“Meno, molto meno” poesia di Moniza Alvi: il dolce canto del commiato

-“Il traduttore scioglie i nodi coi denti.
Tradurre è intrecciare fili seguendo nuovi patterns,
è giocare con i fili mettendosi in gioco.” ‒ Nasi 18

Moniza Alvi - poetry - Meno molto meno
Moniza Alvi – poetry – Photo from Ilkley Literature Festival

Meno, molto meno” della poetessa inglese Moniza Alvi, qui proposta in esclusiva per gentile concessione dell’autrice nella traduzione inedita del poeta friulano Federico Ielusich, è stata pubblicata per la prima volta in Inghilterra nel 2018 all’interno della raccolta Blackbird, Bye Bye di Moniza Alvi (Bloodaxe Books). Successivamente nel 20019 è stata tradotta in italiano da Pietro Deandrea per la pubblicazione della traduzione italiana della suddetta raccolta poetica e pubblicata da Interno Poesia Ed. nella collana Interno Books.

Moniza Alvi (n. 1954) è una delle più apprezzate poetesse britanniche contemporanee. Di padre pachistano e madre inglese, Alvi ha scritto e continua a scrivere di questa sua doppia identità. Allo stesso tempo, Alvi può considerarsi un’autrice “postcoloniale” sui generis (Shehata 169). Più che concentrarsi su temi tipicamente “Black British”, come il rapporto tra identità e potere o l’ibridismo delle seconde generazioni, infatti, parte dei suoi versi è caratterizzata da una vena surreale e visionaria (King 307) che va oltre specifici riferimenti spaziali, temporali e culturali, e che talvolta sembra sfidare le capacità interpretative del lettore. La cifra visionaria arriva a toccare anche la dimensione del quotidiano, investendo il prosaico di qualità sovrannaturali se non magiche. Alvi colpisce per il suo talento nel creare metafore, simboli, e immagini complesse e affascinanti. Nella sua postfazione a Un mondo diviso, Paola Splendore fa riferimento all’Italo Calvino delle Lezioni americane e al suo concetto di leggerezza per inquadrare il tono del verso di Alvi “che trasforma in immagini bizzarre la realtà più ordinaria, polverizzandola in visioni oniriche e fantastiche, e alleggerendo così la precarietà e il peso del vivere” (Splendore 181).

La raccolta poetica Blackbird, Bye Bye di Alvi è incentrata sulle figure dei genitori dell’autrice, la raccolta tocca temi importanti e potenzialmente grevi come la definizione delle proprie origini e radici culturali, ma anche questioni più metafisicamente universali come vecchiaia, malattia e morte. Come tipico della poesia di Alvi, ci sono ripetuti sconfinamenti nel metafisico, nell’onirico e nell’aldilà che, grazie anche al loro tono beffardo, contribuiscono a conferire (ancora una volta) un tono di leggerezza ai versi. Questo alleggerimento è accentuato (ed incarnato) dall’immagine metaforica che ricorre nel volume: la descrizione dei genitori come due uccelli, “Motherbird” e “Fatherbird”, cosicché buona parte della poesia gioca su un doppio livello semantico, descrivendo allo stesso tempo la dimensione sociale degli umani e quella naturale dei volatili, il cammino e il volo.

“Meno, molto meno” di Moniza Alvi

Lui a stento proferì parola
solo…                   due –
o forse si potrebbe dire una

l’ultima cosa
che disse
fu: ciao, ciao…

piume remiganti
screziate, come crini
con raggi concatenati

di suono
addio serrato
in una bava d’aria

le due parole congiunte
alla deriva
su di un placido lago

che stava           – là
con un solo scopo –
accogliere parole postreme

e lasciarle
esalare – via sulla superficie
oltre e oltre

sul lago del pensiero
e della compostezza
un castone di cime

la semplice espressione
si librava verso l’alto
alla vetta eletta

dove sarebbe stata infissa
come un vessillo
e infine consacrata

ogni identica parola in cauto
equilibrio su ambo i lati
del raccordo invisibile  ̶

