“Sorella Outsider” di Audre Lorde: un mito underground del femminismo internazionale

Comincio a reagire per iscritto a pagina 142 di Sorella Outsider” di Audre Lorde, a meno di 100 pagine alla conclusione, dopo averci dormito su, al termine dell’undecima tornata, intitolata Gli usi della rabbia: le donne rispondono al razzismo. Sono reduce da un altro saggio, della medesima collana Culture radicali della Meltemi, scritto da Gloria E. Anzaldúa, Luce nell’oscurità, e devo dire che sto ancora dando, nonché ricevendo, al e dal tema/problema sono scura, lesbica, femminista, donna. E mi sento un po’ affaticato. Avrò tempo, poi, per riposare.

Sorella Outsider di Audre Lorde
Sorella Outsider di Audre Lorde

Quelli di Gloria erano sei saggi; questi sono quindici articoli, uno più inviperito dell’altro. Gloria era impalpabilmente più rilassante.

Nella più che tosta Prefazione di Rahel Sereke E voi state facendo il vostro?, leggo una poesia di Audre, intitolata Litania per la sopravvivenza, che inizia così: “Per quelle di noi che vivono sul margine/ Ritte sull’orlo costante della decisione/ Cruciali e sole…”, e poi continua a dire di altre varie specie di “quelle di noi”. Intuisco che l’autrice sia la probabile prima destinataria della propria poesia, essendo anche lei, ovviamente, una di quel gruppo indicato con quel “noi”.

Il primo articolo è La poesia non è un lusso, concetto che condivido in parte. Il marxiano che sonnecchia in me crede che il mangiare sia il progetto esistenziale più cogente, poi c’è il vestire, specialmente d’inverno, poi viene l’abitare sotto un tetto, poi il resto, tra cui la poesia, che non è un lusso, è una necessità, allorché siano state soddisfatte quelle prime tre.

“… poesia come illuminazione, perché è attraverso la poesia che diamo nome a quelle idee che –   prima che la poesia sia composta – sono senza nome e senza forma, non ancora nate, ma già sentite” – bella immagine di un battesimo, collegata al mito che il creato non esiste fino a che non viene archiviato dall’umana scienza. Similmente, per il fisico Bohr, un atto di misurazione causa una perturbazione fisica, e, finché non viene compiuta una misurazione, né l’elettrone A né l’elettrone B hanno uno spin preesistente in nessuna direzione.

“Il luogo del nostro potere di donna dentro ognuna di noi non è né bianco né in superficie; è buio, è antico, ed è profondo.”si dice che i primi Homo sapiens vengano dall’attuale Kenya, o forse dal Botswana, ma è certo che il primo di essi abbia avuto una mammina abbastanza Scura. È così anche per noi maschietti, per gli scimpanze, le galline che razzolano, i cani mentre defecano. En passant, questi ultimi sono gli animali la cui evacuazione è diventata un archetipo.

Mutatis mutandis, è così per gli umani tutti, nonché per gran parte degli esseri viventi, non so se anche per i virus. Gettare, a volte scaraventare, fuori di sé il superfluo diventa un atto sacro. E questo vale anche per le donne! Anche partorire è un gettare fuori. Sbarazzandosi dell’ormai inutile, ognuno può più facilmente proseguire il cammino verso i propri diritti. Come esperienza personale, devo dire che il bisogno più cogente è quello, dopo ci si sente più liberi di gestire i rimanenti.

“Per le donne, quindi, la poesia non è un lusso. È una necessita vitale per la nostra esistenza. Essa è la qualità della luce all’interno della quale affermiamo le nostre seprazne e i nostri sogni per la sopravvivenza e per il cambiamento, dapprma sotto forma di linguaggio, poi di idea, infine di più tangibile azione.”forse sono anch’io una donna e non me ne sono mai accorto. L’eventuale differenza potrebbe stare in quella tangibile azione. In che senso, si chiederebbe Verdone?

