“Il volo del cormorano” di Pier Bruno Cosso: diciotto milioni di euro piovuti dal cielo

Le donne, queste altrimenti sconosciute, sono dei misteri che a volte si svelano (in parte), a volte no. Come il resto del cosmo, forse non di più, ma è quel che più fa fremere l’uomo, per la sua innata curiosità. Ed è quel che egli si illude di capire di esse che finisce per affascinarlo. Ed è quel che lo fa dire: pensavo di conoscerla, invece…

Il volo del cormorano di Pier Bruno Cosso
Il volo del cormorano di Pier Bruno Cosso

A volte capita che una donna dica, a un determinato punto (né prima, né dopo) della reciproca esistenza: “Non son più innamorata di te: apprezza che te lo sto dicendo subito.” – ed è come se il boia ti sussurrasse: Sarò sincero con te, vedi che ti sto tagliando la testa. E quel subito pare una stramba banalità. Ci si innamora in un attimo, pur anche postdatato, e in un istante ci si può liberare da quell’incanto, da quel fardello. È l’amore che dura, a volte for ever, a volte a tempo determinato.

Così spara la sua sentenza Cinzia a pagina 9. Dopo di cui inizia Il volo del cormorano di Pier Bruno Cosso.

Cos’è la colpa nella vita dell’uomo? È quel che lo spinge a mal fare (dal latino cel-lo, da cui anche celere e, chissà, forse anche celiare), che lo induce a fuggire dalla retta via, qualunque verità o fandonia essa nasconda.

Cosa potrebbe fare un individuo che mira all’onestà qualora si ritrovasse un numero esagerato di milioni di euro sul proprio conto corrente, senza capirne l’origine? All’inizio si chiederebbe perché, ma poi sorgerebbe un problema etico: che farne, che fare? Volare via col malloppo, o denunciare il fatto alle forze del’ordine? Un cormorano non avrebbe dubbi a proposito.

Il protagonista è Stefano, maturo impiegato bancario. Cosa avrei fatto io, suo omonimo? Quien sabe, direbbe Tex Willer. Per un attimo, come già Fantozzi in un film, anch’io, come lui, avrei la tentazione di orinare sulla scrivania del Direttore, ma solo se mi fosse antipatico (come lo è quello del mio omonimo). Però c’è da ripensarci, perché “in fondo non ne vale la pena”: il mondo è già aulente di suo.

La prima parte del romanzo è dedicata a Karen, una danese “poco più alta di me e un sorriso affilato come un fioretto; e poi quegli occhi chiari, azzurro profondo, con dentro lampi di tempesta.”  Stefano, che ha già i capelli un po’ ingrigiti, ha appena scelto di mettersi in aspettativa non retribuita, tanto è ormai gonfio di soldi. E di ironia, non comprensibilissima a volte per una del Nord Europa, che pur conosce alla perfezione l’italiano e (a quanto dice!) ha la nonna sarda.

“Non risponde. mi guarda e scuote la testa. Colpa mia, l’ironia, fuori dall’Italia, non ha valore legale.”sarà poi vero?

Stefano è un io narrante e ora viaggiante, la cui esistenza si muove a scatti improvvisi, con rare pause, in cui però ha il tempo di fare lo spiritoso e a rimeditare strofe di amate canzoni. Karen e lui, inspiegabilmente, nonché inevitabilmente, diventano presto una coppia. Di Cinzia ormai non v’è più traccia. Cinzia chi?

Lei è un tipo esigente ma delicato: “Prima di uscire si mette delle infradito nere, basse e molto eleganti, così non si vede che è più alta di me”: il DNA, diceva un saggio, di rado sa mentire, ma si può leggermente dissimulare. Fra i due si crea una sempre crescente intimità.

Accadono alcuni avvenimenti particolari, alcuni dei quali cruenti, che inducono Stefano a pensare di essere Suo prigioniero, e non solo di lei, di cui subisce il fascino, ma soprattutto della cogente necessità di starle accanto: ed è il titolo del capitolo che inizia a pagina 40.

