“Sei passeggiate nei boschi narrativi” di Umberto Eco: la situazione spinosa del lettore
Le “Sei passeggiate nei boschi narrativi” cui si fa riferimento nel titolo corrispondono ad altrettante conferenze tenute da Umberto Eco: i “boschi narrativi” sono i sentieri lungo i quali il lettore si trova a perdersi, per poi ritrovarsi: d’altro canto le situazioni ‘labirintiche’, quali l’intrico dei percorsi di un bosco può ricordare, sono idonee in massima misura a sollecitare opzioni via via differenti da parte del viandante di turno.
Eco esordisce con un tributo all’amico Italo Calvino, anch’egli conferenziere sul tema della narrativa, e che aveva svolto una disamina della situazione del lettore in Se una notte d’inverno un viaggiatore.
Innanzitutto, Eco introduce due coppie di concetti paralleli e complementari, quello dell’“autore-lettore modello” e quello dell’“autore-lettore empirico”.
I primi sono, rispettivamente, l’autore che il lettore si figura e l’interlocutore cui uno scrittore immagina di rivolgersi idealmente: peccato (o per fortuna), che a complicare il tutto in un “gioco catottrico”, secondo l’espressione utilizzata dallo stesso Eco, chi legge sia posto innanzi a uno scrittore in carne e ossa (“empirico”, appunto), coi limiti delle sue conoscenze e della sua umanità: il locutore al cospetto di un lettore “empirico”, occasionale, col suo viatico interpretativo: in ogni caso differente da colui che chi scrive aveva immaginato.
Eco si spiega con degli esempi:
«In Reading and Understanding Roger Schank ci racconta un’altra storia: Gianni amava Maria ma lei non voleva sposarlo. Un giorno, un drago rapì Maria dal castello. Gianni balzò in groppa al suo cavallo, e uccise il drago. Maria acconsentì a sposarlo. Vissero felici e contenti da allora in poi. Schank – che in questo libro si preoccupa di quel che i bambini capiscono quando leggono – ha posto alcune domande sulla storia a una bambina di tre anni:
– Come mai Gianni ha ucciso il drago? – Perché era cattivo. – Cos’era cattivo in lui? – Lo aveva ferito. – E come lo aveva ferito? – Forse gli aveva gettato del fuoco. – Perché Maria acconsente a sposare Gianni? – Perché lei lo amava molto e lui voleva molto sposarla. – Come mai Maria si decide a sposare Gianni quando all’inizio non voleva? – Questa è una domanda difficile. – Sì, ma quale pensi che sia la risposta? – Perché prima lei proprio non lo voleva e poi lui discute molto e parla tanto a lei di sposarla e allora lei diventa interessata a sposare lei, voglio dire lui.
Evidentemente faceva parte della conoscenza del mondo di quella bambina il fatto che i draghi gettino fuoco dalle narici, ma non che si può cedere a un amore non corrisposto solo per riconoscenza, o per ammirazione. Una storia può essere più o meno rapida, ovvero più o meno ellittica, ma la sua ellitticità deve essere valutata rispetto al tipo di lettore a cui si rivolge».
Quanto alla “credibilità” dell’autore, tra di lui e il suo lettore si stipula il c.d.: “patto finzionale”: il lettore è disposto a concedergli credito, ad accettare la sua credibilità nell’economia del mondo costruito nella narrazione.
Eco dice in proposito:
«Tale è in fondo il fascino di ogni narrazione, sia essa verbale o visiva: ci chiude entro i confini di un mondo e ci induce, in qualche modo, a prenderlo sul serio».
E infatti cita Kafka:
“Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto” e dice: «Un bell’inizio per una storia certamente fantastica. O ci crediamo o sarà meglio buttare via “La metamorfosi” di Kafka».
Certo, affinché la credibilità non sia minata, c’è necessità che il mondo congegnato dall’autore abbia degli agganci con quello reale, per una sorta di parassitismo: ossia, sia con esso in debito di verità.
Può accadere che i lettori più ”paranoici” prendano talmente sul serio quanto costruito con artificio narrativo da mettersi alla ricerca di luoghi e testimonianze di quanto leggono, o di avere difficoltà di discernimento quanto alla veridicità di ciò che apprendono, persino se preavvisati della finzione, se particolarmente sedotti dalla credibilità della fonte: ad esempio la radio o i giornali, come quando Giorgio Celli, amico di Eco, ne “raccontò” l’assassinio su un elzeviro del Resto del Carlino e la gente l’accolse come una confessione di cronaca nera.
Ed Eco cita episodi personali a supporto dell’avventura iperrealistica che un lettore di narrativa (non di storia) può esperire.
Infine cito un gustoso aneddoto riportato dal nostro autore: la protesta di un suo amico, che credette di riconoscere tratti della propria famiglia nella descrizione che Eco aveva fatto invece della sua parentela: non c’è che dire, se l’intento era quello di sortire un effetto aristotelicamente coinvolgente, c’era proprio riuscito, come solo i grandi autori sanno fare.
Written by Barbara Orlacchio
Bibliografia
Umberto Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, La nave di Teseo, 2018