La poesia apre, o almeno socchiude, la mente ad almeno un essere umano: il poeta. Quel che prima pare soltanto ipotetico o addirittura nemmeno ipotizzabile, diventa reale. Poi dice bene il poeta, che sempre caro gli fu quell’ermo colle, anche se prima non ci aveva mai pensato abbastanza. Quando la misura è colma, si scrive.

O forse era già in misura bastevole, ma era zippato, e ora lui/lei lo sta scompattando e decrittando: “Questa non è vana fantasia, ma un’attenzione metodica al vero significato dell’espressione ‘sentire che è la cosa giusta’.” – aspirazione universale, mi auguro.

La trasformazione del silenzio in linguaggio e azione: per noi Nere, “perché per sopravvivere nella bocca di questo drago che chiamiamo america, abbiamo dovuto imparare questa prima e più vitale lezione: che non era prevista che noi sopravvivessimo.” – come gruppo libero, lei intende. Non come bestiame da allevamento. Nella nota a piè di pagina si chiarisce che non si tratta di un refuso, perché america sarà in minuscolo in tutto il volume. Nere/i è sempre in maiuscolo. In minuscolo sono donne, lesbiche, noi.

Graffiare la superficie: appunti sulle barriere tra le donne e l’amore: “Per noi donne Nere, come per gli uomini Neri, è un dato di fatto che se non siamo noi a definirci, saremo definiti dagli altri – per loro uso e a nostro svantaggio.” – il che capita agli oppressi Neri, nonché ai rosa, rossi e gialli.

“Lo sviluppo di donne Nere auto-definite, pronte a esplorare e perseguire il nostro potere e i nostri interessi dentro le nostre comunità, è una componente vitale nella guerra per la liberazione Nera.” – che speriamo sia conclusa al più presto con una vittoria e si raggiunga un accordo tra le parti (anche sulle iniziali).

“Per i razzisti, i Neri sono così potenti che la presenza di uno di loro basta a contaminare tutta una discendenza; per gli eterosessisti, le lesbiche sono così potenti che la presenza di una sola di loro può contaminare tutto il sesso femminile.”gente temuta, anche se con l’iniziale minuscola.

Usi dell’erotico: l’erotico come potere: “… quando cominciamo a riconoscere il nostro sentire più profondo, cominciamo a smettere, inevitabilmente, di accettare la sofferenza e la negazione di sé, o il torpore che così spesso sembra, nella nostra società, l’unica alternativa a esse.” – sentire l’eros che sta risalendo ci porta al di là dell’attuale civiltà, recandoci in un sublime Altrove.

Sessismo: il volto nero di una malattia americana: “Questo appello a darsi valore e a volersi bene è ben diverso dal narcisismo…” – il quale “… non deriva dall’amore di sé ma dall’odio di sé.” – tanto è vero che Narciso precipita in un luogo da cui non potrà più riemergere.

Lettera aperta a Mary Daly (la quale non mai risponderà): la quale, a occhio, vista su zia Google, è bianchiccia. Non mi viene da estrapolare alcunché. La lettera è una congerie di apprezzamenti e rimproveri, in certi punti più i secondi che i primi, in altri è il contrario. Non basta essere donne, lesbiche, insegnanti e scrittrici per comprendersi e rispettarsi, né essere Nere.

Uomo bambino: la risposta di una femminista lesbica Nera: qui, Audre, parli del tuo bimbetto, Jonathan. Scrivi: “Io vorrei crescere un uomo Nero che non sia distrutto da, né si ccontenti di, quelle corruzioni che padri bianchi chiamano potere e che significano la sua distruzione sicuramente quanto la mia.” – certo è un pericolo, quel poteraccio, che ubriaca gli animi e, nell’euforia alcolica, fa volare i missili. Lo sai che nella foga l’avevo scritto con la P maiuscola, ma poi l’ho abbassata per rispetto, ma non pensi che, per l’amore che sicuramente provi, anche tu puoi abbassare talvolta quella N? Ci si siede meglio, te l’assicura stefano pioli. Una curiosità: da zia Google immagini noto una tua grande somiglianza con entrambi i figli, più col maschietto però.

