“In dialogo con Carl Gustav Jung” di Aniela Jaffé: la verità storica sui diritti d’autore dei colloqui

“Freud è stato un intellettuale, Jung un maestro.” ‒ Luigi Zoja

In dialogo con Carl Gustav Jung di Aniela Jaffé
In dialogo con Carl Gustav Jung di Aniela Jaffé – Photo by Kairos Film Foundation

Lo psicoanalista Luigi Zoja, nella Prefazione al libro In dialogo con Carl Gustav Jung” di Aniela Jaffé edito da Bollati Boringhieri nel 2023, principia con la doverosa differenza fra i due più grandi psicoanalisti del Novecento: Sigmund Freud (1856 – 1939) e Carl Gustav Jung (1875 – 1961).

Le biblioteche sono ricche di saggi del rapporto fra i due: un’amicizia nata dalla comune passione verso la psiche interrotta per l’avvio da parte di Jung di un percorso differente e per certi versi contrastante, di cui fu complice anche la discorde interpretazione del famoso caso del giurista e scrittore Daniel Paul Schreber (1842 – 1911) che, nella sua opera principale “Memorie di un malato di nervi”, trattò delle due volte in cui è stato malato di nervi “in seguito a una fatica intellettuale eccessiva.”[1].

Luigi Zoja presenta la diversità di intento che intercorre fra un intellettuale ed un maestro ascrivendo Freud fra gli intellettuali/accademici per la sua disposizione alla creazione di un sistema teorico teso al principio di non contraddizione[2], e Jung fra i maestri/sapienti per l’innata capacità di trasmissione del suo “essere”.

“In dialogo con Carl Gustav Jung” è un saggio composto da materiale inedito tratto dalle conversazioni della psicoanalista Aniela Jaffé[3] (1903 – 1991) con l’ormai ottantaduenne Jung. Cinque anni di colloqui (inizialmente ogni venerdì pomeriggio) trascritti da Jaffé e pubblicati nel volume “Ricordi, sogni, riflessioni” nel 1962 successivamente alla morte di Jung avvenuta il 6 giugno del 1961.

Con la presente La autorizzo a utilizzare, a Sua Ragionevole discrezione, gli appunti dei colloqui avuti con me, Le consento di perfezionare e completare i Suoi appunti mediante stralci e parti di miei appunti autobiografici che io non ho voluto pubblicare nelle mie Opere in quanto non rivestono carattere scientifico.” ‒ dalla lettera di Jung a Jaffé del 21 ottobre 1957

L’editore Kurt Wolff (1887 – 1963), per diversi motivi di cui si potrà leggere ampiamente nel saggio, non volle includere nella biografia corpose parti dei Protocolli che Jaffé inviò man mano durante il lavoro di stesura (materiale che fu poi trafugato). Altre parti sostarono senza forma nelle carte della Jaffé sino al 1977-1978 quando, ormai in età avanzata, la psicoanalista completa una sorta di appendice al “Libro dei ricordi” (così amichevolmente chiamato) intitolandolo “Lame di luce” (il nostro “In dialogo con Carl Gustav Jung”) che avrà quasi la stessa sorte del primo.

“Di giorno, comincio a pensarci sempre di meno, ma i sogni vi fanno sempre riferimento. Un segno di quanto io sia ferita profondamente? Il fatto che mi domando: perché non riesco a tollerarlo? Perché la verità è così importante per me? Dato che i Protocolli saranno under restriction per dieci anni, e quindi inaccessibili, di essi non mi importa comunque più nulla, io sarò morta prima di poterli vedere. Perché questa smania di segretezza? Perché continuano questi tentativi di eliminarmi?” ‒ dal diario privato di Aniela Jaffé, ottobre 1983

La conoscenza di Robert Hinshaw della casa editrice Daimon Verlag, incaricato da James Hillman (1926 – 2011) di tradurre in inglese una conferenza di Jung, portò in casa della Jaffé una ventata di freschezza, la collaborazione divenne ben presto una solida amicizia tanto da trasferire nel 1986 i diritti allo stesso: “Cedo al dottor Robert Hinshaw i diritti d’autore relativi alle trascrizioni da me eseguite alle condizioni menzionate da C. G. Jung nella suddetta lettera”.

Dal 1978 si riuscirà a pubblicare il presente volume solamente nel 2021 (con la Daimon) ed è da considerare un vero e proprio dono che, similmente al successo del “Libro Rosso”, sta già riscuotendo ammirazione non solo perché illumina su alcuni dettagli della personalità di Jung[4] ma per la presenza della verità storica sul caso dei diritti d’autore di Aniela Jaffé che, per decenni, è stata considerata una sorta di stenografa.

