“Caligola” saggio di Livio Zerbini: follia ereditata oppure follia manipolata?
“Magari fossi stato io ad ucciderlo!” – Cassio Dione, Storia Romana
Valerio Asiatico, ex console, placò così il tumulto all’interno del palazzo imperiale quando tutti furono presi dal panico e dall’urgenza di conoscere il nome dell’assassino dell’Imperatore.
Chi ha frequentato il Liceo classico, o comunque un liceo, ha incontrato questo imperatore della dinastia Giulio-Claudia e, a seconda del professore che ha espletato le presentazioni, gli alunni ne hanno solitamente una versione complessiva di un personaggio da comica o affetto da una follia fuori controllo.
Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, conosciuto dagli amici e dai non amici, come Caligola viene ricordato come colui che invitò il suo cavallo Incitatus a sedersi tra i senatori.
Non fu l’unico frutto del suo sarcasmo a rimanere impresso nelle menti di coloro che scrissero di lui ma, siamo costretti ad ammetterlo, la storia del cavallo senatore provvisto di un “palazzo imperiale” tutto suo popola l’immaginazione di quasi tutti coloro che sono stati invitati a farne la conoscenza.
Livio Zerbini è l’autore di “Caligola” edito per Salerno Editrice nel 2023 e la sua tesi insiste nel voler far comprendere la complessità della persona che governò l’Impero per 4 anni circa e, forse, voler screditare la storiografia che lo dipinge come un pazzo crudele.
Svetonio, Cassio Dione, Filone di Alessandria, Seneca e Flavio Giuseppe sono le fonti di cui disponiamo perché sono quelle che sono pervenute a noi e in gran parte non sono a favore di Gaio Cesare, anzi… Inoltre la storiografia è talmente concentrata sui “disturbi” di Caligola che spesso si perdono di vista le sue altre opere. Se guardate bene, Gaio Cesare era uno stratega freddo e calcolatore, profilo non compatibile con il pazzo sanguinario descritto da tutti.
Il saggio di Zerbini è molto concentrato sulla storia familiare di Caligola ed è giusto che il lettore ne abbia un quadro completo. Farò anche io un rapido riassunto: suo padre era il grande Germanico e sua madre Agrippina Maggiore; tra i suoi parenti più prossimi vi erano Livia, Augusto, Tiberio e Marco Antonio. L’ultimo nome che vi ho citato sembra avere una parte principale nel progetto politico dell’imperatore che Caligola desiderava essere, almeno stando a Zerbini.
Non vi è ombra di dubbio che questi nomi, messi in successione, siano altisonanti ma tra di essi ci sono le vicende patite da un ragazzino che ha visto suo zio e il Prefetto del Pretorio decimare la sua famiglia.
Fu accusato di avere rapporti incestuosi con almeno una delle sue sorelle ma non ci è dato esserne certi, certa era la sua predilezione per Livilla.
Il ragazzo per un po’ visse con Tiberio e c’è da considerare che orbitare attorno ad uno degli imperatori più umanamente controversi dell’Impero, il mandante di tutte le sue sventure, deve essere stata una scuola di autocontrollo non indifferente per qualcuno che era miracolosamente scampato al piano di epurazione della famiglia di Germanico.
Dopo un’esperienza del genere, se Caligola avesse sviluppato una qualche piccola incrinatura della sua personalità, credo che in molti sarebbero in grado di comprendere il perché questo sia accaduto.
Il ragazzo troppo giovane e senza esperienza divenne imperatore al posto di Tiberio nel 37 d.C. e dopo un inizio sfolgorante in cui tutte le aspettative del popolo e del Senato Romano sembravano prendere vita, qualcosa sembrò andare storto.
Caligola, dopo la malattia che lo colse a pochi mesi dall’ascesa e che sembra lo ridusse in fin di vita, cambio radicalmente registro.
Se qualcuno pensò che il giovane figlio di Germanico si sarebbe fatto imbrigliare, ferrare e sellare come un bravo puledro ammaestrato, dovette ammettere di aver fatto i conti senza l’oste. Gli scontri con il senato divennero insostenibili; le spese dell’imperatore divennero vertiginose e Caligola divenne sempre più sospettoso.
Perché questo cambio di direzione in ambito di gestione della politica del suo principato?
Se crediamo a Svetonio e agli altri sappiamo che l’imperatore era pazzo.
Se riflettiamo scopriamo che Caligola, nella sua mente, aveva già in programma qualcosa di nuovo per Roma ma è possibile pensare che la sua malattia gli abbia fatto accelerare i tempi e non perché fosse rimasto menomato dalla degenza forzata ma perché temesse di non avere molto tempo per fare quello che si era prefissato.
Ovviamente è un pensiero di chi scrive ma è più tollerabile di un affresco mentale in cui Caligola somiglia ad un personaggio della saga di George Lucas che prende a modello, non la lungimiranza e il freddo calcolo di Augusto o Germanico, ma il progetto di un uomo che non aveva compreso come funzionavano davvero i giochi.
Marco Antonio è nella mente di tutti un personaggio romantico, sia in ambito personale che per quanto riguarda la sua presunta opera politica ma la realtà è che fece il passo più lungo della gamba senza nemmeno guardare dove metteva il piede.
È questo Caligola? Un uomo che non solo non aveva compreso gli sbagli ma ne aveva anche travisato parte dell’operato?
Gaio Cesare sembra da sempre due persone. La prima all’inizio del principato e l’altra alla fine. È del tutto credibile pensare che sentisse la pesantezza e l’ingombro di Augusto, di Suo padre e perfino di Marco Antonio, visto quello che si può desumere dalle fonti, quando non troppo impegnate a calunniarlo, sulla sua opera amministrativa è altresì possibile che al forte intuito strategico si sia mescolata anche una forte parte emotiva.
Non è la lungimiranza ad essergli mancata o la forte somiglianza con chi lo aveva preceduto ma se Caligola avesse pensato che il suo tempo potesse essere più breve del previsto è plausibile che la sua parte emotiva gli abbia imposto di non andare per il sottile e usare il pugno di ferro in ogni ambito del suo regno.
Se una qualsiasi delle persone che conosciamo avesse avuto questo modo di comportarsi a tutti sarebbero sembrato due persone distinte, di cui la seconda ben peggiore e molto più spaventosa.
Caligola morì per una congiura di palazzo ordita tra le fila dei suoi fedelissimi. Mentre questo lo colpivano, nel gennaio del 41 d.C., lui urlava forse agli spiriti della sua famiglia: “Sono ancora vivo!”
Il saggio di Zerbini è un buon supporto per coloro che non conoscono questo periodo della Storia Romana, presenta un imperatore mal visto e mal compreso non dando risposte definitive sulla sua personalità ma con ampio spazio per il lettore di trovarne di proprie tra le fonti citate.
Written by Altea Gardini