“Penelope et Mare Nostrum” mostra di Anna Cristino: la capacità di sublimare molteplici pensieri
Dalle spumose onde del Mediterraneo, dai marosi e dalle quiete rade, dagli abissi, e, medesimamente, da luci, riflessi e orizzonti, si susseguono albe e tramonti, celebrando l’esistenza, tra soavità e asprezze, ma, nella realtà, magistra vitae.
Ulisse rese pregno il proprio sandalo del fango, mescita ancestrale di polvere e acqua, testimoniando, allora, un viaggio epico; lo attende, invero, nel loco natìo, Penelope.
Immaginiamo, ora, che sia quest’ultima, madre e donna, custode del focolare, compagna fedele, nonché tessitrice indefessa, dalle raffinate trame mentali, a spalancare l’uscio e affrontare suoli inespressi.
Anna Cristino, valente artista barese, le cui vesti sono intrise di pane, odoroso di un nutrimento e per il corpo e per lo spirito, le cui labbra sono contaminate dal vinoso umore del “sursum corda”, attinto dal Graal dell’arte, da una coppa votiva, indi, preziosa e sempre più rara, le cui spalle hanno retto il gravame di vicissitudini umane forti, grazie ad un talento, che è trasveberazione estatica, concretata, a pennello e spatola, su “drappi”: lei stessa, neo Penelope, ha intessuto questi ultimi, nel tempo, rendendoli metafore estetiche del proprio intimo viaggio…
L’autrice trasferisce nella “lama” la possanza di una personalità diretta, vorace, impattante; questo strumento transustanzia una mano certa, per cui la titubanza non esiste. Predilige, quindi, il pigmento acrilico, che diventa certezza immediata. La sua determinazione, però, dà vita a sfumature tanto ferme quanto melate dell’universo donna.
Ecco, che Anna Cristino polverizza la porta, che la separava dal mondo; essa costituiva la difesa, ma, nel contempo, un limes. L’artista si trasforma, così, in eroina e domina. Dotata, infatti, delle medesime virtù del guerriero, ossia la perspicacia, la capacità di adattarsi alle più inattese emergenze della sua tumultuosa esistenza, la capacità di sublimare molteplici pensieri e quella di sopportare le più terribili sofferenze, diventa simbolo di una figura muliebre attuale, eppure salda, nei propri valori, nonché lungimirante nella ricerca. Il compromesso si traduce, sulle tele, in una sinottica e peculiare memoria futura estetico/riflessiva, che ne libera la vera essenza.
Una triade artistica, che la individua come figura metamorfica diveniente, si ravvisa nel suo percorso: ivi, la certezza, in termini segnici e compositivi, digrada, sino a disgregarsi totalmente.
Il “Mare Nostrum” è la vita, l’imbarcazione rappresenta sia l’individuo che il tramite per esperire se stessi. La donna della Cristino è foggiata e temperata da tumulti ondosi indomi, per cui le forme sono piene, turgide, i lineamenti sono tesi, decisi, mentre il derma serba i dinamismi cromatici, “inflittigli” da una mano conta e capace. Alfine, sulle tele di Anna Cristino, tutto si liquefà, sposando pensieri conoscitivi, la cui concretezza trascendentale lascia presagire “Itaca” e l’Olimpo.
Qui, interviene un’ennesima dote: l’astuzia, intesa come capacità innata di sintetizzare una realtà superna, impalpabile, lasciandone presagire le radici, che affondano nello spazio terragno, protese, sino all’estremo, verso il divino.
La distesa acquea è salina cura: le ferite, sulla pelle, bruciano, però si rimarginano; gli umori liquidi sono, altresì, inconscio e acqua pura, scaturita da una fonte battesimale.
Penelope rinasce, addivenendo Venus Thetis, una neonata Minerva, ma, anche, la leggendaria Teti, nata non da unione carnale, bensì dal seme di Urano, quando i genitali dello stesso, tagliati dal figlio Crono, caddero nel mare e crearono la spuma, dalla quale nacque la bellissima dea, o, ancora, un’ Afrodite, fiorita dal mare, da una conchiglia; così può essere pure la Teti, figlia di Urano e di Gea, moglie di Oceano, dal quale ebbe più di 3000 figli (tra cui le Oceanine), personificazioni dei fiumi di tutto il mondo, delle sorgenti e delle fonti. Teti è il nome attribuito, in astronomia, al Satellite di Saturno (il quinto in ordine di grandezza), scoperto da G.D. Cassini nel 1684. Le acque diventano, in tal senso, fioriere di baptismus e nuova vita: la rinascita avviene, appunto, attraverso l’inconscio. Per Jung, la parte fluida e inafferrabile è metaforicamente legata alla fuggevolezza indoma dell’acqua. Ogni singolo elaborato rimpolpa l’unicità di questa donna, Anna Cristino, e dei suoi “profumi”, che esprimono la dimensione del pensiero plastico.
