“Mary” di Anne Eekhout: la vera storia di Frankenstein, il moderno Prometeo

Frankenstein o il Prometeo moderno, pilastro della letteratura gotica, nasce dalla penna di una ragazza di diciannove anni, Mary Shelley, nata Wollstonecraft Godwin.

Mary di Anne Eekhout
Mary di Anne Eekhout

Una vita ancora giovane ma già segnata da perdite, imbevuta di lettere, letture e cultura, accesa dalla passione per Percy e avvelenata dalla gelosia verso quest’uomo che vive secondo l’idea dell’amore libero. Questa la biografia assai nota di Mary il cui apice è il 1816, anno capitale nella stesura di Frankenstein. In seguito a un accurato studio esteso alla produzione diaristica ed epistolare di Mary, la pluripremiata autrice Anne Eekhout restituisce la voce alla donna e alla scrittrice, due aspetti inscindibili di una personalità complessa.

Mary (Neri Pozza, 2022, pp. 335, trad. di Laura Pignatti) è un romanzo storico che intreccia i fatti del 1816 con il soggiorno scozzese di Mary del 1812, gravido di suggestioni che confluiscono nella genesi del capolavoro.

Nel maggio 1816, l’anno senza estate funestato da piogge incessanti e da un cielo plumbeo, Mary è in villeggiatura a Ginevra. Nella cornice di villa Diodati, ella è in compagnia del marito Percy e della sorellastra Claire cui si aggiungono John Polidori e Lord Byron, detto Albe. Mary e Percy hanno portato in Svizzera anche William, il loro secondogenito; pur amandolo molto, la madre è ancora tormentata dal dolore per la morte della prima figlia.

Il gruppo trascorre le serate davanti al camino, bevendo vino e laudano e leggendo storie di fantasmi. Albe lancia una sfida: ognuno di loro ne scriverà una; vincerà l’autore di quella più spaventosa. Mary ha già la sua storia.

Nel giugno 1812 ella trascorre un soggiorno a Dundee, in Scozia, per guarire da una malattia cutanea; è ospite presso la famiglia Baxter. William ha perso la moglie un anno prima e vive con i figli Isabella, Robert e Johnny mentre Margaret, sposata con David Booth, abita poco lontano. L’amicizia di Mary aiuta Isabella a tornare a vivere dopo il silenzio e la solitudine in cui si è rifugiata in seguito alla morte della madre. Mary si sente parte della famiglia; l’enigmatico signor Booth, che le appare come l’uomo dei misteri, nutre l’immaginazione della futura scrittrice, la quale trae dalla terra scozzese l’humus in cui affonda il suo spaventoso romanzo.

Quando Mary arriva a Dundee, dopo una vita trascorsa a Londra, sa già che lì troverà ciò che sta cercando, per quanto lei stessa ignori la natura di ciò che cerca. L’oggetto di questa quête è dentro di lei; certo, ella si interessa del mondo al di fuori ma è concentrata soprattutto sul proprio universo interiore abitato da fantasie, incubi e sogni a occhi aperti. Il suo cervello è in grado di collegare cose che non sono mai state collegate e che forse non dovrebbero nemmeno esserlo.

In quella regione silenziosa, quasi racchiusa in una bolla atemporale, Mary conosce una realtà inedita ma non meno reale delle contraddizioni di Londra, città gloriosa e miserabile, nobile e sordida, e fantasmagorica, rumorosa, dura. L’universo sembra aprirsi e arricchirsi di possibilità; il mondo del sapere, della logica, della verità ha lasciato il posto a un mondo in cui nascono storie e in cui qualsiasi cosa può esistere ed essere vera. Le streghe, i mostri, le creature leggendarie della mitologia scozzese per Mary non sono così inconciliabili con una concezione razionalistica della realtà; sono fantasie tremende sì, ma aprono uno squarcio dentro di lei e lì iniziano a esistere.

La sua mente immaginifica attinge alla realtà, la plasma e la espande fino a farla crescere e diventare qualcosa di più della verità. I sensi sono coinvolti in questo processo creativo; l’olfatto, il tatto, la vista le restituiscono odori, sensazioni e immagini che risiedono dentro di lei.

Mary di Anne Eekhout - Photo by Tiziana Topa
Mary di Anne Eekhout – Photo by Tiziana Topa

Mary nota che il volto del signor Booth sembra diventare grottesco, addirittura cambiare, se osservato troppo a lungo; egli le stringe la mano e, insieme, sembra toccarle anche la testa in un modo che non ha nulla di fisico, quasi emanasse un fluido che le provoca torpore. Le serate trascorse a casa sua insieme a Isabella sono reali, accadono, eppure i ricordi sfuggono alla memoria di Mary e si perdono nella nebbia, come se appartenessero a una dimensione onirica. Resta solo la labile traccia di qualche particolare che è Isabella ad aver dimenticato. Cosa è successo durante quegli incontri? E quel mostro rannicchiato nella fenditura di una roccia Isabella lo vede? Immobile e silenziosa, ella guarda nella direzione indicata da Mary; poi, con un’espressione indecifrabile mista di incredulità e paura, le sussurra quanto lo trovi fantastico. Allora Isabella ha visto quella creatura; allora quella creatura esiste. La fortissima suggestione emanata dal signor Booth si avvinghia come edera alla mente di Mary; l’improvvisa morte di Margaret è come un sasso che smuove acque torbide. Isabella sta elaborando a fatica il lutto della madre e la perdita della sorella la precipita di nuovo nel buio; si chiude in sé, si isola.