“Jung non mi ha mai dettato neppure una riga, ma ha sempre parlato a ruota libera, lasciandomi libera di trascrivere quel che volevo. Di tanto in tanto ponevo domande oppure lasciavo cadere qualche osservazione e di rado capitò l’intervento di terzi che si trovavano presenti.” ‒ Aniela Jaffé

Aniela Jaffé - Photo by Jean Dreyfus - Montagne svizzere
Aniela Jaffé – Photo by Jean Dreyfus – Montagne svizzere

I sessanta dialoghi presentati in “In dialogo con Carl Gustav Jung” son suddivisi in quattro aree tematiche, comprendenti svariati sottocapitoli, così denominate: Personalità ed esperienza di vita; Attività medica e analitica; Vita terrena e aldilà; Immagine dell’uomo, immagine di Dio e visione del mondo; segue nella seconda parte del volume il Commento storico della psicoterapeuta Elena Fischli (collega di Hinshaw nella Daimon Verlag).

Ci si soffermerà sulla presentazione e sull’esame di documenti dell’epoca e di testimonianze dei principali interessati per chiarire sia aspetti essenziali della complessa genesi delle due opere biografiche elaborate da Jaffé, sia anche la tormentata dinamica tra i diversi protagonisti. Questo commento, inoltre, con la sua analisi storico-letteraria si prefigge di dare una voce e un volto a una donna che è stata sovente sottovalutata o addirittura svilita. Perciò verranno affrontati più in dettaglio la sua biografia, gli importanti stimoli culturali da lei ricevuti e la sua collocazione sociale.‒ Elena Fischli

Dal lavoro compiuto da Elena Fischli si potrebbe trarre una sceneggiatura per un film sugli ultimi anni di Carl Gustav Jung alle prese con la “cosiddetta biografia” così anche da poter dare il giusto rilievo intellettuale e storico ad Aniela Jaffé che ha dovuto subire le prepotenze dell’editore Kurt Wolff, dei traduttori, di persone esterne al progetto e degli editori successivi.

Nel sostenere che in questo manoscritto non si tratterebbe di un lavoro mio, ma di Jung, si ripete il tentativo di togliermi di mezzo, che ho già vissuto in passato in occasione della pubblicazione del Libro dei ricordi.” ‒ lettera del 1981 di Aniela Jaffé a Mathis Baechi

Elena Fischli ha reso avvincente ogni dettaglio della tormentata vicenda che ha riguardato la pubblicazione di “Ricordi, sogni, riflessioni di Carl Gustav Jung”. Il lettore troverà colpi di scena, inganni, soprusi, persone morte prematuramente, sottrazioni di protocolli, svariati tentativi di manipolare le intenzioni di Jung e Jaffé.

“Se Jung segue su alcuni punti le mie proposte, ciò significa soltanto che io lo conoscevo meglio.” ‒ lettera di Aniela Jaffé a Kurt Wolff, 1958

“Il nuovo progetto sarebbe, per così dire, un colpo mortale inferto a Kurt e […] al libro stesso, in vista della sua possibilità di aver successo.” – lettera di Helene Wolff ad Aniela Jaffé, 1958

“Sarebbe temerario perpetuare questo stato grezzo, non rifinito, del manoscritto.” ‒ dal memorandum di Wolfgang Sauerländer per Helene Wolff, 1958

Aniela Jaffé è stata metodica nella sua attenta composizione avendo ricercato con caparbietà la sua strada nella “giungla di ricordi” di Jung; infatti, ha inserito le date precise degli incontri, talvolta contestualizzando l’esposizione di Jung con qualche riga di commento così da direzionare ed accogliere il lettore in modo genuino.

I ricordi, così elaborati, si presentano come brevi frammenti di conversazioni che spaziano dalle letture dell’infanzia all’alchimia, dai racconti delle cene ricordi con personaggi celebri (come, ad esempio, Albert Einstein) ai sogni sotto effetto dell’influenza spagnola, dalle confessioni di aneddoti sulla famiglia alle impressioni del viaggio in Africa, dalla concezione della vita dopo la morte al sapere conscio ed inconscio dell’uomo.

“[…] A suo tempo ho tenuto alto il vessillo di Freud e sono sceso nell’arena, ma mi sono spinto solo fin dove potevo ancora sostenerlo di fronte a me stesso. Sin dall’inizio ho avuto una reservatio mentalis rispetto alla sua concezione della sessualità. […]” ‒ 19 marzo 1958, Carl Gustav Jung

[…] Dalla storia americana si vede bene come gli americani siano privi di sostrato, non siano agganciati a elementi storici. In mancanza di una coscienza storica, essi tendono anche troppo facilmente a sopravvalutare la scienza e la tecnica, con conseguenze, per alcuni aspetti, deleterie. […]‒ 19 settembre 1958, Carl Gustav Jung

Carl Gustav Jung ed Aniela Jaffé - Photo by Margarethe Fellerer
Carl Gustav Jung ed Aniela Jaffé – Photo by Margarethe Fellerer

