“Il mammone” film diretto da Giovanni Bognetti: fotografia di una generazione
Cosa fare in una serata tra parenti, quando, dopo una cena abbondante e dopo aver esaurito gli argomenti canonici di conversazione, scema la creatività?
Qualcuno propone di guardare un film: dopo uno spoglio collettivo degli ultimi titoli proposti da una nota piattaforma, propendiamo per Il mammone, uscito in Italia ad agosto 2022. Durata 90 minuti, remake del film francese Tanguy, ma dalle logiche sovranazionali.
Diretto da Giovanni Bognetti, che ha firmato come regista I babysitter (2016), e come sceneggiatore pellicole quali: Matrimoni e altri disastri (2010), Fuga di cervelli e Tutto molto bello, per la regia di Paolo Ruffini, Belli di papà, con Diego Abatantuono, Puoi baciare lo sposo e Dieci giorni senza mamma, per la regia di Alessandro Genovesi.
Prodotto da Warner Bros, Enterteinment Italia, Picomedia, Colorado Film Production, con un cast di sicura piacevolezza: Diego Abatantuono nel ruolo del padre, Anna Finocchiaro la madre, Andrea Pisani il figlio Aldo e Michela Giraud, la fidanzata Amalia.
La pellicola ci trasporta nel più classico dei fenomeni sociologici: il rampollo over trenta che non si decide a spiccare il volo.
La scena si apre col risveglio coccoloso del figlio da parte di “mamuska”, come si ostina a chiamarla ancora, e la storia si snoda lungo le vicende del “magico trio”, padre-madre-figlio.
Ti aspetteresti un disoccupato, un inetto, e invece no: perché Aldo è addirittura un docente universitario di lingua e letteratura giapponese, che tuttavia, in casa, si tramuta in un imbelle.
I genitori oscillano tra l’amore (specialmente la mamma) e l’insofferenza, rimarcata dalle battute taglienti del papà Piero, che costellano la narrazione movimentandone i toni.
Piero affitta un appartamento tutto per Aldo perché lasci “il nido”, con risultati nulli, dacché il ragazzo vi resiste per soli due giorni.
Neanche l’ospitata di due parenti ingombranti e fuori dalle righe, provenienti dalla più trash delle Puglie immaginabili, riesce a far cambiare aria al giovane (ma neanche tanto), finché… Piero ricorre al più tipico degli stratagemmi: presentare a suo figlio una ragazza, Amalia, sua collega di lavoro, che riuscirà a condurlo via dalla casa genitoriale con dispetto della mamma Anna, di cui scatenerà la gelosia.
Ma solo per trasferirsi a casa dei di lei genitori, che a loro volta cercheranno di scaricare la neo coppia.
Il racconto è affidato alla voce di un narratore esterno, la cugina adolescente Aurora, che, attraverso occhi ben più maturi di quelli di Aldo, ci racconta le avventure del proprio parentado.
Il film è gradevole e leggero; il messaggio veicolato parte da uno stereotipo, per approdare alla teoria che poi, in fondo, per modificare il proprio stile di vita sia necessaria la giusta motivazione e che i tempi possono non essere univoci.
Non tutte le recensioni che ho avuto modo di leggere su questo film sono state completamente positive, a parte il plauso indiscusso per la coppia Abatantuono-Finocchiaro: a me personalmente è risultato non banale, nella sua semplicità.
Alle volte la vita va fotografata così com’è, e ha dinamiche meno complicate di quel che ci aspetti.
Written by Barbara Orlacchio