“Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi: un personaggio in cerca di lettore
Nel 1: 14 (massima), nel 2: 7, nel 3: 10, nel 4: 13, nel 5: 7, nel 6: 5, nel 7: 5, nell’8: 4, nel 9: 5, nel 10: 10, nell’11: 7, nel 12: 6, nel 13: 8, nel 14: 5, nel 15: solo 2 (minima); nel 16: 5, nel 17: 4, nel 18: 7, nel 19: 4, nel 20: 7, nel 21: 4, nel 22: 4, nel 23: 3, nel 24: 7, nel 25 e ultimo: 3, nel 26: non pervenuto. Sono i numeri delle ricorrenze dell’espressione “sostiene Pereira”, conteggiando anche le locuzioni spezzate, cioé inframmezzate da altre vocaboli (tipo: “sostiene di aver detto Pereira”); oppure alcuni casi assoluti: “sostiene” e basta.
Quando c’è un discorso diretto, il verbo usato è: “confessò Pereira”, “Pereira rispose”, “disse Pereira”, “concordò Pereira”, “ammise Pereira”: quel reiterato sostiene è da assimilare, intuisco, senza alcuna certezza, a un dichiara ufficialmente il qui presente sig. Pereira, come se il romanzo non fosse che l’acquisizione di una testimonianza del soggetto Pereira avente valore giuridico. Alla fine del romanzo si arguisce da dove sia sorta tale argomentazione.
Pereira svolge da tempo il mestiere di giornalista, dapprima di cronaca nera, ora come esperto di letteratura, presso un giornale portoghese allineato alla compagine governativa salazariana.
“… tutta la sua carne, quella ciccia che circondava la sua anima, ebbene, quella no, quella non sarebbe tornata a risorgere…” – egli puntava alla propria “anima”, “perché era certo di avere un’anima” – beato lui! Dannato me?
Egli talvolta si scorda di fare le cose, per esempio di pagare, o di mettersi un cappello prima di uscire nella caldana, “perché lui era fatto così, che si dimenticava gli oggetti.” – un uomo in crisi, vedovo da non molto, che “aveva preso l’abitudine di parlare al ritratto della moglie. Gli raccontava quello che aveva fatto durante il giorno, gli confidava i suoi pensieri, chiedeva consigli.” – gli: al ritratto, non le: non alla moglie, che chissà se, in che modo e quando quella le dava ascolto.
Un disgraziato, del tutto squattrinato, di origine italiana, di nome Monteiro Rossi, “laureato in filosofia”, potrebbe lavorare per la rivista. Pereira gli pone una domanda cruciale: “ecco, vorrei chiedere questo, a lei interessa la morte?” – pronta risposta di quell’italo-portoghese: “a me interessa la vita” – anzi: “di morte sono stufo”, “ma se lei vuole che parli della morte e lei mi paga…” – la cosa diventa aspramente, noiosamente fattibile. Per cui scriverà necrologi di autori che hanno dato i piedi all’uscio e che ora stanno guardando l’erba dalla parte delle radici: due macabre espressioni delle mie parti per indicare chi è nel mondo dei più. Per cui deduco che noi siamo i meno.
Uno “zio” , figura che in genere incarna l’autorità della tradizione, “che era un letterato fallito”, come ce ne sono tanti, “disse: la filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.” – una rappresenta un serio tentativo di dare un senso al mondo e l’altra dà l’idea di occuparsi di fiction, ma in fondo si somigliano, magari nel mingere (espressione delle mie parti che indica poca affinità), in quanto dicono l’indicibile, af-fermando quel che mai è fermo, neanche se gli dai una mazzata.
Monteiro Rossi cita Bernanos, e lo definisce “un uomo coraggioso”, uno che “non ha paura di parlare della sua anima…” – e a questo punto mi toccherà ri-leggerlo presto, prima che sia tardi.
Pessoa: “Era di cultura inglese, ma aveva deciso di scrivere in portoghese, perché sosteneva che la sua patria era la lingua portoghese.” – io so che sono capitato per caso da queste parti, risalendo un fiume misterico, dopo di cui sono diventato italiano: fu un caso, anzi, un casino. Non so che dire.
Il neo assunto preferisce “la birra”, ma “sussurrò Pereira, se vuole diventare un buon critico deve raffinare i suoi gusti, deve coltivarsi, deve imparare a conoscere i vini, i cibi, il mondo. E poi aggiunse: e la letteratura.” – ma ora il giovane di bottega avrebbe, dice, “una cosa da confessarle ma non ho il coraggio.” – le proprie titubanze spettano però di diritto.
“Il problema è che fra noi ci deve essere un rapporto corretto e professionale, avrebbe voluto dire Pereira, e lei deve imparare a scrivere, altrimenti, se scrive con le ragioni del cuore, lei andrà incontro a grandi complicazioni, glielo posso assicurare.
Ma non disse niente di tutto questo.”
Fra i due attori non corre buon sangue, cioè, non ne scorre a sufficienza. C’è diffidenza, nonché una stima che non pare sufficiente a far sorgere quel sentimento passionale che si chiama amicizia.