Eppure, talune cose non tornano, per cui, anche se lui si sente sempre più attratto, aumenta a ogni ora la diffidenza nei confronti dell’Altra, che tale leri rimane sempre, ovunque i due si trovino. Adesso sono insieme a Copenaghen.

“Ci rialziamo frastornati perché con lei qualunque cosa è totalizzante.” – ed è “il suo seno che svetta a dettare le condizioni della tregua armata.” – nel migliore dei casi un rapporto amoroso ne concede sempre qualcuna.

Lei dice: “Stefano, io ho un passato che, come dire… di cui non vado certo orgogliosa.” – lei è fatta così, un po’ dice, un po’ sottace, un po’ inventa, un po’ svela, un po’ dissimula. Un mio amico sessista direbbe: è una donna, come se lui fosse sempre stata una persona sincera.

“Non puoi capire cosa ho fatto una vita fa…” – intende: prima di conoscerti. Adesso, invece…

Il cormorano può solo pensare:Eccomi ora catapultato in alto. Questa volta cosa ci vorrà prima di tornare giù? E poi ci sarà una discesa morbida, o precipeteremo ancora?” – le solite, a volte ma non sempre banali, domande che ci si fa in una vita di coppia, specie se lei è terribile come Karen e lui è un ingenuo che brama di capire l’Altro.

Lei si pronuncia ancora, con la sua solita buona dizione. “Io non sono mai stata una cosa tua. Non sono di nessuno.” – sottinteso: se non del destino in cui tutti noi ci stiamo barcamenando ora, spingendo di qua e di là, di sopra e di sotto, appassionatamente.

Il libro è un thriller e non mi va di svelarne la trama. Bisogna leggerlo, per tentare di svelarlo.

Dice lui: “Hai parlato di social? Non ti occupavi di finanza?” – come se ormai non fossero due attività consorelle. A volte Stefano mi stupisce per il suo disonesto candore. Eppure sa scrivere: “La sensazione è di freddo puggente, quasi di un settembre scappato verso nord.”

E poi: “Piccolissime oscillazioni dovute più che altro ai nostri movimenti ci ricordano che comunque siamo sull’acqua…” – su una specie di chiatta, in cui si sono rifugiati, per l’esattezza – “… con quell’instabilità così vicina al senso della vita…” – che pare sia indirizzata sempre in avanti, ma girando un po’ in circolo. – “… Galleggiamo adagiati su quello stato liquido che è l’origine di tutto.”

Lei ha uno scopo nemmeno troppo sotteso: “La guardo in faccia per vedere se sorride, e mi sorprendo di trovarla che naviga in solitaria tra le cifre del monitor.” – da vera professionista dei disastri del web.

Stefano ansima: “Vorrei fare un giro nella sua testa con un sommergibile microscopico.”

Uno dei suoi pregiudizi: “normalmente i danesi sono espansivi come un frigorifero spento…”.

Lei “alza lo sguardo verso il cielo e scuote la testa in un ‘no’ muto che urla forte come un tuono”.

E poi un atto che identifica come pochi altri la kam’a, la passione amorosa: “ci dividiamo una bustina di zucchero di canna.” – gesto che consiglio anche agli amici, esclusi i diabetici.

Copenaghen, Salerno, Copenaghen: fare e disfare è tutto un brigare. È solo nero asfalto, dopotutto.

Mentre il tempo pare scorrere per i fatti suoi, entrambi gli Stefano si chiedono ora quanto ci sia di reale nella storia di Karen. L’unica è confessare le proprie colpe, anche quelle involontarie, e vedere l’effetto che fa. Stefano le dice del fatto dei milioni piovuti dal cielo. Lei non è sorpresa, anzi… Gli sa dare alcune spiegazioni, una delle quali parrebbe salvifica.

