Silvia Beccaria: gli arazzi moderni per recuperare le vestigia del passato

Scomporre le vestigia del proprio passato, ridurle a frammenti, a strisce sottili, e, solo allora, cominciare il processo inverso, quello della creazione, tessendo, intrecciando, unendo.

Silvia Beccaria - opera - Il suono del silenzio
Silvia Beccaria – opera – Il suono del silenzio

Quella che riemerge, è una storia intima e personale, perché attinge ai quaderni dell’infanzia con i disegni e i faticosi esercizi di scrittura che i genitori, soprattutto le mamme, conservano come ricordi preziosi, insiemi ai riccioli di capelli o ai dentini persi; reliquie per loro e per i figli che, una volta diventati adulti, potranno rivivere i primi passi della loro vita.

Oppure è una storia che si nutre smembrando a pagina a pagina i vecchi volumi custoditi negli scaffali, perché su di loro sono stati fatti sogni e progetti; le mappe stradali del Turing Club, ormai è passato più di un secolo dalle prime pubblicazioni, dove i nostri padri o i nostri nonni hanno pianificato ardimentosi viaggi in un’Italia arretrata, giovane e contadina.

Questo materiale antico della sua famiglia, Silvia Beccaria, artista torinese, lo recupera e lo trasforma con grande creatività. Prima lo spezza in tasselli e nastri, dopo lo compone in opere nuove, tessendolo realmente su un antico telaio in legno, con un’abilità tecnica e artistica perfezionata in molti anni di esperienza.

Perizia, arte, intuizione, pazienza.

Il risultato sono arazzi moderni, spesso tridimensionali, fragili come è fragile la nostra natura, il nostro ricordare l’infanzia, il ritornare agli affetti dei nostri primi anni.

Carta antica come materiale, intrecciata con fili di nylon e, a volte, arricchita con colori a tempera o acrilico.

Tessitura a mano artigianale, reinventata in chiave contemporanea.

Silvia Beccaria ha conseguito una laurea in Filosofia, un master in Arte-terapia e, per anni, si è occupata dell’arte come strumento di istruzione e riabilitazione. Il suo metodo, pur non mancando di collegamenti con correnti creative e psicologiche moderne, ha una sua originalità e una concettualizzazione nuova e indipendente.

Le sue opere sono un dialogo a più livelli, un racconto con il quale ci racconta di sé e al tempo stesso ci porta a riflettere su noi stessi, in un continuo alternarsi di monologo e dialogo, di musica e silenzio.

La galleria Riccardo Costantini Contemporary, da pochi mesi trasferitasi nella nuova sede torinese di via Goito, a poca distanza dalla stazione ferroviaria di Porta Nuova e da casa mia, ha ospitato dall’8 giugno al 29 luglio 2023 la mostra “Silvia Beccaria – Ascoltare anche ciò che manca”, organizzata da Olga Gambari, curatrice indipendente, critica d’arte e giornalista; scrive attualmente per “la Repubblica”. Le opere presentate coprono la produzione degli ultimi anni, dal 2020 al 2023, un periodo durante il quale l’artista ha voluto fissare i punti di arrivo delle proprie attuali esperienze.

Mi soffermo su alcune delle opere a mio parere più rappresentative.

“Percorsi” del 2020, dove la materia prima sono le storiche mappe del TCI sopra citate; tragitti suggeriti e negati, strade che ormai saranno diventate autostrade o super strade, città cresciute per accogliere una popolazione italiana raddoppiata e in gran parte migrata dalle campagne alle grandi metropoli.

Il 2020 è anno di lockdown, i viaggi negati diventano ricordi, momenti di svago che la nostra fantasia cercava di recuperare dal passato, mentre ci si chiedeva se e quando la pandemia sarebbe stata superata. Le case erano prigioni, arresti domiciliari, e “Percorsi”, nella sua trama principale, disegna le sbarre di una cella. Un’opera che non solo richiama la sofferenza claustrofobica, ma ne è testimonianza dolorosa e smarrita.

Del 2022 è “Il suono del silenzio”; qui la base sono antichi spartiti musicali, intrecciati e modellati in rotoli che, affiancati e collegati, richiamano le canne di un organo.

Sembra di sentire riecheggiare, in un’atmosfera religiosa, un suono muto. La musica è riscoperta e canto di libertà, ma si rivolge a un’umanità inquieta, che se sembra avere finalmente sconfitto la paura della malattia e dell’isolamento, pur non potendo cancellare la tragica scoperta della propria fragilità, vede arrivare un altro dramma e divampare quella guerra sotterranea, che dal 2014 covava ipocritamente alimentata da interessi di poteri trasversali, tra Russia e Ucraina.

Un suono d’organo, forse un Te Deum, forse una musica funebre. Una sinfonia che vorrebbe unire, levarsi verso l’alto, ma che resta silenzio, inudibile e bassa vibrazione.

Un’opera che è scultura e che non nasconde la propria struttura grezza, anzi la esalta, lasciando esposti i fili dell’intreccio e la natura invecchiata e lacerata del materiale.

Silvia Beccaria - opera - Percorsi - Photo by Marco Salvario
Silvia Beccaria – opera – Percorsi – Photo by Marco Salvario

Simile come messaggio è “Assenza”: il tentavo di costruire in un mondo sereno che tanto si desidera, l’armonia, la fratellanza dell’umanità; una speranza che subito si perde e smarrisce. Non c’è quello slancio che dovrebbe collegare i filamenti tra di loro, lo spartito è interrotto, manca la continuità fisica del rigo e la volontà di ricostruire dell’artista. Del progetto di recuperare il passato resta soltanto lo spettacolo di frammenti interrotti, perduti e sempre più in disfacimento.

Il presente che stiamo vivendo è vuoto, i tasselli sono consumati e indecifrabili; i riferimenti del passato sono andati perduti e non abbiamo valori nuovi e veri su cui costruire. Non è neppure l’odio a vincere, solo l’impotenza e la rassegnazione.

L’umanità si è persa in una decadenza senza ritorno, senza memoria.

 

Written by Marco Salvario

 

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