“La madre” di Grazia Deledda: perché leggere un Premio Nobel?

Grazia Deledda fu la seconda donna a essere insignita del Premio Nobel per la Letteratura, ed è stata l’unica donna italiana a conquistare l’onorificenza. Correva l’anno 1926.

La madre di Grazia Deledda
La madre di Grazia Deledda

Fu altresì la prima donna candidata al Parlamento italiano al collegio di Nuoro della Camera per il Partito Radicale Italiano nel 1909, quando ancora le donne non avevano diritto di voto: candidatura fortemente contestata e ritenuta provocatoria, che non si concretizzò in un effettivo insediamento.

Donna di vasta cultura, in larga misura acquisita da autodidatta, in un’epoca in cui ancora forte era la diffidenza verso l’apertura allo studio dell’universo femminile; oltreché contro i pregiudizi ebbe da lottare contro le difficoltà della traslazione dal contesto linguistico patrio, quello sardo, che costituiva un vero e proprio idioma a sé stante, alla lingua italiana: molti sardi si sentirono vilipesi dalla descrizione della semplicità della loro società, che invece, nella nostra autrice, assurge a prototipo dell’umanità intera.

Lo scritto che ho scelto di analizzare è il romanzo breve La madre, uscito a puntate sul giornale Il Tempo nel 1919 e in volume per Treves nell’anno successivo.

La trama è relativamente semplice: Paulo, giovane parroco per scelta materna nel piccolo paese di Aar, intreccia una relazione clandestina con una giovane donna, Agnese: scoperto e osteggiato dalla propria madre, vive il patema tra la necessità di aderenza alle convenzioni sociali e al proprio ruolo (il Super-Ego, diremmo oggi) e l’esigenza, tutta umana, di abbandonarsi al proprio sentimento.

Nel dubbio espresso da sua madre in un monologo interiore circa il diritto di vivere un’emozione d’amore, negato a un uomo in forza del suo status, leggiamo la modernità e l’anticonformismo del pensiero della scrittrice, e ci risulta più comprensibile lo scetticismo di certi ambienti conservatori verso di lei.

Ma non è forse compito dello scrittore quello di dubitare e far dubitare, di interrogarsi e interrogare i suoi ideali interlocutori?

Il finale a sorpresa disvela la posizione autoriale rispetto alla tematica trattata.

Elementi ricorrenti, sotto forma di fattori naturali, sono il vento (che ritroviamo, tra l’altro, in alcuni suoi titoli: Il Paese del Vento, Canne al vento e Il Dio dei venti), la luna e la vegetazione.

Sapientissimo è l’uso delle metafore.

Grazia Deledda
Grazia Deledda

Alcuni passaggi eloquenti:

«… le pareva di essere, non in quella lunga e bassa cucina col soffitto obliquo sostenuto da un’infinità di travi e travicelli anneriti dal fumo, ma in una barca in mezzo al mare sconvolto.»

«… il desiderio però s’infiltrava a poco a poco nel loro amore casto come un’acqua silenziosa sotto un muro che d’un tratto poi marcisce e crolla.»

L’indagine puntuale e precisa degli stati d’animo spesso antitetici esperiti dai protagonisti dimostra la non estraneità dell’autrice al filone introspettivo-esplorativo della letteratura europea dei suoi tempi: Vittorio Spinazzola la inscrive in pieno clima decadente.

 

Written by Barbara Orlacchio

 

Bibliografia

Grazia Deledda, La madre, Rusconi libri, 2021

 

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