come parlato puerile
con equa enfasi
scandì ogni parola

il suo volto era segnato
e il suo becco
assai protruso

non ci sono mai state
due parole unite
così soffuse di tanto spazio

sgombra tutti i miei guai e cure
accendi la luce
arriverò tardi stanotte

merlo         ciao ciao
ciao…

Breve nota critica alla lettura del traduttore                                                             

Questa poesia dolce, sottile, profonda e allo stesso tempo straziante di Moniza Alvi, con cui si conclude la raccolta Blackbird, Bye Bye, è incentrata sul tema del trapasso e dell’estremo saluto al padre morente della poetessa, affetto da demenza da molti anni. Nel testo Alvi propone più volte in chiave metaforica/simbolica l’immagine del merlo che, in alcuni punti, richiama la figura paterna (“metafora specifica”), e altrove – in senso più lato – diviene il simbolo della migrazione/ritorno dell’anima come essere psicopompo/ultrafanico portatore di conoscenza dell’Oltre (“metafora generica”) oppure come simbolo d’amore e sofferenza. Compare il leitmotiv della dimensione ultraterrena come lente per incunearsi nelle pieghe del vivente, benché vi sia anche descritto il silenzio impotente della morte e il ricordo sofferente della figura paterna. Altro leitmotiv è il viaggio, la migrazione individuale o familiare talvolta collettiva o nel tempo (ritorno fantastico del padre ai tempi della giovinezza). Tuttavia Alvi lascia spazio a un possibile incontro padre/figlia nella dimensione onirica, altro spazio tipico della poetica dell’autrice che si fonda spesso su ipotesi “what if”, come scrive King.

Ovviamente c’è anche un’evidente citazione di una parte del testo della nota canzone del 1924 “Bye Bye Blackbird” di M. Dixon e R. Henderson (brano evergreen diventato molto famoso negli anni ’60 con M. Davis, una canzone di cui numerosi cantanti e musicisti hanno dato una propria interpretazione) come postrema ninna nanna al padre che sta esalando l’ultimo respiro (dolce e straziante atto di pietas umana) e forse un richiamo sia ai ricordi giovanili del padre dell’autrice affetto da demenza, sia al vissuto personale del rapporto padre/figlia. La poesia si conclude con un bye/ciao pronunciato dal padre esalando l’ultimo respiro. Un bye/ciao che accoglie in sé un intero universo simbolico, emotivo ed empatico dato che con esso si conclude sia la poesia “Less, Much Less” sia l’intera raccolta poetica che la ospita. Un ciao che accoglie e condensa l’essenza del padre e della raccolta poetica e tutta un’esperienza di vita come figlia e poetessa. Il tutto viene enfatizzato dall’autrice tramite una sofisticata ridondanza fonetica ovvero la triplice allitterazione della lettera b (bye bye /bye).

In un certo qual modo questa poesia richiama alcune poesie di Rabindranath Tagore o la poesia “Itaca” di Costantino Kavafis dove Itaca rappresenta le conoscenze “alte”, il mondo altro, il divino o l’aldilà, la conclusione di un viaggio o della vita stessa. Per Moniza Alvi, “Itaca”, è la terra del Pakistan con i suoi laghi a specchio incastonati fra le vette delle montagne sacre, vette dove lo spirito paterno troverà la pace eterna (morte/migrazione/ritorno/scalata della montagna/deriva/soffio che aleggia sulla superficie delle acque). Per l’autrice il Pakistan è il paese a cui sente di appartenere mitico e fiabesco. Un ideale che la poetessa ha costruito nel corso dell’adolescenza a misura dei propri sogni in contrapposizione alla noia della vita nella campagna inglese. Secondo una doppia lettura semantica in questa poesia come in “Motherbird Can’t Fly” si riscontra l’opposizione tra il volo reale e quello più metaforico per indicare il cammino (della vita), con la morte in attesa all’orizzonte del limine vitae/mortis.

Per quando riguarda il testo in lingua inglese l’autrice utilizza un metro giambico e parole mono-bi-trisillabiche in prevalenza. L’uso di parole monosillabiche è una raffinatezza linguistica impossibile da mantenersi in lingue come l’italiano, dove i monosillabi sono l’eccezione. In poesie così scarne e apparentemente semplici come questa si nascondono trappole in cui il traduttore, proprio perché il suo compito sembra semplice, rischia di cadere. Per dare un esempio della grandissima abilità della poetessa si vada al primo verso della terza stanza della poesia in cui l’utilizzo di pattern fonetici in [s] e [f], difficili da rendere in italiano, sembrano animare e danno idea di leggerezza alle piume descritte dall’autrice (i capelli bianchi – brizzolati del padre morente). Altro esempio di insidia è rappresentato dall’uso frequente del doppio livello semantico.

Nel corso della traduzione in lingua italiana per rendere al meglio i significati reconditi e profondi esplicitandoli nonché per sottolineare il pathos di certi passaggi ho preferito utilizzare parole in italiano mono-bi-trisillabiche, anche utilizzando termini aulici e forse un po’ desueti rispetto al linguaggio utilizzato dalla poetessa nel testo originale, ricorrendo a volte a una modifica dei segni di interpunzione e della spaziatura delle singole parole nel verso.

