Il Perugino, ovvero Pietro Vannucci: uno dei maggiori esponenti della pittura rinascimentale
“Ma nessuno di tanti discepoli paragonò mai la diligenza di Pietro, né la grazia che ebbe nel colorire in quella sua maniera, la quale tanto piacque al suo tempo, che vennero molti di Francia, di Spagna, d’Alemagna e d’altre provincie, per impararla. E dell’opere sue si fece come si è detto mercanzia da molti, che le mandarono in diversi luoghi, innanzi che venisse la maniera di Michelagnolo” – Giorgio Vasari
Principale esponente della pittura umbra, Pietro Vannucci, detto il Perugino, secondo la ricostruzione del Vasari, nasce a Città della Pieve intorno al 1450. È invece il 1523, durante il mese di febbraio, l’anno in cui muore dopo aver consegnato al mondo capolavori senza tempo. Nel febbraio 2023 ricorrono dunque i 500 anni dalla sua morte.
È doveroso perciò ricordare la statura di un pittore, riconosciuto universalmente come uno dei maggiori esponenti della pittura rinascimentale. Pittura, la cui maggior caratteristica si fonda sulla concezione prospettica dello spazio che dispone i piani visivi in successione ordinata, al fine di creare una visione unica, all’interno della quale la figura umana, protagonista delle composizioni dai contorni nitidi e definiti, assume una collocazione vicina al reale.
Principi che le rappresentazioni del Perugino rispettano perfettamente, a cui si aggiunge una languidezza di carattere sentimentale, che in alcuni casi si esplicita nella rappresentazione dei paesaggi umbri con i suoi cieli luminosi. Ciò, a testimonianza dell’ampia vocazione pittorica dell’artista.
Ed è proprio dalle sue origini umbre che gli deriva l’appellativo di Perugino. Sebbene fosse nato a Città della Pieve, e non a Perugia, all’epoca luogo geografico di maggiore riferimento. Sebbene le notizie riguardanti il periodo giovanile del Perugino siano piuttosto insufficienti, o almeno poco esaustive, tanto da poterne tracciare un profilo approfondito, le informazioni arrivate ai nostri giorni raccontano che fin da giovinetto si dedica alla pittura seguendo le orme di Piero della Francesca.
Raggiunta Firenze intorno al 1470, il Perugino deve la sua formazione al Verrocchio. È presso la sua bottega, nota per aver ospitato nomi eccellenti quali il Ghirlandaio e il Botticelli, che ha inizio il suo apprendistato, da cui si affranca con l’iscrizione alla Compagnia di San Luca, confraternita che riunisce gli artisti che in quegli anni operano a Firenze. La sua permanenza presso la bottega del Verrocchio sarà per il Perugino l’occasione di entrare in contatto anche con Leonardo da Vinci.
In seguito, negli anni intorno al 1472, aprirà due botteghe: a Perugia e a Firenze; è. il periodo in cui si lega in matrimonio con Chiara Fancelli il cui viso ricorre in molti dipinti delle sue Madonne.
È inevitabile che le prime opere del Perugino subiscano l’influenza dei grandi maestri del suo tempo, anche se poi la sua arte subisce un cambiamento, in seguito alla ricerca di un suo stile personale. Che vede il linearismo del Verrocchio filtrato da un linguaggio che tanto ricorda Piero della Francesca dove, nelle figure e nei colori, impreziositi dalla luce cristallina, si evince l’influenza del Botticelli.
Il modo di dipingere del Perugino segna la tendenza di un’intera epoca, con caratteristiche quali la purezza formale, la misura delle composizioni, il disegno ben definito ed elegante, il colore chiaro e ricco di luce steso con effetti chiaroscurali ben modulati. La sua è un’arte molto equilibrata, sostenuta da una prospettiva studiata alla perfezione e colori sfumati con finezza. Mentre le figure presenti nelle composizioni appaiono traboccanti di grazia e al contempo melanconiche, fino ad assumere un’aria quasi ‘angelica’ che sembra liberarli dalle peculiarità terrene.
A manifestare lo stile armonioso e aggraziato del Perugino sono principalmente, da un punto di vista compositivo, le cosiddette opere devozionali, ovvero quelle composizioni mistiche in cui emerge un’accesa spiritualità, di cui è stato un sapiente autore. Opere permeate da figure dai tratti soavi e dalle pose eleganti di committenti privati, e riproposte dal Perugino in alcune varianti con solenne ripetitività, molto apprezzate sia dalla committenza come dai suoi estimatori.
