Intervista di Emma Fenu ad Irina Pampararo, autrice di “Respiro Nomade”
“La vita è un viaggio e chi viaggia vive due volte.” – Omar Khayyâm
Conosco Irina come scrittrice, come espatriata, come viaggiatrice, come professionista e come Donna: è una persona completa, magnetica, i cui apparenti contrasti sono originali connessioni, collisioni, assimilazioni. Il suo respiro è profondo, ti conduce nelle viscere della terra e della storia, passo dopo passo, ricordo dopo ricordo, progetto dopo progetto.
Irina Pampararo è uno spirito nomade: nata nel 1967 ad Asmara, in Etiopia, ora Eritrea. È cresciuta in Italia, si è laureata in Francia, ha visitato cinque continenti e più di cinquanta Paesi. Dopo anni trascorsi nel Sudest asiatico, si è stabilita a Bali, in Indonesia. Vive a Ubud e lavora come Sales & Marketing Manager da Gaya Ceramic, uno studio di design ceramico, condividendo con ottanta colleghi balinesi gioie e dolori di un lavoro appassionante. Ha appena pubblicato, con Gli scrittori della porta accanto, il suo primo romanzo, Respiro Nomade, un memoir autobiografico che racconta sprazzi di una vita in movimento.
Ed è soprattutto sul filo dei ricordi di viaggio che chiacchiereremo, stavolta su Oubliette Magazine.
E.F.: Cosa vuol dire avere un respiro nomade?
Irina Pampararo: Vuol avere un animo vagabondo, sentirsi in fibrillazione quando prepari le valigie. Significa percepire un richiamo che ti spinge a trasferirti in un Paese diverso, poi in un altro e in un altro ancora. Avere questo respiro intenso mi rende libera di scegliere il posto in cui fermarmi, secondo i sogni e le aspettative di un determinato momento della vita. Mi permette di cambiare direzione, di improvvisare. A dire il vero, ho un DNA nomade, la mia storia familiare ha creato le basi per diventare ciò che sono: nonni, genitori e fratelli hanno vissuto o vivono all’estero, zii e cugini si trovano sparsi in varie parti del globo.
E.F.: Come definisci la parola casa? E la parola mondo?
Irina Pampararo: Casa è una sensazione, non uno spazio reale. È un concetto legato alle emozioni, alla sfera intima, all’equilibrio interiore. Casa è dove la natura mi accoglie e dove incontro persone sintonizzate sulle mie stesse frequenze. Casa è la mia lingua, l’italiano, è la mia cultura. Sono le chiacchiere in famiglia, gli aperitivi con gli amici, i momenti felici e quelli complicati vissuti con loro. È il suono delle onde, la profondità del mare: durante le immersioni subacquee, tra bolle e creature marine la mia mente si apre e il corpo si rilassa… Casa. La mia casa è l’Africa, dove sono nata, l’Italia dove ho trascorso l’adolescenza, ma anche la Francia, la Spagna, l’Indonesia e tutti i Paesi in cui sono transitata.
Mondo è un caleidoscopio di colori, con miriadi di sfumature; è l’insieme di profumi e sapori diversi, suoni di lingue sconosciute; sguardi che si fondono con altri sguardi; pensieri che si incrociano. Osservo questo magnifico mondo quando mi soffermo sul contrasto di tonalità dei vestiti tradizionali, sui colori delle case, dei templi, dei fiori, dei mercati. Lo contemplo quando mi stupisco delle sfumature del mare, del cielo al tramonto, della natura.
E.F.: Il viaggio, l’espatrio, l’apertura verso altre culture che cosa ti ha insegnato, e che cosa vuoi trasmetterci?
Irina Pampararo: Spostarmi mi ha insegnato a non giudicare, a essere flessibile e avere spirito di iniziativa, capacità di negoziare e trovare compromessi. Mi concede di vivere come voglio, in modo semplice e naturale, senza sovrastrutture. Mi permette di imparare qualcosa ogni giorno, grazie allo scambio di opinioni con menti diverse e al confronto con idee nuove. Vorrei spronare i lettori a osare e perseguire i propri sogni con determinazione, trasformandoli in progetti. Per farlo, però, occorre studiare, impegnarsi, crearsi delle competenze che ti consentano di trovare lavoro in giro per il mondo.
E.F.: Fra dieci anni dove ti immagini? E hai un piano B?
Irina Pampararo: Con Beppe, mio marito, discutiamo spesso su dove vorremmo trascorrere la vecchiaia. Tra dieci anni potremmo tornare nella nostra Itaca, la casa gialla tra le vigne del Monferrato, chissà. Il piano B c’è sempre, pensarlo mi fa stare bene: è ritornare ad essere nomade. Sembra assurdo, ma da quando vivo a Bali sono stanziale, per via del mio lavoro, che amo, e per il fatto nostro figlio sta frequentando l’ultimo anno di liceo e, quindi, muoversi non era un’opzione. Ci piacerebbe trascorrere quattro mesi a Bali, quattro in Italia e quattro in giro per il mondo, ma siamo aperti ad altre avventure, secondo quel che capiterà nel frattempo.
E.F.: Progetti futuri in ambito letterario?
Irina Pampararo: A corto raggio, mi piacerebbe far tradurre Respiro Nomade in inglese e continuare a scrivere di viaggi e di espatrio. Più in là, mi piacerebbe trovare il tempo per scrivere un secondo romanzo. Lo immagino non autobiografico, che abbia come sfondo paesi lontani… con il viaggio co-protagonista, va de sé.
E.F.: Lasciaci con un’immagine di Bali, una tua, personale, e una dell’Italia. Che cosa ti viene in mente senza riflettere?
Irina Pampararo: Bali è aquiloni e aironi che sorvolano le risaie, lunghe processioni che avanzano verso i templi, kebaya colorate delle donne che contrastano gli abiti bianchi degli uomini. È profumo di frangipani e incenso; sono file di macchine immobili per un parcheggio selvaggio e nessuno che suona il clacson o impreca; sono frecce lampeggianti a sinistra mentre lo scooter gira a destra; cani randagi, galli e maiali che sbucano all’improvviso tagliandoti la strada.
L’Italia è viottoli lastricati nei centri storici, piazze incantevoli, chiese e musei; sapore di un cappuccino mescolato con quello del tramezzino tonno e carciofini, vigne, vociare degli amici e tintinnio di calici di vino; calore dell’abbraccio dei famigliari quando poso le valigie. Se vuoi saperne di più, controlla il suo sito Apomondoindonesia.
Written by Emma Fenu
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