In taluni punti qua e là, per le finalità già indicate, ho inserito, permettendomi delle “licenze poetiche”, delle traduzioni leggermente diverse rispetto alla traduzione “letterale” del testo in lingua inglese della poesia anche facendo ricorso alla figura retorica della metonimia dove possibile. In casi come quelli succitati chi traduce deve ricorrere alla propria creatività sperando di conseguire ciò che Juan Villoro descrive: “cercare equivalenti per ogni parola amplifica la lingua madre perché obbliga ad esprimere cose impreviste” (Secci 43). Talvolta, purtroppo, il cosiddetto “lost in translation” a livello semantico risulta inevitabile.

Qui di seguito vengono proposte le scelte di traduzione che ho ritenuto più adatte da un punto di vista semantico, metrico, grafico e fonologico. Passo ora a elencarne alcune in modo conciso facendo alcuni esempi.

Flight-feathers letteralmente penne remiganti: Ho sostituito il termine penne con piume per dare un’idea di fragilità, leggerezza e impermanenza.

The bye-bye trapped/ a breath of air: letteralmente il ciao ciao intrappolò una boccata d’aria; nella mia traduzione diventa addio stretto in una bava d’aria con questo stratagemma pur conservando intatto il significato dei versi ho aggiunto nuovi significati impliciti con l’uso polisemico di bava (saliva oppure refolo impercettibile d’aria).

drifted out / drift on letteralmente andare alla deriva, lasciar/si andare: una metafora del trapasso da qui la mia scelta di tradurlo in un punto con esala rimarcando la polisemia del verbo (esalare un respiro oppure espandersi, effondere sulla superficie).

encircled by mountains letteralmente circondato da montagne: immaginando il lago come una gemma brillante che riflette il cielo azzurro e le montagne nella mia traduzione viene proposto come: castone di cime

highest peak letteralmente il picco più alto: nella mia traduzione viene proposto come: vetta eletta conservandone il senso, riducendo il numero delle sillabe a 5 e impreziosendo il verso con una assonanza/consonanza/allitterazione rima.

enshrined letteralmente conservato gelosamente/ come una reliquia: tradotto come consacrato ne conserva il significato aggiungendo una valenza polisemica legata alla sacralità attribuita alle vette di alcune montagne del Pakistan e dell’India (un richiamo alla cultura d’origine degli antenati dell’autrice).

each identical word carefully/ balanced either side/ of the invisible join letteralmente ciascuna identica parola bilanciata con attenzione su ogni lato della giunzione invisibile. La traduzione da me adottata consente di conservare la grazia, la prosodia e il significato.

Infine nelle prime due stanze della poesia i verbi spoke e said al simple past sono tradotti con un passato remoto: proferì/ disse in quanto il simple past viene utilizzato nella lingua inglese per indicare azioni che si sono svolte e concluse nel passato. La durata dell’azione è irrilevante. Anche se l’azione si è svolta in un passato prossimo o remoto.

 

“Less, Much Less” by Moniza Alvi

He hardly spoke any words
only two  ̶
or you could call it one

the last thing
he said
was bye-bye

flight-feathers
veined and hairlike
with interlocking barbules

of sound
the bye-bye trapped
a breath of air

the two linked words
drifted out
on a calm lake

that lay there
with a single purpose  ̶
to receive final words

and allow them
to drift on its surface
out and further out

on the lake of thought
and composure
encircled by mountains

the simple phrase
soared upwards
to the highest peak

where it would be planted
like a flag
would eventually be enshrined

each identical word carefully
balanced either side
of the invisible join  ̶

like baby talk
he put equal emphasis
on each word

his face was pinched
and his beak
very prominent

there have never been
two joined words
with so much space around them

pack up all my cares and woes
light the light
I’ll arrive late tonight

blackbird      bye bye

bye
from Blackbird, Bye Bye[1] (Bloodaxe Books, 2018)

 