“Devo trovare le parole, devo fare luce nei dubbi che affollano la testa e ingolfano questa odissea d’asfalto.” – e ogni tanto spara alcune altre metafore che, senza illuminare granché, recano dei bagliori: “Discorsi immaginati e poi rimasti in sospeso, come paesaggi dal finestrino del treno, che li vedi per un attimo, passano, e non li hai registrati.” – tutto molto bello, ma un po’ poco per riuscire a capire.

Stefano si sta innamorando di Copenaghen: “Meravigliosa, seriosa, pazza, fantastica, razionale e poliedrica città…” – e numerosi altri epiteti che sono sgocciolati a pagina 111, per gli eventuali interessati.

“Mi vedo sgualcito fuori come mi sento sgualcito dentro. E adesso il mio stato mentale è: un giorno da dimenticare.” – l’unica, pensa, è “un bel ristorantino e flagellarmi di sonno.”

Dopo una tragedia che verrebbe da definire annunziata, Karen non esiste più.

Ora c’è la metaforica, allegorica e algebrica cantante sarda di nome Isola, che dà il nome alla Parte Seconda, e che ne sa una più di Karen. Isola, nomen omen, non è più chiara e lampante della donna precedente, di cui era, niente affatto stranamente, amica. Ora tocca a lei a dirigere il traffico.

“Mi sembra la prima tessera di un puzzle che forse posso iniziare a ricostruire. Non dimenticare, ricostruire.”

Poi tutto è sempre più rutilante, fin quasi alla fine. Ogni tanto occorre una necessaria pausa: “Quando rientriamo in albergo non so più che ora sia; ma di sicuro è ora che questo giorno finisca. Troppo, un’altra giornata con troppo.”

Guai se non ci fossero le protettive metafore: “Guardo distrattamente il tessuto che la copre a malapena fino al sedere, lasciandole in vista le gambe con i muscoli appena scolpiti che bisbigliano sensazioni forti.” – e Cinzia, nel frattempo che farà? Cinzia chi? E Karen? Oddio, che ancora non sopito e acutissimo dolore!

Mentre lui pensa a cosa fare, lei “è già oltre la casualità: ‘Stefano, ormai dobbiamo andare’”.

I seni delle donne sembrano sempre sbirciarti con il loro sguardo periferico: “sembrano quattro occhi che mi fissano, due più su e due più giù…” – forse un po’ più gonfi.

I due ora s’immergono in un luogo maledetto, in cui pare possano terminare i loro guai. Sarà così?

Pier Bruno Cosso
Pier Bruno Cosso

Alla fine “ridiamo tutti, tranne la cameriera, che rimane fissa in fermo immagine.”.

Segue poi l’apparente, normale, finale soluzione a tutti i guai, tranne che a quello di esistere.

Per quello servirà il sequel, e poi il sequel del sequel, e poi il…

Intanto si può sempre tornare alla Spiaggia di Ezzi Mannu, dove il volo ebbe inizio, che è il titolo del momentaneo finale, la cui ultima e per chissà quanto temporanea sequenza è: “… penso che il volo del cormorano ti sfiori solo una volta nella vita. E se succede non devi…” – quel che non devi e devi essere c’è scritto là, in quelle salvifiche, almeno mi auguro, parole.

I cormorani li ho visti a La Spezia, provenienti da quell’isola fenicia. I fenicotteri, anch’essi citati nel romanzo, li ho mai visti forse allo zoo.

Devo andare in Sardegna, per la ma’!

Oppure rileggere quella pagina del romanzo, per intanto, come amavano scrivere Eco e Bacchelli.

A pagina 10 c’era scritto: “Da lontano vedo arrivare un cormorano. Distende le grandi ali per…” – inutile che stia a dire a cosa possano servire.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Pier Bruno Cosso, Il volo del cormorano, Marlin editore, 2023

 

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