“Piccolo valzer per un buon rinascimento” di Francesco Pasella: a ciascuno il proprio ritmo

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Con una breve, ma acuta analisi introduttiva di Cristoforo Puddu, si presenta a noi, nel consueto formato mini della Sotèr editrice, al numero 56 della “Piccola collana di memorie”, questo brevissimo valzer di poesie, brevissimi versi, quasi sperduti nello spazio, pur ridotto della carta, ma con un valore quasi lapidario, incisivo, visivamente e intimamente.

Piccolo valzer per un buon rinascimento di Francesco Pasella
Piccolo valzer per un buon rinascimento di Francesco Pasella

Francesco Pasella (Tempio Pausania, 1977) non tradisce la natura fortemente intimistica e riflessiva della sua scrittura e la trasposizione poetica del suo meditare attorno a sé, alla vita, alle umane vicissitudini, procede con tempi non turbati da esigenze economiche, di mercato, di routine sempre più vertiginose.

Non risponde a esigenze modaiole o esibizionistiche. Si scrive, con misurate, stringenti, necessarie parole. Cosa che Pasella ha dimostrato di saper fare molto bene già con Il porto degli sconfitti (2007), Il sole del Baltico (2013), Sguardi incompiuti (ebook del 2016, insieme a Jean Òre), Sulla linea effimera (plaquette del 2017, opera scritta insieme a Luisella Pisottu). Attorno ad alcune di queste opere ho avuto modo in passato di riflettere, tracciando alcune linee di lettura già allora più che positive.

La lettura di questa nuovissima plaquette, Piccolo valzer per un buon rinascimento (Soter editrice), mi offre una gran quantità di spunti meritevoli di adeguato approfondimento critico, cosa che, ne sono certa, visto il valore dell’autore, avverrà a buon diritto.

E la scelta del valzer come ritmo di lettura del presente, aperto in chiave prospettica verso il futuro, non è certo casuale. Ogni rinascimento potrà avvenire con un andamento che può variare: allegro, moderato financo lento, purché si provi, purché si ascolti, purché si danzi la vita.

Quel che Doveva essere fa parte del passato, del non compiuto; resta in un mondo di possibilità irrealizzato e irrealizzabile. Tra gli estremi nel bene e nel male v’è un campo aperto che sta a noi ‘sentire’. Noi, tra gli estremi, viviamo, meglio se uniti, come compagni d’un cammino vario e indeciso.

A volte le dis-torsioni sono azioni, passaggio da cuore-sentimento-emozione ad azione meccanico-operativa, pertanto, fattiva. Anche qui, tra i due estremi, l’infinito possibile è a volte bontà, a volte bellezza.

Non è semplice porsi di fronte alla Realtà, ovvero al realizzato o realizzantesi nella sua quasi immediatezza temporale, in quella vicinanza di luoghi e spazi, di notizie e di sensi colpiti che possiamo definire, appunto, come il ‘reale’.

Allora è necessario osare, resistere, stare, per non privarsi delle possibili scelte, decisioni, esperienze, realtà ancora di là da venire. E per fare questo è necessario avere il proprio ombelico del mondo, il proprio “campanile di Marcellinara”, per dirla col grande Ernesto De Martino, perché tutto il mondo sia nostro, perché noi siamo nel mondo come nel nostro paese di corpo e spirito, in un quadro di pensiero e d’azione.

Francesco Pasella
Francesco Pasella

Pasella sa bene, per averlo sperimentato in prima persona, che trovare o ritrovare la propria dimensione, mentre dentro e fuori di noi si accumulano smarrimenti, distruzioni e macerie (Noi offuscati), può essere lungo, doloroso ma anche radioso viaggio.

Con poche, pochissime parole, che si appuntano magistralmente, che contrappongono e ricuciono distanze, Francesco Pasella, parco e sincero, profondo esploratore di tortuosità interiori e poeta essenziale, si conferma come voce vibrante, lucidissima e di estrema potenza espressiva.

 

Written by Katia Debora Melis

 

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