“Il teatro politico” di Erwin Piscator: un saggio rivolto a un pubblico attento alle problematiche sociali
“Io porto i miei fallimenti come altri le proprie onorificenze” – Erwin Piscator
Realizzato nel 1929, Il teatro politico, testo di Erwin Piscator, rappresenta una pietra miliare in materia drammaturgica. Pubblicato in una nuova presentazione del 2022 da Meltemi Editore è frutto di un lavoro collettivo, come dichiarato dall’autore nella premessa del libro.
“Il teatro politico, come si è sviluppato nel corso delle mie varie imprese, non è né un’invenzione personale, né una conseguenza del rivolgimento sociale del 1918. Le sue radici risalgono alla fine dello scorso secolo…”
Considerato uno dei fondatori della moderna regia, Erwin Piscator, regista e rappresentante di primissimo piano in ambito teatrale, non necessiterebbe di alcuna presentazione, ma per dare completezza al commento di un saggio davvero importante, segue una sua breve biografia.
“La mia epoca personale comincia il 4 agosto 1914. Che cosa significa ‘sviluppo personale’? Non c’è nessuno che si sviluppi personalmente. C’è invece qualche cos’altro che si sviluppa. Quel giorno, di fronte al ventenne si sollevò di colpo la guerra…”
Amico di Bertolt Brecht, Erwin Piscator nasce a Ulm (Germania) nel 1893. Studioso di filosofia e di storia dell’arte, è il 1914 l’anno in cui si consacra all’attività teatrale.
Chiamato alle armi durante la Prima guerra mondiale, entra a far parte di una compagnia per organizzare spettacoli per le forze armate. La sua esperienza di guerra, altamente drammatica, lo segna nel profondo, determinando in lui la chiamata a una posizione politica ben precisa, la quale lo porta a entrare nel Partito comunista tedesco.
Terminata la guerra si dedica all’attività di regista fondando un suo piccolo teatro, all’interno del quale rappresenta spettacoli memorabili che vanno da Friedrich Schiller a Lev Tolstoj, fino ai drammi scritti da Bertolt Brecht, autore del teatro epico.
Raggiunta Mosca per mettere in scena un suo soggetto e compiuto il suo incarico, Piscator non rientra in patria a causa dell’ascesa al potere di Hitler, avvenuta nel frattempo. Per abbandonare poi la Russia nel 1936, abbandono dovuto anche a conflitti nati per motivi burocratici.
Dal 1936 al 1938 vive a Parigi, per emigrare quindi negli Stati Uniti, dove dirige una scuola d’arte drammatica, il Dramatic workshop, a cui accedono nomi di eccellenti attori e registi che si riveleranno figure di primo piano nel successivo panorama cinematografico. Marlon Brando, Tony Curtis, Tennessee Williams e Arthur Miller sono fra questi.
Nel 1951, tornato in Germania, allestisce spettacoli teatrali di drammi famosi, assumendo nel frattempo la direzione del Volksbunne di Berlino. La sua stagione teatrale, quella più fervida e dal sapore innovativo si chiude intorno al 1930, ma la sua esperienza di teorico del teatro continua fino al 1966, anno della sua morte.
“Partimmo per il fronte. Nell’arco di Ypres i tedeschi erano nel pieno della celebre offensiva della primavera del 1915. Erano stati impiegati per la prima volta gas asfissianti…”
Regista e drammaturgo di un tipo di teatro rivolto a un pubblico attento alle problematiche sociali, Piscator è stato un innovatore. E ciò, grazie alla sua idea di teatro che ne ha suggellato i suoi teoremi; ovvero, realizzare una nuova formula di rappresentazione teatrale, al fine di creare un teatro proletario, antiborghese e orientato a un sovvertimento della società.
“È strano il grande ritardo con cui il proletariato organizzato entra in un rapporto positivo con il teatro. Esso utilizza tutte le possibilità di espressione della società borghese, si crea, se anche in misura relativamente modesta, una propria stampa, si presenta nel parlamento, penetra nello Stato. Ma trascura il teatro…”
Ma, veniamo allo scopo del libro sviluppato da Erwin Piscator, che altro non è che un racconto dell’origine e dello sviluppo delle sue esperienze teatrali, oltre che definire le conquiste teoriche derivate dal suo intenso lavoro.
Testo durante il quale l’autore ripercorre la sua esperienza artistica partendo dalle sue origini, e passando poi per l’evoluzione che lo ha visto protagonista di un nuovo modello di teatro; all’interno del quale mette in luce sia le sue conquiste come i suoi fallimenti.
