Giuseppe Augusto Levis: il dinamismo dell’artista di Chiomonte

Chiomonte, comune dell’alta Val di Susa lungo il percorso della storica Via Franchigena, purtroppo noto soprattutto per i lavori della TAV e le relative violente proteste, pur soffrendo un progressivo calo di residenti, ormai meno di mille, mal compensato dal crescente movimento turistico, conserva la bellezza rude e romantica dei borghi alpini.

Giuseppe Augusto Levis
Giuseppe Augusto Levis

Suggestive le sue fontane di pietra, dove l’acqua sgorgava fresca e generosa anche nei più torridi giorni di questa estate feroce.

Vivace, con la propria lingua e i propri costumi, è la comunità occitana; a chi fosse interessato, consiglio la pagina Facebook La Rafanhauda, “La revista de critica, cultura e estudis publiaa per l’Associacion culturala Renaissença Occitana.”

La Pinacoteca Civica di Chiomonte ospita in quattro sale del cinquecentesco Palazzo Paleologo le opere di Giuseppe Augusto Levis, a cui è dedicata.

Levis, nato a Chiomonte nel 1873 e morto nel 1926 a Racconigi, nel proprio testamento ha destinato in parti uguali alle due cittadine i suoi lavori, perché venissero esposti al pubblico; attuare le sue volontà è stato un percorso travagliato ed è solo dal 2008 che, a Chiomonte, la Pinacoteca Civica ne permette la visione ai visitatori.

Le opere di Levis sono oli su tavolette di legno, tecnica che il maestro preferiva alla tela.

Figlio di un’agiata famiglia di origini biellesi, Giuseppe Augusto frequenta giurisprudenza a Torino, ma dal 1888 si dedica soprattutto alla pittura. Segue la scuola di Lorenzo Delleani, famoso per il suo tocco rapido e sicuro, che cerca en plein air le luci più adatte, inseguendole e studiandole nel cambiare dei giorni e delle stagioni. Questi insegnamenti contraddistinguono le opere giovanili di Levis.

Nel 1899 si sposa con Maria Teresa Biancotti, inizia la carriera diplomatica e viene eletto sindaco della sua città natale, dove lascerà un ricordo profondo, dimostrandosi capace amministratore e generoso filantropo; nel 1918 erige a sue spese l’Asilo Infantile. Resterà in carica come sindaco per più di vent’anni.

Nel 1901 si trasferisce a Racconigi, entrando in contatto con la famiglia reale dei Savoia, che spesso lo invita nello splendido Castello, inserito tra i Patrimoni dell’Umanità dall’Unesco.

Molti i suoi viaggi di lavoro e piacere, che gli permettono di conoscere nuovi paesaggi e ambienti. Nel 1909 è in Olanda, nel 1912 in Libia, nel 1913 in Russia, alla corte dello Zar Nicola II.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, pur avendo più di 40 anni, si arruola con entusiasmo nell’esercito, ottiene la Croce al merito, ma lascia del conflitto una testimonianza visiva cruda e disincantata di distruzioni, sofferenze e fatiche.

I suoi ultimi anni lo vedono impegnato con generosità a favore della società e soprattutto delle giovani generazioni, di cui cerca di favorire la crescita culturale.

Una polmonite pone fine alla sua vita nel 1926.

Gli insegnamenti del Delleani sono evidenti nell’opera del 1906 “La veste rossa (Costume di Gressoney)”; la modella, la moglie del pittore, vestita con un abito tradizionale, è di schiena, non in primo piano. Nelle sue tavole il maestro considera la presenza umana, quando c’è, come una semplice componente dell’ambiente; quello che ha valore sono gli spazi, le luci e i colori.

Altra sincera testimonianza del mondo contadino e della valle di Susa è “L’Angelus nei campi” del 1901, opera un po’ scolastica, ma di grande poesia.

Dei suoi lunghi viaggi prima della Grande Guerra, Levis traccia un diario pittorico, che è un trionfo di atmosfere nuove e meravigliose. Scelgo quasi a caso tra le tante opere:

“Chiatte alla fonda in canale Olandese” è un gioco di chiaroscuri, di riflessi, di tinte bruno-dorate, che si disegnano in un’atmosfera fredda di nebbie e pioggia.

In “Tre arabe in preghiera”, il fascino dell’Africa è entrato nel cuore e negli occhi di Levis. Ha scoperto una nuova realtà, chiarori di fuoco che confondono la terra e il cielo. Riconosce che il legame tra l’uomo e la natura/dio si manifesta uguale tra le verdi montagne di Chiomonte e la sabbia accecante del deserto.

“La tomba del Marabutto”, opera anche questa che testimonia con rispetto e senza ipocrisia, siamo in anni dove la colonizzazione italiana della Libia è violenta e feroce, la cultura araba e le sue tradizioni.

“Sulla riva della Neva” ci trasporta lontano, in Russia, a cogliere la luminescenza bianca che avvolge gli splendidi palazzi di quel potere zarista che, pochi anni dopo, sarebbe stato travolto dalla rivoluzione bolscevica.

La Grande Guerra, cui Levis partecipa all’inizio con entusiasmo, si dimostra un’esperienza tragica e dolorosa. Le tavolette di legno mostrano ruderi sventrati dai colpi d’artiglieria, fanti a capo chino stremati dalla fatica e dall’angoscia, reticolati che difendono dal nemico e, al tempo stesso, che impediscono di avanzare. Quei campi che la pazienza contadina aveva reso fertili e vivi, ora sono devastati, scavati da trincee, fumanti e improduttivi.

Dopo questa prova il pittore torna con la moglie alla ricerca della tranquillità; alle sue vallate native si aggiungono altri panorami delle Alpi e in particolare le Dolomiti.

Il suo stile pittorico diventa più aggressivo, le pennellate violente e i contrasti accesi. La presenza dell’uomo scompare, è la montagna a dominare con la forza incontrollabile di una divinità pagana. La natura in passato così serena e amica, tende a diventare matrigna, ostile, ignota.

Pinacoteca di Chiomonte - Photo by Marco Salvario
Pinacoteca di Chiomonte – Photo by Marco Salvario

Un mio ringraziamento speciale va al personale che gestisce la Pinacoteca di Chiomonte, per avermi accompagnato durante tutta la visita con disponibilità, competenza e passione davvero preziose.

La Pinacoteca ospita, inoltre, le fotografie di G. A. Levis, mostre temporanee, la ricostruzione di un’aula dell’Asilo Infantile di Chiomonte e il nucleo iniziale di quello che, si spera, sarà una Collezione Etnografica volta a salvaguardare le radici storiche del paese.

Voglio, per finire, ricordare il vicino Museo La Latteria, piccolo e interessante, dove con grande delusione ho scoperto che i bei formaggi esposti, davvero realistici, erano realizzati in legno.

 

Written by Marco Salvario

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *