede concentrazione e attenzione, prerogative sempre più erose dai nuovi apparati multimediali.
Si dirà: ma non si può leggere anche stando sui social? Oppure ascoltando audiolibri? Oppure leggendo davanti ad uno schermo? Certamente: e la tecnologia non va demonizzata, semmai impiegata al meglio affinché essa possa davvero essere inclusiva, utile, didattica e didascalica, non solo a scuola, ma in ogni ambiente educativo e ricreativo.
Si può apprendere in tanti modi…
Eppure… la nostra persona, la nostra mente, persino il nostro corpo hanno bisogno di relax inteso come assenza di sollecitazioni audiovisive: a volte abbiamo necessità di silenzio affinché possiamo rigenerarci in toto.
In questi momenti nel silenzio è possibile recuperare il senso del tatto insieme a quello della vista e dell’udito: prendere un libro cartaceo, mattone o piccino, classico o moderno, di poesia o di prosa, per adulti o per bambini… di qualsiasi tipo… e iniziare a leggerlo. Si può procedere ad alta voce o con gli occhi: in ogni caso daremo un’anima al Narratore di quelle pagine e presteremo a lui il nostro ascolto; sfogliando le pagine sentiremo se sono sottili o erte, lisce o ruvide, con caratteri in rilievo o no. Saremo noi e il libro cartaceo.
Leggere sembra un’attività statica: eppure è dinamica. Aprendo un dizionario di latino, infatti, alla voce del verbo lego, si trovano, come primi significati “cogliere, raccogliere”; in senso figurato “raccogliere con le orecchie”, quindi “ascoltare” o “con gli occhi”, quindi “guardare”; un ultimissimo senso è addirittura “percorrere”; leggere, dunque, è un passare e raccogliere; in greco esistono due verbi λέγω: uno significa “raccogliere”, l’altro “dire”; in questo caso il parente del legere latino è il λέγειν del raccogliere.
Chi legge ottiene sempre qualcosa, perché lo “carpisce”. Si raccolgono i frutti e le parole, le storie, dopo che sono state intrecciare o seminate: del resto, sempre, in latino esiste un serĕre inteso come intrecciare e uno inteso come seminare. Sono concetti poi così diversi? Non credo, perché si implicano. Si sparpaglia e si recupera.
Leggendo, stimoliamo gli occhi a muoversi in su e in giù tra le righe… e poi il cervello a trattenere qualcosa: come la filosofia platonica, c’è il momento diairetico e quello dialettico, l’analisi e la sintesi, in realtà contestuali nell’atto, eppure tali da susseguirsi nella loro dinamica.
Solo le pagine cartecee permettono agli occhi di andare su e giù: su una pagina word non si procede così, ma solo in avanti o indietro; la lettura è orizzontale, piatta, mai verticale e profonda.
Anche con il libro posso andare avanti o indietro, certo, ma solo dopo aver memorizzato un processo; invece su supporto digitale posso cercare le parole, selezionare o scartarle a priori.
Leggere su carta è un’azione dinamica e di consapevolezza delle pagine che scorrono o che restano ferme, quando si ha il blocco del lettore. Bloccarsi nella lettura è normalissimo: ci sono momenti di stasi e vanno presi come un segnale, anche della nostra salute mentale. Non dobbiamo colpevolizzarci. Lettori si diventa e ognuno deve trovare il suo ritmo.
Non sono contraria alla condivisione social e mediatica della lettura: gruppi di lettura, hashtag, forum, podcast sono sicuramente spazi di positiva influenza alla lettura.
Talvolta, però, non nego di essere restia di fronte a dei post in cui si celebra, più che la lettura, la corsa a chi legge di più e a chi legge l’ultima novità. Che senso ha leggere cento libri all’anno? Che senso ha parlare degli audiolibri come trucchetto per leggere di più? Premesso che non sempre mi piacciono le interpretazioni dei lettori, io direi che l’audiolibro è una lettura diversa, che rifarei dopo aver letto io il libro con i miei occhi.
Che senso ha ridurre la lettura ad una routine, infarcita di assurdi inglesismi del tipo wishlist, book haul, wrap up? Questo linguaggio così piatto, che livella canali youtube di varie tipologie non è un impoverimento della sana e rinvigorente abitudine alla lettura?
Ultimamente sono sempre più convinta del fatto che la lettura sia un’attività personale, privata, intima, da vivere con riservatezza, come momento di crescita interiore: non leggo su influenza altrui, ma per una mia esigenza. Leggo talora rapidamente, talora lentamente; ora interrompo, ora lascio un libro per anni a metà, ora lo riprendo; in alcune occasioni leggo anche riviste più frivole… ma che importa?
Con ciò non voglio rinnegare alcune esperienze di lettura condivisa che davvero mi tengono compagnia piacevolmente: seguo in particolare su Twitter la bellissima pagina Sala Lettura (@SalaLettura) che, attraverso i suoi hashtag, invita alla rilettura di classici e di temi di ampia valenza umana e letteraria; seguo poi il bellissimo podcast Il posto delle parole, piacevole perché fatto alla vecchia maniera, ovvero attraverso una semplice telefonata; leggo delle riviste specializzate… vado in libreria, in biblioteca e, all’occorrenza, desidero solo spegnere tutto e immergermi in un classico. Non è sempre facile staccare tutto e mettersi a leggere… le distrazioni sono sempre ovunque: ma è un esercizio anche quello di leggere per cercare di recuperare del tempo proprio, piuttosto che sprecarlo su social che in realtà di sociale non hanno nulla.
Forse la lettura può essere un ottimo modo per avvicinarsi ad un minimalismo inteso come bastare a se stessi: aprendo le nostre librerie, troveremo sicuramente qualche volume da recuperare senza dover per forza acquistare compulsivamente novità. Il che non significa ovviamente privarsi del piacere di regalarsi un nuovo libro di un autore a noi caro. Semel in anno licet insanire. Ad esempio, proprio oggi ho ordinato Il grido di Pan di Matteo Nucci, perché questo non posso non leggerlo e non possederlo. Eppure la lettura, più che possesso, è condivisione: per quanto sia solitaria, essa abbraccia e comprende tutto in se stessa.
Buone letture e ad maiora!
Written by Filomena Gagliardi