“L’eredità di Ralph Waldo Emerson” di Riccardo Frangi: la prefazione di Rossella Fabbrichesi

“La caratteristica di un autentico eroe è la sua perseveranza. Tutti gli uomini hanno impulsi esemplari, sussulti di generosità, ma se decidete di essere grandi, tenete fede a voi stessi e non cercate di riconciliarvi con il mondo. L’eroico non può essere comune, né il comune può essere eroico.” – Ralph Waldo Emerson

L'eredità di Ralph Waldo Emerson di Riccardo Frangi
L’eredità di Ralph Waldo Emerson di Riccardo Frangi

L’eredità di Ralph Waldo Emerson” edito nel 2023 nella collana Il corpo della filosofia diretta da Rossella Fabbrichesi e Cristina Zaltieri della casa editrice mantovana Negretto Editore è un approfondito saggio di Riccardo Frangi. Il volume presenta, così come da sottotitolo, l’Educazione e formazione del carattere nell’interpretazione di Nietzsche e del pragmatismo americano.

Suddiviso in tre capitoli (“La formazione del carattere nella vita e nell’opera di Ralph Waldo Emerson”, “Il problema dell’educazione dell’individuo”, “La ricezione della psicagogia in Nietzsche, Peirce, James e Dewey”) l’autore Riccardo Frangi discute della rilevante influenza del filosofo e poeta statunitense Ralph Waldo Emerson (1803-1882) sulla formazione del pensiero di Friedrich Nietzsche (1844-1900) e sulla corrente del pragmatismo americano.

Per gentile concessione dell’editore Silvano Negretto si potrà leggere, di seguito, un estratto dalla prefazione di Rossella Fabbrichesi.

 

Prefazione di Rossella Fabbrichesi

“Ralph Waldo Emerson è figura difficilmente collocabile nella temperie culturale dell‘800. Fu un ministro della religione unitariana, un grande oratore e conferenziere, un poeta, un saggista, una guida politica e intellettuale; un filosofo, se intendiamo questo termine nel senso antico di amante della saggezza, pervaso dal desiderio di incontrare il sapere che lo attrae. Egli centrò gran parte del suo lavoro intorno al tema dell’educazione: la sua principale preoccupazione fu rivolta alla psicagogia dei giovani e a chiarire come si forma un carattere.

Emerson è oggi un pensatore dimenticato – al di fuori di stretti circoli di specialisti del pensiero americano – eppure al suo tempo era molto famoso e molto osannato. In Europa lo leggeva Nietzsche, negli Stati Uniti lo accompagnava Thoreau e lo ascoltavano, stipati in aule stracolme, Charles Sanders Peirce e William James.

Riccardo Frangi si sofferma proprio su questa duplice ricezione del pensiero emersoniano, che quasi nessuno ha rilevato con precisione. Ci offre così un’opera che mi pare necessaria perché sottolinea, dal punto di vista storico, l’enorme influenza di Emerson sul pensiero nicciano e su molti luoghi espressivi nei quali esso si dilatò (dall’ermeneutica fino a certi ultimi concetti foucaultiani); dall’altra, vede giustamente in Emerson la radice del pensiero pragmatista, che nasce in quegli anni e arriva fino a Dewey e al neo-pragmatismo. È questo, a mio modo di vedere, l’elemento di grande interesse di questo lavoro. Esso dimostra con lucida chiarezza come due delle più importanti correnti filosofiche contemporanee, così influenti nel Novecento, traggano da Emerson spunti, motivi, stili di pensiero. Ciò ci è d’ausilio nel rinvenire una sorta di ‘aria di famiglia’ tra una tradizione e l’altra, come oggi si inizia a fare.

Nietzsche ha elementi di vicinanza con il pensiero di Peirce o William James? Certamente, e più d’uno: l’intendere i concetti secondo l’uso che svolgono nella vita, e non secondo il loro modello ideale; l’indagine sulla volontà di verità e lo statuto delle credenze.

E tra Heidegger, ad esempio, e la semiotica di Peirce? C’è forse ancora più risonanza, si veda la nozione di Interpretante. Ma è sufficiente leggere “Cerchi” di Emerson per vedere in nuce elementi che torneranno ad inquietare e esaltare il Novecento, in relazione proprio ai temi dell’interpretazione e del prospettivismo. Appare così chiaro che è con la lettura di Emerson che si iniziano a porre i mattoni di quel pensiero che diventerà un poderoso architrave concettuale dell’attuale riflessione filosofica. L’autore di questo libro fa anche di più che stabilire un mero raffronto storiografico: ci spiega come si può leggere Emerson secondo alcuni canoni contemporanei: Il “Se déprendre de soi-même” foucaultiano, gli scritti di quest’autore sulla cura di sé e la resistenza alla normalizzazione, il perfezionismo cui fanno riferimento Cavell e Saito.