Anna Cristino divelle le catene che, nel tempo, hanno annichilato la personalità femminile, permettendole di “esperirsi” liberamente: la protagonista non è, quindi, una modella, che posa, ma un nucleo evanescente, sospeso tra corpo, stati psico/emozionali e ambiente, tra apparenza e dissolvenza. La calzatura è intrisa dei colori di un suolo apolide, quello artistico, ‘sì che l’appartenenza ad un’etimologia, dai glossa universali, costruisce un’identità personale. L’ossimoro viene totalmente polverizzato, se i canoni e i dictat sono rivisti, con uno sguardo “religioso”: la donna (uomo), nella sua sacralità e unicità, va rispettata e, oltremodo, sostenuta.
«“Come noi […] intessiamo e disintessiamo i nostri corpi,” disse Stephen, “di giorno in giorno, le loro molecole su e giù come una spola, così l’artista intesse e disintesse la sua immagine.”» – James Joyce, Ulisses
Dall’Odissea di Omero, capolavoro della letteratura classica, passiamo ad un caposaldo di quella moderna, l’“Ulisses”, di J. Joyce, e rubiamo una citazione, che traduce sia l’alacre lavoro di Penelope sia lo spirito, che porta l’artista a muovere una spola, che vivifica trame e orditi della propria personalità, e, mentre il tessuto appare, il corpo si smaterializza, l’immagine fisica si perde, quindi, in virtù di significati più alti.
Anche nel romanzo dello scrittore irlandese c’è Penelope, Molly Bloom, che, con un magistrale monologo interiore, ridimensiona, grazie alla propria terrena esperienza matriarcale, le deviazioni sensuali del marito. La donna è, nuovamente, eroina, nel contesto quotidiano.
Classicismo e modernità, rappresentate, in questa sede, da due lavori letterari, che si possono considerare opposti, per molteplici aspetti, tra cui il fatto di vertere, rispettivamente, su dialoghi e monologhi, sulla durata temporale, molti anni e un unico giorno, il numero dei personaggi che chiamano a ruolo la coralità e l’esatto contrario, l’intimità di una situazione familiare… la distanza tra opposti viene annichilita, alfine, da una donna.
L’Ulisse di Joyce è la storia di una giornata, il 16 giugno 1904, di un gruppo di abitanti di Dublino; l’autore ha scelto tale data perché fu il giorno in cui Nora Barnacle, futura moglie, capì di essere innamorata di lui. Ancora, una donna devota, un riferimento, per l’uomo, si ricongiunge, a questo spicilegio artistico della Cristino.
La vita, per Anna Cristino, è esplorare, come Ulisse, suoli conoscitivi, siano essi tangibili o spirituali.
E se il Sommo Poeta relega Ulisse, a suo avviso, maestro di inganni e non certo “eroe della conoscenza”, come erroneamente è parso a tanti studiosi moderni, nel Purgatorio, colpevole, peraltro, di aver valicato le Colonne d’Ercole, trovando, poi, la morte, Anna Cristino supera, coraggiosamente, quelle colonne, prevenendo ad un “Nuovo Mondo”.
L’artista barese sarà protagonista della mostra personale “Penelope et Mare Nostrum”, curata dalla poetessa e critica d’arte comasca Maria Marchese e dallo storico dell’arte Valeriano Venneri, dal mese di giugno sino a metà settembre, presso il Club Nautico Santa Pola, in Spagna.
Nell’anno che vede le celebrazioni del duecentenario di Joaquín Sorolla Bastida (Valencia, 27 Febbraio 1863 – Cercedilla, 20 Agosto 1923), pittore spagnolo, annoverato fra i più rinnovatori della pittura ispanica, in chiave impressionista, ma, anche, tra i più prolifici, avendo un catalogo con più di 2200 opere, che ha messo in risalto la luce del Mediterraneo, Anna Cristino incarna, nelle sue donne, nelle marine e negli astratti una rinnovata lux, che albeggia nel contesto dell’arte contemporanea internazionale. La personale sarà dedicata a Luciano Costantini, artista e direttore del rinomato MACO museo, scomparso, improvvisamente, il 6 gennaio 2023.
Written by Maria Marchese