Adrienne Rich
Adrienne Rich

Un’intervista; Audre Lorde e Adrienne Rich: anche Adrienne è chiarina, vedo, col faccino simpatico, lesbica dichiarata dal 1976, per quel che conta (assai, mi pare), è un’intervista in cui l’intervistatrice è a volte intervistata. Le dici: “… la poesia per me ha sempre funzionato in un suo modo particolare fin da quando ero molto giovane…” – a domanda, dici, spesso rispondevi con dei versi. Bello!

“… non dobbiamo mai chiudere gli occhi al terrore, al caos che è Nero, che è creativo, che è femmina, che è oscuro, che è rifiutato, che è disordinato, che è…”e qui i puntini sono nel testo; ed è Adrienne a definire quel che esso è: “Sinistro…”.

Lampante idea: non c’è sinistro senza destro, non c’è caos senza un cosmo, non c’è creazione senza distruzione, non c’è oscuro senza luce, non c’è rifiuto senza accettazione, non c’è disordine senza ordine. Non c’è donna senza uomo, non c’è Nera senza bianca. Non c’è maiuscola senza minuscola. Non c’è energia senza massa. Non c’è particella senza onda. Non c’è prepotenza senza sottomissione, e via discorrendo. Un giorno però, meltemi, mi presenti bell hooks, minuscola autrice che m’intriga, che ha scritto, leggo nella penultima pagina: Insegnare e trasgredire. L’educazione come pratica della libertà. Strani quella I e quella L maiuscola per una come lei. Sento già di volerle bene, a bell hooks.

Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone, nemmeno con l’ecobonus (battuta): “Promuovere la mera tolleranza delle differenze tra donne è il riformismo più grossolano.” – non siete dei prodotti alimentari che a volte danno intollerenza e che perciò vanno variati, quando sono avariati. Siete dei beni tipici, DOP.

“Nell’interdipendenza di differenze reciproche (non dominanti) si trova quella sicurezza che ci permette di calarci nel caos della conoscenza e ritornare con vere visioni del nostro futuro, e insieme a esse il potere di realizzare quei cambiamenti che a quel futuro possono dare vita.” – occorre che entrambi gli agenti abbiano la consapevolezza che il seme con l’uovo, e non il primo come gameto del secondo, o viceversa, facciano nascere lo zigote. Nulla è più banale, vero Patriarca? Ma che caspita di cognome ti sei ritrovato alla nascita, zigoto Salvatore?

“… comunità non deve significare perdere le nostre diversità, né fingere pateticamente che esse non esistano…” – ricordiamoci sempre che è Eros vs Civiltà e che nel conflitto il differente non aspira all’uguaglianza quanto alla sopravvivenza, possibilmente gioiosa. E questo vale per tutti, specialmente per “quelle di noi che sono povere, che sono lesbiche, che sono Nere, che sono anziane”, che “sanno che la sopravvivenza non è un’abilità accademica.” – e non contempla dei successivi master. Essa è essenzialmente se stessa e null’altro.

Età, razza, classe e sesso: le donne ridefiniscono la differenza: parli di “razzismo” e di “sessismo”, due miti. Ricordo un servizio televisivo di un trentennio fa sul Progetto Lebensborn. Di esso ramento l’intervista a una di quelle dolly umane. Che dire? Simpatica, brunetta, un nasino alla Virginia Woolf, non sarebbe mai stata assunta come corista di un’opera di Wagner, ai tempi di zio Adolf. Dopo aver letto il saggio dei Gloria mi credo un metizo, e chi non si sente tale peste lo colga.

“… le bianche si focalizzano sulla loro oppressione in quanto donne e ignorano le differenze di razza, di preferenza sessuale, di classe e di età. Si fa finta, sotto la coperta della parola sorellanza, che ci sia una omogeneità di esperienza che nella realtà non esiste.” soror sempre incerta est.