David esterna a Mary la propria apprensione per la salute psichica della cognata, una ragazza fragile che nascondeva dietro un’ostentata spavalderia una profonda gelosia verso Margaret. Sinuoso come una serpe, mette in guardia Mary; Isabella non è la persona che lei vede, è pericolosa, addirittura sembra in grado di fare cose apparentemente impossibili. Le insinuazioni del signor Booth non turbano Mary né scalfiscono l’amicizia tra le ragazze; anzi, l’uomo è spesso al centro dei loro discorsi, delle loro fantasie. Isabella parla di voci inquietanti sul conto del cognato, il quale, nel proprio birrificio, si dedicherebbe a strani esperimenti sulla vita.

Alla mente di Mary si affaccia l’immagine di quel mostro dalla natura più ferina che umana. Ha forse a che fare con il signor Booth? I sensi della ragazza si acuiscono; è attenta anche al linguaggio non verbale dell’uomo: vuole, deve scoprire chi egli sia.

È il Male, forse; ella inizia a vederne i segnali ovunque: nelle nuvole, nel vento, perfino nella voce di Isabella. Mary si ritrova nel covo della serpe in seguito a due incidenti; viene ospitata e accudita dal signor Booth il quale si prodiga per guarirla prima da un’insolazione, poi da una commozione cerebrale che la ragazza ha riportato dopo una rovinosa caduta da cavallo. In quella camera Mary vede, vive più di una realtà; fluttua in una dimensione capovolta dai contorni sfumati, torna nell’altra tangibile, ordinata e nitida.

La guarigione di Mary dopo il secondo incidente è come un brusco risveglio alla cruda luce del giorno; tutto è cambiato, tutto cambia perché Isabella è cambiata. L’imminente matrimonio con il signor Booth segna il suo ingresso nell’età adulta; ormai è una donna. Il dolore che acceca Mary non deriva tanto dalla perdita di un’amicizia che aveva quasi sfiorato l’amore e che sicuramente si era nutrita di passione fisica; l’artiglio che la ferisce a morte è la caduta di un velo, tutto ciò in cui aveva creduto credesse anche Isabella resiste tenace dentro Mary mentre la fede dell’amica non era radicata. Non era vera. Le storie raccontate, inventate, immaginate insieme, per Isabella sono giochi di adolescenti da riporre quando si diventa adulti. Sono fantasie e la fantasia deve fare spazio alla verità. Mary non accetta questa apostasia: se l’immaginazione è l’opposto della realtà, allora vedere la realtà dovrebbe rafforzarla; qualora la realtà fosse in grado di isolarla dal mondo e di arginarla, essa si rivelerebbe una menzogna a cui nessuno vorrebbe più credere.

Anne Eekhout
Anne Eekhout

Nei quattro anni che seguono, la fede incrollabile nel potere demiurgico dell’immaginazione resta uno dei pilastri della vita di Mary, convinta di riuscire a creare le cose con la forza della fantasia, così vera da generare verità. Ricordi, sogni, ciò che avrebbe potuto essere ma non è stato, ciò che non avrebbe potuto essere ma è comunque stato, si fondono e confondono in un vortice in cui verità e finzione diventano un continuum.

Quando Albe propone di scrivere una storia di fantasmi, Mary sente svegliarsi qualcosa che da tempo preme dentro di lei: è un quid informe che pretende una forma, una tempesta che infuria. Ella scriverà della cosa più spaventosa che esiste: un mostro a tre teste, desiderio, perdita e dolore, il suo mostro. Mary ha perso madre e figlia ma entrambe sono presenti nella sua vita con il silenzio assordante della loro assenza. È un vuoto che riempie le sue giornate, la sveglia gridandole all’orecchio nell’ora delle streghe. Mary nasce figlia e gestante; l’embrione della storia che racconterà è già impiantato nella sua mente neonata.

“L’idea c’è già da un pezzo. Esiste da secoli, da quando è nata la Terra, ed esiste tuttora. Ha visto lei. Ha scelto lei. […] Non solo la splendida verità, impacchettata nella storia, tremante di meraviglia, antica di secoli ma appena nata, ma anche quella cosa crudele, ribelle, che urla e le grida di aprire gli occhi. Ed è tutto vero.

 

Written by Tiziana Topa

 

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