Secondo una narrazione in cui si evince anche una visione d’insieme del contesto storico dell’epoca, seguendo un quadro politico e sociale quanto mai variegato, oltre che la sua esperienza di regista negli anni che dalla fine della Prima guerra mondiale arrivano sino alla soglia dell’ascesa di Hitler.
La teoria di Erwin Piscator si sofferma sul fatto che il teatro dovrebbe presentarsi come una sala adibita a conferenze e dibattiti, dove il pubblico assiste a spettacoli socialmente impegnati. La cui conseguenza è una platea indotta a trarre le debite conclusioni circa la rappresentazione e a discuterne pubblicamente. Innovazione questa, che segna la nascita del teatro documentaristico.
A proposito del metodo da impiegare per comporre opere teatrali, secondo l’autore de Il teatro politico, si deve procedere servendosi delle risorse meccaniche e dei nuovi mezzi di comunicazione, sviluppando una forma di montaggio teatrale equiparabile alla composizione di un testo. Principio questo, che è per lui solo un punto di partenza: deve essere la scrittura scenica a comunicare con lo spettatore attraverso un ‘teatro totale’ che ambisce a mettere in scena un tipo di comunicazione interamente politica.
Da qui, l’appellativo dell’insieme dei suoi fondamenti teorici che va sotto il nome de il teatro politico, per l’appunto. Fondamenti, che vedono la scrittura farsi mezzo per relazionarsi con il pubblico, tramite la messa in scena di un nuovo archetipo di teatro, manifestando al contempo grande creatività da parte del regista.
Sono due i princìpi fondamentali su cui si basa l’azione teatrale ideata da Piscator: la possibilità di sfruttare a teatro la complessità dei mezzi comunicativi messi a disposizione dal progresso e offerti dalla nascente tecnologia, e l’impegno dell’attore.
Ed è proprio alla tecnologia che Piscator rivolge gran parte della sua attenzione, il cui sviluppo gli dà l’opportunità, grazie a innovative modalità, di comporre opere teatrali, impiegando i nuovi mezzi di comunicare al fine di confrontarsi con il pubblico presente in sala.
“Non potete stare lassù a farvi ascoltare e guardare se non avete qualcosa di veramente importante da dire.”
Quella posta in atto da Piscator è una sfida, che purtroppo non si dimostrerà vincente per il teatro, almeno come lo intendeva lui.
A causa anche della supremazia dei nuovi mass media allora emergenti, quali radio e cinema e in seguito la televisione, che faranno uso della macchina scenica; mentre il teatro tenderà a spogliarsi di effetti scenici, per lasciare il posto ad un’austerità che pone l’attenzione, da parte dello spettatore, sul gesto e sulla parola dell’attore.
La tecnologia verrà sfruttata dai nuovi mezzi di comunicazione che la faranno propria, con il cinema a sostituire il teatro che, secondo le proposte della Bauhaus (scuola d’arte e design nonché riferimento degli artisti dell’epoca), grazie anche a un rimodellamento degli spazi teatrali muove lo spettatore a un maggior coinvolgimento.
“Per la prima volta non ci trovammo di fronte a un lavoro che, buono o cattivo, perfetto o no dal punto di vista del dialogo o della costruzione scenica, tenesse comunque conto dell’organismo teatrale…”
È dunque un classico della drammaturgia Il teatro politico di Erwin Piscator sviluppato in 23 capitoli per un totale di circa 400 pagine.
Un testo assolutamente esaustivo, il quale a tutt’oggi si manifesta quale saggio di attualità. Oltre a rappresentare una guida performante è una fonte preziosa cui attingere per coloro che si cimentano nella disciplina drammaturgica. Offrendo, inoltre, al lettore un quadro d’insieme sul ruolo ricoperto da Piscator e su ciò che la sua figura di artista ha rappresentato.
Il teatro politico è, in conclusione, un testo poliedrico all’interno del quale convivono riflessioni, memorie e i principi teorici di Piscator in un unicum davvero significativo. Che si propone al lettore come strumento per conoscere e apprezzare il pensiero di un grande regista, la cui sensibilità verso problematiche di natura sociale è indiscutibile.
“Il capitolo conclusivo di questo libro, che è stato scritto nelle brevi pause fra le prove diurne e quelle notturne del Mercante di Berlino, non era ancora composto, che già ci era crollata addosso la valanga dell’opinione pubblica…”
Written by Carolina Colombi