Martin Heidegger
Martin Heidegger

Dici, con ironia, che le biancoline non hanno difficoltà a leggere i classici (forse anche Heidegger) ma con un certo snobismo affermano di stentare a capire la scrittura Nera. Non è che spaventi loro quella N? In ogni caso, vi giudicano “troppo diverse”… – molto più che Martin H. Lo sai che io capisco più te che quello schivo esistenzialista? Tu, alla fine, parli come mangi. Lui come digiuna.

“E credo che questo sia vero anche per le letterature di altre donne di Colore che non sono Nere.” – ci sarà qualche eccezione, dai. Tu però non ne parli più di tanto. Bella quella C!

“Il riconoscimento di qualunque differenza deve essere impregnato di colpevolezza.” – è come scorgere quello che è ammucciato all’interno del taglio su tela di Lucio Fontana. Basta darci un occhio e si trova una mezza risposta. Ma prima occorre darci un taglio!

La “circoncisione femminile”, diversamente da quanto “affermava il defunto Jomo Kenyatta”, celebre leader anticolonialista, “non è una faccenda culturale”, bensì “un crimine contro le donne Nere”: è contro l’umanità tutta, che diamine!

Ti definisci “una femminista lesbica Nera, che si trova a suo agio con i molti diversi ingredienti della sua identità, e una donna impegnata nella lotta per la libertà dall’oppressione sessuale e razziale” – un giorno, se ci si vedrà Colà, fissandoti, chiedo scusa, nel bianco degli occhi, ti dirò che Libertà meriterebbe la maiuscola. Anche se è soltanto un miraggio.

Oddio! Pare che “le donne Nere che un tempo affermavano che il lesbismo era un problema delle donne bianche, ora affermano che le lesbiche Nere sono una minaccia per la nazione Nera, che si alleano con il nemico, che sostanzialmente non sono Nere.” sono forse opache?

“… la nostra sopravvivenza futura si baserà sulla nostra abilità di rapportarci nell’uguaglianza.” – brava! Repetita iuvant!

Siamo giunti a Gli usi della rabbia: le donne rispondono al razzismo: “La mia paura della rabbia non mi ha insegnato niente. La vostra paura della rabbia non insegnerà niente neppure a voi.” – è un fronteggiare un’energia mediante un’altra: alla fine ognuna sarà negativa rispetto all’altra, come due particelle materia/antimateria, le quali collidendo producono un fotone di luce, ma poi scompaiono.

Una bimbetta biancolina vede la tua, entrambe sedute sul carrello della spesa e grida: “Guarda, mamma, una cameriera piccola!” – la quale genitrice le dice di tacere, senza correggerla. Mi ricorda, ma in meglio, quella volta che a Trieste (città stracolma di militi non volontari e di slavi che compravano merci da portare al di là del confine), mentre aspettavo in uniforme l’autobus, un bimbetto mi prendeva in giro: soldatino, soldatino…! Al che il Girolomoni che, infame, cova in me disse a sua madre: o la fa smettere lei oppure lo faccio smettere io, al che quella santa donna, anziché rispondermi, disse ridacchiando al suo marmocchio: lo senti cos’ha detto il soldatino? Contrastando alcuni rospi che, ingoiati, tentavano di risalire in superficie, rinunciai a commettere due omicidi. Avendo altri progetti nella vita, mi bastava un anno perso nella naja. Quando mi capita di tornare in quella splendida e candida città, cerco di dimenticare quei momenti, ma non è facile. Anche perché mica ero lì come volontario.

“La rabbia è carica di informazioni e di energia.”simile al tritolo, che se lo sbatti in terra non succede nulla, ma se lo infiammi…

“Io non sono libera finché c’è una donna che non è libera.” – anch’io, che non sono, mi pare, né donna né del tutto libero. Ogni catena fa storia a sé. Per cui ha senso il tuo: “… anche quando le mie catene sono molto diverse dalle sue.”

