“The end” di Anders Nilsen: la rielaborazione del lutto a fumetti
Per capire un’opera spesso è sufficiente il titolo e in questo caso è quanto di più essenziale ed importante.
“The end” non si riferisce alla fine della lettura, alla fine di una storia d’amore, ma forse alla somma di entrambe le cose e soprattutto ad una fine più intima, ancestrale e universale, quella della vita umana. Questo fumetto, edito in Italia da Add editore, nasce dagli appunti, dagli sketches e dai pensieri annotati dall’autore durante la fase di elaborazione del lutto a seguito della morte della fidanzata a causa di una grave malattia.
Nel 1969 una psichiatra svizzera, Elizabeth Kübler Ross, arrivò a definire il lutto come un processo suddivisibile in 5 fasi principali: rifiuto o negazione, rabbia, contrattazione, depressione e infine accettazione.
L’autore sembra aver attraversato queste fasi e averle sapute mettere su carta attraverso l’arte del fumetto, esprimendo ogni emozione sperimentando nel tratto del disegno e nelle parole.
Il fumetto si presenta frammentato in blocchi narrativi passando da un tratto fluido e sintetico, ma didascalico nelle parole, ad un uso quasi simbolico dell’uomo che brucia (presente anche in copertina), rappresentando se stesso e il suo stato d’animo, utilizzando immagini a colori come sfondo di una vita che continua ed infine dissolvendosi in una linea che si spezza, si contorce, si unisce e ricontinua come un labirinto in cui non c’è una via di fuga.
Il labirinto è costruito a partire dai frammenti stessi del suo corpo che man mano si spezzano e diventano altro, linee e punti, metafora di un senso di vuoto e di sopraffazione rispetto alla perdita subita che non lascia intravedere un’uscita, solo un percorso dentro se stessi e alla propria mente riconducibile ad una fase di contrattazione tra il cedere alla verità o arrabbiarsi ancora per quello che non c’è.
Il linguaggio visivo diventa simbolico ed astratto, fa capire senza l’uso della parola la sensazione straziante di un essere umano colpito nel profondo. All’inizio racconta la sua routine quotidiana in cui non c’è un momento in cui non pianga, man mano la vita riprende.
Queste sono solo le prime pagine, di volta in volta cambia l’intenzione narrativa ed espressiva e anche sfogliandolo a colpo d’occhio le differenze tra un capitolo e l’altro sono evidenti. Anche nella stesura ci sono state varie evoluzioni a partire dalla pubblicazione di una breve storia fino all’accorpare tutti quegli appunti e schizzi in un volume più ampio, forse il primo di una serie, infine riesce a sintetizzare in unico fumetto un processo creativo e di vita lungo e doloroso come lui stesso racconta nelle pagine finali.
Il fumetto non è soltanto la storia della sua esperienza personale, nella lettura si capisce che la ragazza è morta, che lui sta soffrendo, ma non c’è autocommiserazione, non ci sono rimpianti o rimorsi personali.
Nonostante la lettura sia molto triste, il lettore ha modo di guardarsi dentro, di capire il punto di vista dell’autore sulla morte in generale e c’è molto spazio alla fase dell’accettazione e al completo riavvicinarsi alla vita, abbracciando l’esperienza di ogni lettore e comunicando un messaggio chiaro e universale di come sopravvivere ad una esperienza così tragica e di profondo cambiamento sia esteriore che interiore.
Anders Nilsen mi aveva già colpito con il fumetto “Big questions” edito da Eris edizioni, ne ho già fatto recensione sulle pagine Oubliette tempo fa. Ancora una volta riesce a guardare il mondo da un punto di vista personalissimo e riuscire a trasformare in arte la sua esperienza senza cadere nella retorica delle frasi fatte o nel racconto di se stesso.
Un’opera capace di guardare alla fine, ma soprattutto di guardare alla vita e a come superare una fase di dolore.
Mi ha fatto piangere, lo ammetto e i disegni (a volte solo segni) di alcune vignette riescono a sintetizzare ogni cosa senza bisogno di spiegoni, senza retorica e pietismo, come i veri comunicatori e fumettisti sanno fare.
Written by Gloria Rubino