La casa dei Tarocchi #27: i Tarocchi Marsigliesi di Anna Maria Morsucci ed Antonella Aloi
Sono convinta che per poter “leggere” le immagini archetipiche dei Tarocchi sia necessario un profondo coinvolgimento immaginale. Entrare in relazione con queste carte meravigliose è l’impresa creativa che andiamo a compiere ascoltando le polifonie dell’anima quando ci addentriamo con curiosità nel regno arcano.
Osservare e interpretare una figura simbolica è sempre un viaggio narrativo che parte dal piano della sensazione, se i nostri occhi si aprono alle immagini, e poi spalanca nuove parole chiave come quando dentro una matrioska ne troviamo altre.
Leggere i Tarocchi significa dunque aprirsi alla visione interiore, allenando l’intuizione per fare di noi stessi i cantastorie del Mondo (XXI). Estrapolando il filo rosso dai sensi estroversi, seguendo i passi svelti del Matto (0) e sperimentando le azioni sempre più efficaci del Mago (I), nel percorso tracciato dai ventidue Tarocchi scorgiamo il tessuto a colori della nostra stessa vita.
Pensiero e sentimento, sensazioni e intuizione sono chiamate all’appello per collaborare nella psiche, perché necessitiamo di tutte le funzioni che abbiamo in dotazione, per non limitare i significati del disegno alla base letterale della “stesa” estratta e posizionata sul tavolo, così da permettere a Logos di volare con Eros.
Scrivo questa debita premessa perché ritengo basilare la questione dell’approccio immaginale agli arcani maggiori e minori, appunto, e lo dico riferendomi non solo ai “tarologi”, ma a tutti gli altri appassionati di quest’arte rivitalizzante che è il dialogo con i Tarocchi.
Le autrici del saggio “Tarocchi Marsigliesi” sul quale mi accingo a riflettere in questa sede, senza dubbio condividono la visione suddetta, poiché definiscono le medesime fondamenta psicologiche, lontane dal modus operandi di chi punta sull’adeguamento alle regole dettate da questo o da quel maestro, suggerimenti che, spesso, da indicazioni diventano dogmi sciorinati a memoria come verità assolute, con quella punta di “divinazione” offerta all’altro come se fosse un farmaco miracoloso che possa placare temporaneamente le ansie di chi cerca un consulto, se non le aumenta, così da stimolare in ogni caso una dipendenza dal gioco del responso.
Posso quindi affermare che le competenti autrici, Anna Maria Morsucci e Antonella Aloi, osservano i Tarocchi con lo sguardo di chi dice no alla rigidità, invitando i lettori ad afferrare con coraggio le redini del Carro “intuito”, a ghermire la manovella della Ruota, persino, al fine di illustrare al curioso esploratore la metafora viva di queste icone che sono al contempo semplici e complesse.
Occorre una certa libertà di spirito per entrare in gioco con le figure più resistenti agli urti del cambiamento culturale e al contempo elastiche nel loro sapersi rimescolare e adattare alle richieste del tempo. Se anche voi siete ricercatori e ricercatrici di metafore vive, immagini vivaci e vitalizzanti, dunque, vi presento un libro che, per essere gustato e utilizzato al meglio, richiede una propensione all’approccio creativo di cui sopra.
“Tarocchi Marsigliesi – Guida all’Interpretazione”, Edizioni Lo Scarabeo, collana Arcana, seconda edizione del 2022, rivista e ampliata, di “Tarocchi Marsigliesi per Tutti”, pubblicato nel 2017, è un volume scritto e curato da Anna Maria Morsucci e Antonella Aloi.
La Morsucci è giornalista, coach, astrologa, esperta di Tarocchi Marsigliesi, mentre Antonella Aloi è psicologa. Non bisognerebbe giudicare un libro dalla copertina ma è necessario dichiarare l’ottima fattura della stessa, la quale si presenta con un abito di un viola spirituale molto coinvolgente, ed è morbida al tatto. Al centro del libro splende chiaro e forte il Sole dei Marsigliesi.
Il mazzo che illustra il testo è stato creato da Anna Maria Morsucci in collaborazione con Mattia Ottolini nel 2019, su template di Nicolas Conver.
Il saggio è un manuale how to do ma anche certamente how to look at the word and the World, direi, come osservare la parola che parla senza parole, quello che è “uno dei mezzi più narrativi che l’uomo abbia mai inventato”, e nel Mondo, quello antico eppure contemporaneo dei Marsigliesi, “modello iconografico sviluppatosi nel corso di oltre due secoli a partire dal tardo Seicento”, articolatosi in numerosi esemplari differenti della stessa idea matrice diffondendosi in tutta l’Europa meridionale per poi raggiungere il più lontano angolo della terra.
Senza dubbio il modello dei Marsigliesi è il più diffuso di tutti, apparentemente semplice ma ricco di possibilità proiettive, il migliore da utilizzare nel lavoro con i singoli e nei gruppi. I mazzi francesi, a detta delle autrici, sono quelli che, “più di altri, ci permettono di sviluppare la nostra intuizione e immaginazione”.