Imparare dagli anni sessanta: scritto per onorare Malcolm X. “Se c’è qualcosa che noi Neri possiamo inparare dagli anni Sessanta, è quanto infinitamente complessa debba essere ogni mossa verso la liberazione.” – la prigione non richiede tanta energia, se non al momento dell’evasione.

“…i Neri non sono una massa standardizzata e digeribile. Per lavorare insieme non abbiamo bisogno di diventare un miscuglio di particelle indistinguibili, come un latte al cioccolato omogeneizzato.” – come le api operaie, volte a servire l’unica regina. L’homo e la mulier sono sapientes perché sanno come galleggiare nel cosmo, inseguendo ognuno/a il proprio personal destiny.

“… ho imparato che se non ero io a definire me stessa, sarei stata triturata dalle fantasie degli altri su di me e mangiata viva.” – i fines, i propri limiti, sono linee da difendere: ognuno è la patria di se stesso. 

Parlando di tua madre accade un miracolo, usi la D maiuscola: la dici: “… Donna e Nera…” – dai che c’è ancora speranza!

“Gli anni Sessanta dovrebbero insegnarci quanto è importante non mentire a noi stessi. Non credere che la rivoluzione sia un evento una tantum, o qualcosa che succede attorno a noi invece che dentro di noi.” – concetti espressi da altri, ma sempre buoni.

A me, Malcolm è sempre stato simpatico, per il suo viso arguto e appuntito, per il suo essere uno smilzo spilungone, ma soprattutto per la sua capigliatura: era detto il rosso di Detroit! Anche a te piacque, soprattutto dopo il suo assassinio, e ti tramise tanta energia. Idem per me. Dimenticavo, non ho mai pensato a lui come a un Nero, ma come a un mio simile più alto, più scuro di pelle e più rosso di capelli.

Guardarsi negli occhi: donne Nere, odio e rabbia: “Capire come dirigere con precisione quella rabbia, invece di negarla, è stato uno dei maggiori compiti della mia vita.” – è un saper guidare (e parcheggiare) la vettura che si è, dopo aver conseguito la patente di sé.

“La rabbia, e usata, non distrugge. L’odio, sì.” – provo a capire: la prima è il sapere utilizzare l’energia derivata dal dolore, il secondo è quando il dolore diventa bramosia di vendetta, di distruzione. Concordo con te. Anch’io mi sentivo un diverso e qualcuno mi indicava, spesso con malizia, uno per uno tutti i miei deficit. Non sono riuscito ad amarlo, ma neppue a odiarlo. Oggi posso finalmente ringraziarlo.

Audre Lorde
Audre Lorde

“E l’odio augura la morte a ciò che odia, e non augura la vita a niente.” – a suo tempo, auguravo al mio stalker un po’ ed caghèt, al solo fine di sgonfiargli il pancino. Si sarà liberato di quell’aulente malloppo? M’interessa un po’ saperlo, non troppo però.

“Ci comportiamo come parte della comunità, ma ci sentiamo outsider, perservando il nostro auto-rifiuto di donne Nere, mentre pensiamo di averlo superato…” – posso dire Che bello?! Cara, affidati con tutta l’anima al tuo lavoro, Dovunque tu sia ora, e sii sempre te stessa, se puoi. E parte del resto, se ce la fai.

“Soffrire è questo, un circolo apparentemente senza via d’uscita.” – il cosmo è una boccia gonfiata che, non infinita ma illimitata, permette di camminarci dentro ma non intorno. Questo ci è dato di fare, mettre un piede davanti all’altro, all’interno di quel magico cerchio, per la nostra breve e dorata eternità. E ricorda sempre il detto del filosofo laureato Schwarzenegger: no pain, no gain.

“Alla fine, se ci diciamo la verità l’una con l’altra, diventerà inevitabile farlo anche con noi stesse.”amen e così sia!

