Le métier de la critique: il mito del mare nella letteratura da Baudelaire a D’Annunzio
Fin dagli albori della letteratura si avverte una rivolta contro il tempo storico, il desiderio di accedere ad altri ritmi temporali, insomma un bisogno di trascendere il proprio tempo e di entrare in un tempo altro.
Il mare certamente esemplifica questo tempo “altro”, denso com’è di infinite e arcane connotazioni, carico di significanze e contenuti, in cui tutto allude a qualcosa di superiore.
Il mare mostra la verità celata, quella più antica che trascende i confini dell’io per protendere ad una dimensione “altra”, una dimensione che si sottrae all’eterno panta rei, l’inarrestabile fluire del tempo.
Sono quindi delle motivazioni arcaiche quelle che disciplinano il rapporto dell’uomo con il mare e proprio per la loro valenza primordiale hanno da sempre alimentato innumerevoli suggestioni letterarie ed artistiche.
Il mare infatti s’impone quale elemento aurorale, primigenio ed in quanto tale rimanda ad un’anteriorità, ergendosi a topos più ricorrente nella letteratura.
E proprio nella letteratura si presenta come un protagonista senza voce, che tracima come un’impetuosa onda dalle pagine, assumendo molteplici riconfigurazioni e ri-semantizzazioni colme di vita e pathos, a volte intrise di lacrime che raccontano le lacrime amare versate da tante eroine, donne abbandonate, amanti rinnegate. Un mare dunque che serba in sé un ossimoro: la vita e la morte, le due antinomie dell’esistenza.
Nella letteratura classica, esso è considerato l’ostacolo che l’eroe deve superare e a causa del quale delle volte perisce:“O nimium caelo et pelago confise sereno nudus in ignota, Palinure, iacebis harena.” che troviamo nell’Eneide di Virgilio (V 870; traduzione: “O troppo fidente nel mare e nell’orizzonte sereno, ignudo giacerai, Palinuro, sopra un’ignota arena”.
Così Ulisse è destinato a naufragare a causa dell’ira di Poseidone.
Nel Canto XXVI dell’Inferno, Dante si avvale della metafora del naufragio come castigo per tutti coloro che peccano di tracotanza;
Diversamente nel Medioevo è attribuito al mare il significato delle possibilità: Il Milione di Marco Polo è il resoconto di questi viaggi alla scoperta di mondi lontani;
Il mare diventa portatore di istanze e ideali romantici, “e il naufragar m’è dolce in questo mare”, scrive Leopardi mentre nell’opera di Melville diviene emanazione della forza devastante e disarticolante della natura che l’uomo subisce impotente.
Alla fine dell’Ottocento, il mare viene tinteggiato di tragico verismo dalla penna di Verga: se da un lato i suoi personaggi trovano sostentamento nel mare, dall’altro esso rappresenta un tempo stagnante, in cui qualsiasi tentativo di sovvertire il destino risulta vano: Il naufragio della “Provvidenza” ne I Malavoglia che avviene nel mare fa si che quest’ultimo assurga a spazio in cui i vinti non possono cessare di esser tali.
Tra l’uomo ed il mare intercorre talvolta un rapporto di somiglianza, esemplare è il romanzo Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway in cui l’atto della pesca si traduce in una lotta interiore, una dicotomia tra forza fisica e forza di volontà.
Questa connotazione introspettiva che viene attribuita al mare si riscontra nelle opere di molti poeti che hanno caricato di salvifico pathos le interazioni con esso: Saba, con l’Ulisse, Quasimodo, il cui amore ormai lontano viene rievocato dall’eco del mare, la Morante che nel suo romanzo L’isola di Arturo tratteggia i contorni di una dimensione mitica .
Talvolta è proprio lo stile a fondersi con il mare, cadenzando e scandendo ogni parola, ogni verso con il ritmo delle onde.
Leggiamo in Alcyone, Gabriele D’Annunzio, con “L’Onda”.