“Non gli piaceva essere solo, completamente solo, senza nessuno che si occupasse di lui. Passò davanti al ritratto di sua moglie e gli disse…” – un avviso di lieve importanza.
“Il ritratto di sua moglie sorrise con un sorriso lontano.” – per quel momentaneo commiato.
Poi, “si fermò davanti al ritratto di sua moglie e gli disse…” – i suoi motivi d’ansia e “il ritratto di sua moglie gli sorrise con un sorriso lontano e Pereira credette di capire.” – la fede, quando difetta, è così dura! Quando c’è, è così pesante!
Il giovane italo-portoghese gli fa conoscere dei sovversivi, cosa di cui Pereira farebbe a meno.
Entra in scena “il dottor Cardoso”, nomen omen?, che dovrebbe occuparsi della sua salute, pinguedine e problematica cardiologica, a cui Pereira esprime alcune sue perplessità esistenziali.
Un rapporto che stavo, forse volutamente, evitando di esplicitare è quello che Pereira non può evitare di stabilire col direttore della rivista. Anzi, lo evito davvero, per protesta. Chi lo vuole conoscere, legga il romanzo di Antonio Tabucchi. Troppi fetenti simili ho incontrato in oltre quarant’anni di servizio. Glisso anche l’incontro fra Pereira e il suo confessore “padre Antonio” – poiché fatico a inquadrarlo.
Il dottor Cardoso dà dei consigli, senza mai obbligare, usando sempre il condizionale: “… dovrebbe abbandonare il suo superego, dovrebbe lasciare che se ne andasse al suo destino come un detrito.” – ma uno finisce per appassionarsi, ai propri detriti. Lo avverte che sta correndo il rischio di iniziare “a parlare con la fotografia di sua moglie.” – e quell’onesto redattore ammette di farlo già. Il dottor “Cardoso sorrise” – anche perché non lo aveva detto a caso, avendo scorto “il ritratto di sua moglie in camera sua nella clinica, disse, e ho pensato: quest’uomo parla mentalmente con il ritratto di sua moglie, non ha ancora elaborato il lutto” – ma cosa rimane da elaborare, quando tutto è stato già gestito dal destino? Secondo me bisogna solo aspettare che passi la buriana.
Intanto gli scritti del giovanotto, regolarmente inviati nonché compensati di tasca sua da Pereira, risultano uno più impubblicabile dell’altro, essendo, in modo palese, tutti in contrasto con lo statu quo. Non sarebbero graditi da quell’infame regime che incombe sul popolo a mo’ di avvoltoio.
“E lei lo licenzi, dottor Pereira, disse il direttore, cosa se ne fa di un praticante che non sa scrivere e che va in vacanza.” – no, non è che non sappia scrivere: non intende adeguarsi al Potere.
“Avrebbe avuto voglia di parlare con il ritratto di sua moglie, ma rimandò la conversazione a più tardi.” – tanto sempre là stava, appeso come ‘na cuccuvàia.
Pereira sistemò alcuni documenti “proprio dietro al ritratto di sua moglie. Scusa, disse al ritratto, ma qui non verrà nessuno a guardare, è il posto più sicuro di tutta la casa..” – non è detto però che un luogo sia sicuro in senso assoluto. Non ce n’è, di simili, al mondo.
Entra una banda: “… erano tre uomini vestiti con abiti civili e che erano armati di pistole. Il primo che entrò era un magrolino basso…” – il capo del trio, che ogni tanto lo prende in giro per la sua (eufemismo) eccessiva floridezza. E che “lo colpì con la pistola”, in reazione a “uno schiaffo”.
Dopo di cui, successo un patatrac, il commando se ne esce.
Assassini!
Erano venuti “per dare una lezione di patriottismo” – questo cancro che continua ad affliggere l’umanità, foriero di ammazzatine e di conflittini, di morte e nulla più. Disse una volta Groucho, l’assistente personale di Dylan Dog: Mpf… nessuno è un patriota quando si tratta di pagare le tasse, ma, aggiungo io, tanti lo diventano quando si tifa per una squadra di calcio o per una coalizione belligerante di stati. A questa miseria umana siamo ridotti.
“E pensò che doveva fare presto, molto presto, ormai non c’era più tanto tempo, sostiene Pereira.”
Pereira ha un’idea pericolosa, sente che non può rinunciarvi, anche in nome di quel sentimento che stava sviluppandosi fra lui e il quasi fallito e sovversivo praticante.
Ma “era meglio affrettarsi, il ‘Lisboa’ sarebbe uscito fra poco e non c’era tempo da perdere, sostiene Pereira.”
L’autore, nella Nota finale, dice che Pereira “era solo un personaggio in cerca d’autore.” – anche di lettore, sostengo io. Ho sempre pensato che, in casi simile a quelli narrati, io fuggirei vilmente.
Il pregio di quest’opera essoterica è che mi sta sorgendo qualche dubbio sulla mia vigliaccheria, sostiene, fortemente dubbioso, Pioli.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Feltrinelli, 1995