Moniza Alvi - poet
Moniza Alvi – poet

Moniza Alvi è nata a Lahore, Pakistan, nel 1954 ed è cresciuta in Inghilterra, a Hatfield, in Hertfordshire, dove suo padre si era trasferito quando lei aveva pochi mesi di vita. Ha frequentato le università di York e Londra. Nel 1991 ha vinto insieme a Peter Daniels The Poetry Business Prize, nel caso di Alvi per la poesia “Presents from My Aunts in Pakistan”, e, successivamente, è stata pubblicata una raccolta con le poesie dei due poeti intitolata Peacock Luggage. Da allora ha pubblicato dieci volumi di poesia e ha avuto una lunga carriera come insegnante di scuola superiore. È ritornata a visitare il Pakistan solamente dopo la pubblicazione di una delle sue prime sillogi poetiche: The Country at My Shoulder (1993) con cui è stata tra i finalisti per i premi T.S. Eliot e Whitbread ed è stata selezionata per la promozione della New Generation Poets della Poetry Society nel 1994. Da questo volume, pubblicato da Oxford University Press, sono state tradotte in italiano tre poesie “I Would Like to be a Dot in a Painting by Mirò”/ “Vorrei essere un punto in un quadro di Mirò”; “Map of India”/ “Mappa dell’India” e “Domain”/ “Proprietà”, incluse nell’antologia di poesia femminile indiana contemporanea in lingua inglese L’India dell’anima a cura di Andrea Sirotti. La medesima antologia ospita anche altre due poesie dell’autrice nella traduzione di Andrea Sirotti “Shoes and Socks”/ “Scarpe e calzini” dalla raccolta A Bowl Of Warm Air (1996) e “Thoughts of a Pakistani Woman in an English Jail”/ “Pensieri di una donna pakistana in una prigione inglese” dalla raccolta Carrying My Wife (2000) di cui fa parte anche la poesia “Blood”/ “Sangue”, la cui traduzione italiana di Paola Splendore, prima di essere inclusa nella seconda aggiornata e ampliata edizione dell’antologia L’India dell’anima a cura di Andrea Sirotti  ̶  edita dalla Casa Editrice Le Lettere (2006)  ̶  è stata pubblicata su “Lo Straniero”, n. 47, maggio 2004. Nel 2002 la poetessa ha pubblicato il volume Souls e ha ricevuto il prestigioso Cholmondeley Award per la sua poesia. È autrice anche di una raccolta di racconti How the Stone Found its Voice (2005), ispirata al libro di Kipling Just So Stories. Nel 2008 è stata pubblicata da Bloodaxe Books una sua raccolta di poesie scelte Split World: Poems 1990–2005, in cui sono stati raccolti testi già pubblicati nei suoi primi cinque libri di poesie, che, successivamente, è stata tradotta in italiano da Paola Splendore col titolo Un mondo diviso ed è stata poi pubblicata in Italia da Donzelli Editore nella collana Poesia (2014). Il libro di poesie di Moniza Alvi Europa (2008) è stato selezionato per il Poetry Book Society Choice ed è stato nella lista stretta per il premio T.S. Eliot il medesimo anno. L’autrice ha anche pubblicato una raccolta con le proprie versioni in lingua inglese di poesie scelte della poetessa francese Jules Supervielle: Homesick for the Earth (2011) e successivamente il volume: At the Time of Partition (2013) che è stato selezionato per il Poetry Book Society Choice ed è stato nella lista stretta per il premio T.S. Eliot Prize per cui ha conseguito the East Anglian Writers Prize for Poetry. Quest’ultimo volume è stato poi tradotto in italiano: Al tempo della Partizione con le versioni italiane di Paola Splendore ed è stato pubblicato in Italia nel 2020 da Fuorilinea. Le due raccolte di poesie più recenti di Moniza Alvi sono Blackbird, Bye, Bye (2018) e Fairoz (2022), pubblicate in Inghilterra da Bloodaxe Books. Con gentile concessione dell’autrice Federico Ielusich ha tradotto in italiano in esclusiva per il blog “Di sesta e di settima grandezza – Avvistamenti di poesia” la poesia “Less, much less” tratta dalla raccolta Blackbird, Bye Bye (Bloodaxe Books, 2018). Una versione precedente della poesia “Less, much less” è stata pubblicata nella rivista americana “Poetry” (May 2017).

 

Written by Federico Ielusich

 

Bibliografia e sitografia

Moniza Alvi, Blackbird, Bye Bye, Traduzione e cura di Pietro Deandrea, Interno Poesia Ed., Collana Interno Books, 2019

Pietro Deandrea, Black Britain – Volatilità della poesia: tradurre Moniza Alvi, Semicerchio – Rivista di poesia comparata, LX (2019/1), 2019-01-01 – pp. 85-93

 

Note

[1] Il titolo del libro in originale Blackbird, Bye Bye è una citazione inversa della canzone “Bye Bye Blackbird” di M. Dixon e R. Henderson (1924) conosciuta in molte interpretazioni musicali nei primi anni Sessanta di grandi musicisti e cantanti come Miles Davis, John Coltrane, Dean Martin (nato Dino Paul Crocetti), Nina Simone, ecc. La canta anche Paul McCartney.

 

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