“Lo sguardo di Medusa” di Natalie Haynes: la storia narrata da una testa recisa
Spesso quando si parla di storie tratte dalla mitologia, specialmente per la classe anni ’80, la prima cosa che torna alla mente non è l’epica omerica e nemmeno una delle bellissime tragedie del teatro greco e romano: la primissima cosa che tutti ricardano è la sigla di Pollon e l’improbabilità del modo in cui i miti vengono narrati.
In Italia è arrivata una versione censurata ma non toglie poesia a questo cult dell’animazione. Ma lo ammetto, nonostante l’andamento delle storie che ricorda un po’ lo spettacolo di Benny Hill, le storie del mito rimangono impresse anche così.
Alcune di queste storie sono così tristi che una certa dose di umorismo può solo far bene ma, c’è da dire che c’è veramente poco da ridere.
Com’è che si dice? Una cosa fatta da uomo è sempre una bricconata ma se una donna osa fare lo stesso non è ad una marachella che si pensa.
Nel 2021 Natalie Haynes era entrata di prepotenza nel mondo del retelling mitologico con il bellissimo Il canto di Calliope; la scrittrice ci riprova nel 2022 con Lo sguardo di Medusa edito sempre per Sonzogno.
È riuscita a ripetere il colpo grosso?
Diciamo che il centro del bersaglio è stato mancato, anche se non di molto. Non fraintendete, il romanzo è scritto benissimo ma… Non convince in toto.
Come nel romanzo precedente, all’interno della storia di Medusa, si intrecciano le storie che, in un modo o nell’altro hanno intrecciato il suo cammino.
Questa volta, la voce che tiene insieme le varie parti del coro non è una musa ma lo stesso Gorgoneion; ovvero il capo reciso di Medusa.
Non è un segreto che la testa recisa della gorgone, umana solo per metà, avesse un potere con una vita propria che è andato ben al di là della vita terrena della sfortunata ragazza che nulla aveva fatto se non essere stuprata da Poseidone.
Non riesco mai a capire perché, anche nella nostra società moderna, la vittima è sempre più colpevole di chi ha commesso il reato. Ci dev’essere qualcosa di sbagliato nel modo in cui le parole vengono usate? Non lo so e dubito che il problema verrà risolto a breve.
Non si può parlare di Medusa senza parlare di Perseo, il grande “eroe” figlio di Zeus. In effetti, questo è uno dei problemi più grossi del libro: si parla di Perseo anche fin troppo.
Se non volevamo dare importanza a questo personaggio perché da sempre ammantato di una falsa gloria dovutagli solo in quanto uomo e “figlio del capo”, allora abbiamo sbagliato qualcosa.
Lo stesso Gorgoneion non fa altro che atteggiarsi a creatura oltraggiata ma l’unico risultato di certo ottenuto è una petulanza a tratti fastidiosa.
Ma, dicevamo, Perseo è solo uno dei problemi.
L’altro elemento che mi ha turbata è Andromeda. Nonostante quello che i suoi occhi vedono, nonostante la freddezza di giudizio nei confronti dell’atteggiamento frivolo di sua madre, non riesce a discostarsi dal cliché della principessa persa d’amore per un bellimbusto appena arrivato e di cui non conosce nulla.
Non vede la perfidia che si è insinuata in un giovane che ha scoperto il Potere, non vede la malvagità di un ragazzino che si è scoperto virile solo in virtù dei doni di altri.
Ah, cosa non fa all’animo umano la fama…
Andromeda è un’eroina mancata: desidera volare fuori da casa ma riesce ad infilarsi solo nella tana del serpente.
Non si può dire che questo sia un libro mal riuscito, anzi, a tratti è piacevole e ci sono degli spunti di riflessione interessanti ma non ha la potenza del canto della musa Calliope.
Alcune parti di questo romanzo sembrano forzate, come se fossero di troppo e ostacolassero il ritmo di una narrazione di per sé meritevole.
Mi è dispiaciuto che questo libro non mi sia entrato nel sangue, ma deve essere vera la massima che recita qualcosa in merito al buco delle ciambelle.
Forse sta qui la differenza tra una storia narrata da una dea e quella narrata da una testa recisa destinata ad essere poco più che un ornamento mortale su di uno scudo o un’egida.
Written by Altea Gardini