“Gli amici di Eraclito” poesia di Charles Simić
“Gli amici di Eraclito”
Il tuo amico è morto, quello con cui
giravi per le strade
a tutte le ore, parlando di filosofia.
Perciò, oggi sei andato solo,
fermandoti spesso per scambiarti di posto
con il tuo compagno immaginario,
e ribattere a te stesso
sul tema delle apparenze:
il mondo che vediamo nella testa
e il mondo che vediamo ogni giorno,
così difficili da distinguere
quando dolore e sofferenza ci piegano.
Voi due spesso vi siete fatti trascinare
tanto da trovarvi in quartieri strani
persi tra gente ostile,
costretti a chiedere indicazioni
proprio sul ciglio di una suprema rivelazione,
a ripetere la domanda
a una vecchia o a un bambino
che potrebbero essere entrambi sordi e muti.
Qual era quel frammento di Eraclito
che stavi cercando di ricordare
quando sei inciampato nel gatto del macellaio?
Nel frattempo, tu stesso ti eri perso
fra la scarpa nera nuova di qualcuno
abbandonata sul marciapiedi
e il terrore improvviso e l’ilarità
alla vista di una ragazza
abbigliata per una notte di ballo
che sfreccia sui pattini.
Nato a Belgrado nel 1938, Charles Simić (vero nome Dušan Simić) è deceduto il 9 gennaio 2023 a Dover all’età di 84 anni. Poeta e traduttore statunitense di origine serba è stato insignito nel 1990 del Premio Pulitzer per la poesia con “The World Doesn’t End”. I suoi primi anni di vita coincidono con gli eventi della Seconda guerra mondiale che influenzarono la visione del mondo trasmetta tramite le sue opere.
A sedici anni, nel 1954, si trasferisce con la famiglia negli Stati Uniti e precisamente a Chicago. La sua carriera da poeta iniziò negli anni Settanta, la critica si espresse sulle sue poesie con “strettamente costruite come scatole cinesi”. Si occupò di traduzioni, di saggistica, di filosofia, di jazz, di arte in generale.
Nella presente lirica “Gli amici di Eraclito” si nota lo stile del poeta che utilizza oggetti concreti per trattare di concetti universali perché l’arte è ispirata e deve trascendere la persona che scrive per inserirsi nella tradizione di un discorso che l’essere umano sta tessendo da migliaia di anni.
“Qual era quel frammento di Eraclito[1]
che stavi cercando di ricordare
quando sei inciampato nel gatto del macellaio?”
“interrogai me stesso” – Eraclito
In lingua originale
“The Friends of Heraclitus”
Your friend has died, with whom
You roamed the streets,
At all hours, talking philosophy.
So, today you went alone,
Stopping often to change places
With your imaginary companion,
And argue back against yourself
On the subject of appearances:
The world we see in our heads
And the world we see daily,
So difficult to tell apart
When grief and sorrow bow us over.
You two often got so carried away
You found yourselves in strange neighborhoods
Lost among unfriendly folk,
Having to ask for directions
While on the verge of a supreme insight,
Repeating your question
To an old woman or a child
Both of whom may have been deaf and dumb.
What was that fragment of Heraclitus
You were trying to remember
As you stepped on the butcher’s cat?
Meantime, you yourself were lost
Between someone’s new black shoe
Left on the sidewalk
And the sudden terror and exhilaration
At the sight of a girl
Dressed up for a night of dancing
Speeding by on roller skates.
Note
[1] Eraclito di Efesto ((Ἡράκλειτος ὁ Ἐφέσιος, 535 a.C. – 475 a.C.) del cui testo ci restano pochi frammenti, circa 126, ritrovati in vari libri posteriori al filosofo sottoforma di citazione. Sin dall’antichità fu denominato l’Oscuro per la brevità dei suoi scritti che ricordavano il modo oracolare. Citazioni di Eraclito