“[…] Io non sono un poeta filosofo come Nietzsche, che credeva alla sua creazione visionaria spontanea. Io ho sempre detto: qualcosa ha parlato in questo modo, non io. Io lo ascolto soltanto e purtroppo la mia capacità di recepire è scarsa. Allora fui semplicemente scagliato in quel flusso e mi sentivo come se ci fossi immerso. […]” ‒ 12 ottobre 1957, Carl Gustav Jung

“[…] Sono convinto che la parola «Allah» sia di per sé un’invocazione simile all’«Om» dell’India. Om esprime una totalità, mentre Allah esprime un assoluto struggente desiderio. L’Om risulta più vicino al mio sentire europeo. È meditativo, contemplativo, mentre Allah esprime qualcosa di completamente diverso. È eros e sentimento. […]” ‒ 24 aprile 1959, Carl Gustav Jung

“[…] Perciò gli alchimisti dicevano, per esempio, della loro Pietra, il lapis philosophorum che essi cercavano, che essa aveva mille nomi: habet mille nomina. E persino mille nomi non erano sufficienti a esprimere il suo mistero, il mistero della totalità. […]” ‒ 13 marzo 1958 Carl Gustav Jung[5]

 

Written by Alessia Mocci

 

Note

[1] Daniel Paul Schreber, Memorie di un malato di nervi, Adelphi, 1974, curato da Roberto Calasso, p. 54

[2] Nel dettaglio Zoja scrive: “Freud era, per così dire, prudente nel senso che quanto pubblicava doveva lasciargli la possibilità di essere un giorno completato senza contraddirsi”. Ma l’intento di Freud, come di qualsiasi altra persona intenzionata a trattare di psiche, fallisce. Ad esempio, nel libro più celebre di Freud “L’interpretazione dei sogni” malgrado gli sforzi dello psicoanalista nell’inserire, più volte negli anni, postille e note si percepiscono contraddizioni perché tendere all’oggettivo è di per sé una “rovina”. Nel libro sopracitato (edizione Mondolibri su licenza Boringhieri) si legge nel capitolo “Il lavoro onirico” a pagina 364: “Quanto più ci si occupa della soluzione dei sogni, tanto più si deve essere pronti a riconoscere che la maggior parte dei sogni di adulti tratta materiale sessuale e porta a espressione desideri erotici.” e successivamente a pagina 365 “L’asserzione che tutti i sogni esigono un’interpretazione sessuale ‒ contro la quale si polemizza instancabilmente nella letteratura ‒ è estranea alla mia Interpretazione dei sogni.” Leggendo il libro si percepisce chiaramente la volontà del continuo sottolineare le dinamiche erotiche che intervengono nei sogni, talvolta in modo palesemente forzato, e ci si trova straniti nelle note in cui lo psicoanalista ‒ a causa di aspre critiche successive alla pubblicazione del libro ‒ nega, invece, questo incedere. Detto questo bisogna tenere ben presente che le abitudini sessuali della società del tempo in cui è stato pubblicato “L’interpretazione dei sogni” erano ben diverse da quelle attuali che manifestano più libertà di intraprendere rapporti qualsiasi sia l’orientamento preso ad oggetto (e, dunque, senza necessità di rimozione e di tutti i meccanismi del sogno strutturate in modo straordinario da Freud). Il tema è ricco e questa non è la sede appropriata, ci saranno in futuro ‒ deo concedente ‒ altri spazi su Oubliette.

Aniela Jaffé citazioni
Aniela Jaffé citazioni

[3] Aniela Jaffé è ebrea, sono significative le parti che trattano della situazione che la portò a fuggire dalla Germania per stabilirsi in Svizzera e di come abbia iniziato la collaborazione/amicizia con Carl Gustav Jung. Non sono mancate le “critiche” da parte della Jaffé per “il fatto che lui, nel 1933, sottolineasse la singolarità ebraica, e avesse messo nel programma scientifico le differenze nella psicologia delle razze” seppur non fu mai nazionalsocialista né antisemita, ed anzi aiutò la Jaffé nei momenti difficili durante la Seconda guerra mondiale.

[4] Si potranno conoscere tutte le difficoltà incontrate per la pubblicazione dei due libri tramite le parole di Aniela Jaffé, Robert Hinshaw e soprattutto tramite il lungo ed interessante commento di Elena Fischli.

[5] “Vi raccomando di intendere tutto ciò con un grano di sale, perché non vi capiti di sbagliare troppo spesso prendendolo alla lettera. Abbiamo intessuto sottigliezze filosofiche con ingenuità così insolita, che se non hai indovinato le molte metafore dei capitoli precedenti, è difficile che tu raccolga altra messe che perdita di tempo, come, per esempio, quando abbiamo detto senza nessuna ambiguità che uno dei principi è il mercurio e l’altro il Sole. Che uno si può comprare mentre l’altro va fabbricato per arte.” Eireneo Filalete,Opere, Edizioni Mediterranee, p. 64

 

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