Grenada rivisitata: un rapporto provvisorio: quel che gli yankee hanno compiuto nel mondo in generale e, nel 1983, nell’isoletta dei tuoi avi in particolare, è così umanamente penoso che mi vergogno di non essere uno scimpanzé piuttosto che un vile homo ignorans ignorans. Nulla riesco ad aggiungere. A prescindere… (come diceva Totò) dalla colpa degli uni e degli altri: tante meschine bestie, ognuno col suo quarto d’ora d’immonda gloria.

Appunti su un viaggio in Russia:E la bigliettaia e la capostazione erano donne.” – anni fa si diceva: pensa un po’, in Russia le donne guidano gli autobus! Accade ora anche nella mia piccola Reggio.

Tu scrivi “Black” che, tradotto, è “Nero”. Scopro che Malcom X disprezzava “Negro”, poiché la trova “troppo connotata da una lunga storia di schiavitù.” – ma, peggio di tutto è “nigger”, che è “fortemente dispregiativo”. Visto in un documentario televisivo di qualche anno fa: in una scuola per soli coloured, un insegnante coloured, così istruiva i suoi coloured alunni: Voi dovete essere fieri del colore della vostra pelle! Ripetete assieme a me: ‘I’m negro and beautiful!’. Parole, soltanto parole, parole tra noi

Ora ti trovi a Tashkent, Uzbekistan, e pensi di essere in Russia, che dista non più di tremila e cinquecento chilometri. Sei troppo abituato alla tua estesa america, mi sa. A Samarcanda incontri una persona che ti dice che “non aveva mia visto prima una donna Nera, aveva visto uomini Neri, ma mai una donna…” Ero in gita scolastica a Linate, andavo ancora alle elementari, quando vidi il primo coloured della mia vita, che chissà perché mi donò due monetine da cento lire: forse gli parevo poverello, o col viso sofferente. Oppure gli era simpatica la mia faccina. Non ricordo quando vidi, la prima donna della medesima razza, nella mia città. Vent’anni dopo?

“… i sovietici mi sembrano persone che ancora non possono permettersi di essere sinceri. Quando ci riusciranno, o diventeranno una meraviglia o andranno in rovina. Quello che mi fa arrabbiare degli Stati Uniti è che le persone fanno finta di essere sincere, e quindi gli resta ben poca speranza.” – perché quelle due iniziali maiuscole?

“… nell’unione delle repubbliche Socialistiche Sovietiche non c’è differenza tra uomini e donne.” non ricordo molte zarine del Pcus. Una volta ne sognai una di notte, ma avevo mangiato pesante.

“Quando ho chiesto direttamente quale fosse l’atteggiamento dell’URSS verso il razzismo americano, Madame ha detto con aria di rimprovero che ovviamente l’URSS non può interferire negli affari interni di qualunque altra nazione.”Ungheria e Cecoslovacchia escluse?

“Peccato che non le ho chiesto degli ebrei russi.”

Conclusa la lettura del tuo variegato saggio, mentre sto leggendo la Nota sulla traduzione, sto pensando che nella rossa Reggio dicevano: i róss in piò pêrta în ròss, mia sol ed cavî, i russi per lo più sono rossi, mica solo di capelli; e che a Rèş as dîş che al piò brêv di ròss à masê só mêdra, il più bravo dei rossi (di capelli, in questo caso) ha fatto fuori la sua mamma. Lo sai che poco fa, tornando a casa, m’è capitato di vedere un cagnone che portava a spasso il suo negrino? Che te ne pare di quest’antifrasi? Prima di rispondere e d’incavolarti, sappi che uno dei due ha raccolto la cacca emessa dall’archetipo dell’altro. Mia madre diceva nîgher, che per lei significa nero, anche un oggetto era tale: il dialetto arşân è all’80% composto di termini d’origine latina: nigra sum sed formosa. La grammatica è più nordica. Mamma diceva anche (e non era ironica nel dirlo, ma assertiva): un nîgher a gh à al sângov ròss cme al nôster: il sangue rosso come il nostro. E mé mêdra l’era più s-cèta che bèla! Era più schietta che bella. Un po’ come te.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Audre Lorde, Sorella Outsider, Meltemi, 2022

 

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