Interpretare i Tarocchi è entrare in dialogo con noi stessi, scrivono ancora le due studiose, e con la persona cui si stanno leggendo le carte, per trovare la chiarezza e l’ispirazione necessarie a fare un passo avanti nella vita: risolvere un problema, crescere, imparare il mondo con gli occhi dell’anima. Non può diventare un processo meccanico, ovviamente.
Leggere i Tarocchi significa utilizzarli come strumenti di consapevolezza e introspezione. Sono immagini che “parlano con un linguaggio simbolico universale”. Naturalmente concordo con questa visione completa dei Tarocchi come “ponte fra l’intuizione e l’autoriflessione”.
Nel Capitolo Primo troviamo un approfondimento che risponde alla domanda “Che cosa sono i Tarocchi?” Che gli arcani maggiori (e minori) non siano una cosa sola è importante sottolinearlo: “carte da gioco”, “testo sacro”, “libro divinatorio”, “antologia di immagini popolari” che a me rimandano anche al percorso seguito da alcuni libri didattici come l’Orbis Sensualium Pictus di Comenio (1658).
L’interpretazione di questo libro arcano di settantotto carte, ovvero cinquantasei più ventidue, è “legata a un preciso codice narrativo e simbolico”. I Tarocchi sono stati certamente ritenuti, e lo sono ancora, una “via di illuminazione spirituale” e al contempo ludica.
L’aspetto sociale e poetico corale delle carte è stato trattato da moltissimi studiosi, alcuni dei quali riportati nella accurata bibliografia. Le autrici sottolineano questo livello che presenta i Tarocchi come “gioco di ruolo” letterario in cui “agli attori (membri della corte) venivano assegnate delle carte estratte dal mazzo, icone stimolo che dovevano interpretare al meglio, magari declamando un estemporaneo sonetto”.
Meraviglioso, è esattamente l’area del Tarot Telling che adoro, in quanto sottolinea la potenza proto-psicodrammatica degli arcani, perché, per dirla con Johan Huizinga, giocare (per gli psicodrammatisti mettere in scena è sempre un “gioco”) è proprio “fare cultura”. Vero è che la precisione del codice, anche se può essere definita, apre a più livelli interpretativi.
Interpretare non significa, suggerisce Carl Gustav Jung, incasellare il simbolo in un unico punto di vista ma aprirsi almeno a una duplice prospettiva, perché estrarre il senso è esistere mercurialmente, ovvero riconoscere la portata di Mercurio, il Dio simbolo della trasmutazione, quello stesso Hermes che spesso viene associato ai nostri ventidue elementi, parla la lingua del paradosso che abita ogni saggia interpretazione, e poiché i Tarocchi sono Personae che si muovono immaginali in contesti articolati, non possono essere fissati in interpretazioni dogmatiche.
Le autrici sono concordi nell’affermare che ruoli, situazioni e stati d’animo dentro le carte “attivano la nostra intuizione e attraggono altre immagini che ci aiutano a vedere le cose” mediando tra i livelli della vita.
Morsucci e Aloi citano la famosa sincronicità. Nel pensiero junghiano la sincronicità è un principio di nessi a-causali, non caso, non causa, che collegano gli eventi interni ed esterni, aprendoci al simbolico. Se gli archetipi in sé sono inconoscibili, un po’ come il noumeno kantiano, tanto che nominarli è come nominare tutto e nulla per fissare l’indicibile, le immagini simboliche dei Tarocchi come fenomeni invece si prestano a fare da tramite al simbolo, sono voci universali che parlano un linguaggio vivo e spesso la parola è breccia, sincronicità che si attiva. Una parola che collega al sogno, senza dubbio, ma anche del sintomo. La parola mercuriale dell’inconscio è una parola che i Marsigliesi ben sanno rappresentare, dando eco alle figure dell’inconscio collettivo, porgendosi a proiettivi.
Dal Rinascimento a oggi, da Marsilio Ficino agli ultimi esperimenti di Deviant Art (vi invito a dare un’occhiata) nel tempo i nostri ventidue hanno conservato la potenza alchemica della ricerca umana fondamentale, quella che ci porta sulla via dell’unione degli opposti. Nella scelta di soffermarsi sui Marsigliesi, le autrici offrono le basi per un buon uso del Tarocco che, da “gioco da osterie, intrattenimento lirico delle classi privilegiate delle corti italiane, strumento iniziatico per eletti” va oltre, aprendo la via alla meditazione e alla lettura come relazione.
Queste carte hanno svolto una funzione poliedrica che si presta ancora ad attrarre diversi sistemi di interpretazione, quali Cabala, esoterismo a più livelli, occultismo, rafforzatisi, è da dire, a compensare l’eccesso di Ragione nell’epoca dei Lumi. Il suggerimento che Morsucci e Aloi offrono, e che accompagna il testo, è di utilizzare con le carte una relazione aperta allo stupore, accompagnati nel quotidiano, accesi al dialogo. Una guida della quale non si può far senza è certamente il loro piacevole e utile saggio.
Written by Valeria Bianchi Mian
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