Non solo, Frangi sottolinea come predominante, nella lettura postuma che è stata fatta di questo autore, il tema dell’educazione, anzi, come egli preferisce dire, della psicagogia. La filosofia ha un’ispirazione prettamente psicagogica, di conduzione delle anime, non può essere riflessione solitaria, non può esordire e arrestarsi nel campo individuale.

Chi è filosofo mira a far partecipare gli altri del proprio sapere, mira cioè a formare altri esseri umani, ad educarli al pensiero, come scriverà un grande americano, scolaro di Dewey e lettore di Emerson, Matthew Lipman.

Voglio brevemente ricordare la fascinazione che questo pensatore esercitò su due grandi spiriti dell’epoca, nominati poco sopra. Ralph Waldo Emerson tenne tra il 1870 e il 1871 una serie di conferenze all’Harvard College. Il giovane Peirce era tra i pochi docenti invitati e seguiva i discorsi del collega con enorme interesse. Emerson era un uomo maturo: aveva già scritto sia i Saggi che La condotta della vita; le sue lezioni erano seguite con qualcosa di più del mero interesse culturale, erano luoghi in cui ci si trovava a confronto con un pensiero vivente, che costringeva a ordinare le idee in modo diverso da come si era abituati a fare. Peirce fu molto impressionato da queste conferenze che furono poi pubblicate col titolo “The Natural History of Intellect”. Si potrebbe dire che fu veramente contagiato dalle idee che Emerson diffuse come “germi” nell’atmosfera bostoniana – idee metafisiche, speculative e, allo stesso tempo, genuinamente naturalistiche e proto-pragmatiche. D’altronde lo scrisse lui stesso, nel passaggio di un articolo significativamente intitolato “The Law of Mind”, ricordato anche in questo volume e estremamente suggestivo: sono cresciuto nell’atmosfera di Cambridge – nota Peirce – imbevuta del trascendentalismo di Concord. Plotino, Boehme, Schelling e il «mostruoso misticismo proveniente dall’Oriente» erano il nostro pane quotidiano. Ho cercato di tenermene lontano, ma questo virus mi ha infettato ed è possibile che «qualche forma benigna della malattia sia penetrata nella mia anima senza che io ne fossi cosciente».

Rossella Fabbrichesi
Rossella Fabbrichesi

Se il virus sviluppatosi dal pensiero emersoniano infetta Peirce, che era uno studioso di formazione logica, matematica e scientifica, possiamo immaginare che effetto fece sul giovane Nietzsche. Egli racconta di aver acquistato una copia della traduzione tedesca di Condotta di vita, nel 1862, in una libreria di Lipsia. Da allora Emerson fu suo buon compagno, un amico che lo rallegrava nei momenti più bui, una Bruder-Seele. Un’amicizia stellare, come scriverà nella Gaia Scienza riferendosi a Wagner. Diversamente da Wagner, però, il rapporto con la propria anima gemella non tramontò mai. Nietzsche legge avidamente Emerson ancora negli anni ’70, annota a margine la sua copia dei Saggi, la riempie di commenti, anche solo di esclamazioni soddisfatte (“Gut!”); ancora nell’1881-82, mentre sta stendendo la Gaia scienza, la lettura è costante. Non è un caso che la prima copia dell’opera porti in esergo il passaggio di uno dei Saggi, “Storia”, vergato dall’americano: “Per il poeta e per il saggio tutte le cose sono amiche e benedette, ogni esperienza è utile, ogni giorno sacro, ogni uomo divino”.

Emerson incarna la parte benevolente dell’ultimo Nietzsche, il suo desiderio di salute.

L’esemplare magistero dell’americano torna poi forse nella figura di Zarathustra. Zarathustra è infatti prototipo dell’educatore nicciano, scrive Frangi in un capitolo del suo lavoro. Wagner, Schopenhauer, Emerson, Zaratahustra: c’è una costellazione intera di maestri che ruotano intorno a Friedrich Nietzsche. Ma non è casuale che sia così, ci suggerisce sempre l’autore. […]”

 

“Ogni stato esistente è corrotto. Gli uomini buoni non devono obbedire troppo scrupolosamente alle leggi… La libertà selvaggia sviluppa una coscienza d’acciaio. La mancanza di libertà, dando forza alla legge e al decoro, intorpidisce la coscienza.” – Ralph Waldo Emerson

 

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