“Nella cala tranquilla/ scintilla,/ intesto di scaglia/ come l’antica/ lorica/ del catafratto,/ il Mare./ Sembra trascolorare./ S’argenta? s’oscura?/ A un tratto/ come colpo dismaglia/ l’arme, la forza/ del vento l’intacca./ Non dura./ Nasce l’onda fiacca,/ sùbito s’ammorza./ II vento rinforza./ Altra onda nasce,/ si perde,/ come agnello che pasce/ pel verde:/ un fiocco di spuma/ che balza!/ Ma il vento riviene,/ rincalza, ridonda./ Altra onda s’alza,/ nel suo nascimento/ più lene/ che ventre virginale!/ Palpita, sale,/ si gonfia, s’incurva,/ s’alluma, propende./ Il dorso ampio splende/ come cristallo;/ la cima leggiera/ s’arruffa/ come criniera/ nivea di cavallo./ Il vento la scavezza./ L’onda si spezza,/ precipita/ nel cavo/ del solco sonora;/ spumeggia, biancheggia,/ s’infiora, odora,/ travolge la cuora,/ trae l’alga e l’ulva;/ s’allunga,/ rotola, galoppa;/ intoppa/ in altra cui ’l vento/ diè tempra diversa;/ l’avversa,/ l’assalta, la sormonta,/ vi si mesce, s’accresce./ Di spruzzi, di sprazzi,/ di fiocchi, d’iridi/ ferve nella risacca;/ par che di crisopazzi/ scintilli/ e di berilli/ viridi a sacca./ O sua favella!/ Sciacqua, sciaborda,/ scroscia, schiocca, schianta,/ romba, ride, canta,/ accorda, discorda,/ tutte accoglie e fonde/ le dissonanze acute/ nelle sue volute/ profonde,/ libera e bella,/ numerosa e folle,/ possente e molle,/ creatura viva/ che gode/ del suo mistero/ fugace./ E per la riva l’ode/ la sua sorella scalza/ dal passo leggero/ e dalle gambe lisce,/ Aretusa rapace/ che rapisce le frutta/ ond’ha colmo suo grembo./ Sùbito le balza/ il cor, le raggia/ il viso d’oro./ Lascia ella il lembo,/ s’inclina/ al richiamo canoro;/ e la selvaggia/ rapina,/ l’acerbo suo tesoro/ oblìa/ nella melode./ E anch’ella si gode/ come l’onda, l’asciutta/ fura, quasi che tutta/ la freschezza marina/ a nembo/ entro le giunga!/ Musa, cantai la lode/ della mia Strofe Lunga.”
Esemplificativa è questa poesia, L’Onda, contenuta nella raccolta poetica “Alcyone” del 1903, D’Annunzio rievoca qui il suono e il ritmo delle onde del mare, mediante un’unica strofa che quasi par diventare una melodia.
Mentre in questo componimento poetico, L’uomo e il mare, Baudelaire celebra l’unione tra l’uomo e la natura che lo circonda, anzi si avvale di un parallelismo, che accosti l’animo umano ai moti del mare e che si traduce in una compenetrazione quasi totale.
“Uomo libero,/ sempre tu amerai il mare!/ Il mare è il tuo specchio:/ contempli l’anima tua/ nell’infinito srotolarsi/ della tua onda,/ e il tuo spirito/ è un abisso non meno amaro.// Ti diletti a tuffarti/ nel seno della tua immagine;/ l’abbracci con gli occhi/ e con le braccia,/ e il tuo cuore si distrae/ talvolta dal proprio battito/ al fragor di quel lamento/ indomabile e selvaggio.// Entrambi siete/ tenebrosi e discreti:/ uomo,/ nessuno ha sondato/ il fondo dei tuoi abissi;/ mare,/ nessuno conosce/ le tue intime ricchezze:/ tanto gelosamente serbate/ i vostri segreti!// E tuttavia da secoli innumerevoli/ vi fate guerra senza pietà né rimorsi,/ tanto amate la strage e la morte,/ o lottatori eterni,/ o fratelli inseparabili!”
La letteratura ha dunque perpetuato il mito del mare, alimentandosene copiosamente nelle varie epoche, riplasmandolo e infondendovi nuovo vigore, sublimando questo mito a mito della contemporaneità.
Written by Manuela Muscetta
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