In breve, il Perugino raggiunge successo e notorietà, anche economico, che lo portano a viaggiare per soddisfare i numerosi lavori che gli vengono affidati. La sua meta sono le città dell’Italia centrale, Roma in particolare, città in cui accresce la sua fama. Tanto che papa Sisto IV della Rovere gli affida un incarico prestigioso: quello di sovrintendere i lavori per decorare la Cappella Sistina; lavori in cui il Perugino coinvolge alcuni dei maggiori pittori toscani: Botticelli, Ghirlandaio e Signorelli fra questi.
Battesimo di Cristo, Viaggio di Mosè in Egitto, Cristo in Pietà e santi, Consegna delle chiavi a San Pietro sono soltanto alcuni dei lavori del Perugino.
Per esigenze grafiche, vengono qui prese in considerazione soltanto due delle opere maggiormente rappresentative del pittore umbro: Consegna delle chiavi a San Pietro e Cristo in Pietà e santi.
Nel primo affresco, eseguito nella cappella Sistina negli anni 1481-82, il discepolo di Cristo viene incaricato sia del potere spirituale sia di quello temporale, con un chiaro riferimento alla diretta investitura divina del mandato papale.
La scena principale mostra i personaggi in primo piano disposti in una simmetria che enfatizza il gesto di comunione fra Cristo a San Pietro, dove si evince una visione prospettica di ampio respiro accompagnata da un equilibrio ritmico, come equilibrato è lo studio dei colori.
Lo sfondo vede effetti scenografici importanti quali due archi di trionfo e un tempio a pianta centrale, i quali simboleggiano la Roma antica (con riferimento all’Arco di Costantino) e la Roma moderna (rivisitazione del Tempio di Salomone a Gerusalemme).
Elementi tutti, attraversati da una dimensione altamente armonica e quasi irreale grazie anche alle finiture in oro e alle lumeggiature.
Scena solenne, questa, che assume un aspetto ‘umano’ nel secondo piano, dove nei volti dei personaggi, dalla fisionomia ben definita, sono riconoscibili due artisti dell’epoca.
In Cristo in Pietà e Santi (1483-1493) lo sfondo è occupato da un tipo di architettura classica priva di ornamenti. Mentre la tensione drammatica del modello iconografico è mitigata dall’ordine della composizione che si fonda su calibrate corrispondenze simmetriche e sulla sinergia fra sguardi e gesti.
Qui, il dolore viene espresso attraverso la solitudine percepita dall’osservatore, come si può percepire il silenzio da cui è pregna ogni figura; degno di nota, a tale proposito, è la posizione di Nicodemo e di Giuseppe d’Arimatea, posti agli estremi della composizione.
Sul finire del 1400, ha termine per il Perugino il periodo di maggior splendore, forse a causa di un cambiamento di favori tributati al pittore. O forse, per un mutamento di stile, o ancora, per l’inadeguatezza dello stesso ad adattarsi a nuove tendenze.
Declino, che lo spinge a ritirarsi in Umbria, ancora capace di dare all’arte opere meritevoli di grande apprezzamento.
Lì, nella città che gli ha dato i natali dipinge Adorazione dei Magi e il Martirio di San Sebastiano. A seguire Sant’Antonio abate, e sempre nella sua città due pale d’altare conservate in Duomo.
Infine, a causa della peste, a quasi 80 anni d’età, si spegne; e con lui si spegne uno dei maestri del Rinascimento italiano, lasciando un’ampia eredità ai suoi discepoli. Pinturicchio e Raffaello, di cui è stato maestro, fra questi; tutti di ampia levatura pittorica.
Sepolto in prossimità di un albero, è soltanto nel 1911 che gli viene data sepoltura in un monumento funebre presso la chiesa dell’Annunziata. Chiesa che a suo tempo aveva goduto delle sue sapienti pennellate nell’affresco l’Adorazione dei Pastori, della cui visione ancora si può godere.
A Cinquecento anni dalla sua morte, un recupero della sua arte e del ruolo di ‘miglior maestro d’Italia’, così come a suo tempo è stato definito, è pressoché inevitabile.
Sono soprattutto i suoi luoghi d’origine a ricordarlo con eventi e mostre, affinché la memoria di uno dei più rappresentativi esponenti dell’arte italiana non vada perduta.
“Io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute: se ora vi dispiacciono e non le lodate più che ne posso io?” – Il Perugino (riportato da Giorgio Vasari)
Written by Carolina Colombi