Intervista di Emma Fenu ad Antonella Squillace, autrice del romanzo storico “Leah. Dall’altra parte del mare”
Ci siamo incontrate sul palco del Festival Le MusE, festival itinerante della Letteratura, della Musica e dell’Arte Femminile a Sanremo.
Donne, scrittrici, a parlare del senso di una lettura definita di genere e di se stesse, del proprio percorso umano e professionale, della propria storia dipanata nei libri.
Antonella e la sua Leah mi hanno colpito: ho percepito lo studio, la dedizione, la passione. La voglia di dare voce a chi non l’ha avuta.
Ed oggi sono felice di intervistarla, proseguendo il filo dei nostri discorsi e vite, per Oubliette Magazine.
Antonella Squillace, nata e residente a Sanremo, insegnante, è Laureata in Pedagogia e in Scienze Religiose, oltre ad aver conseguito corsi di perfezionamento in Geografia delle Religioni, Pedagogia del Territorio e Didattica dell’insegnamento ed un Master di Storia del Novecento.
Ha fondato l’Associazione di mediazione culturale “Mappamondo” per l’integrazione dei cittadini stranieri. Ha contribuito alla realizzazione dei libri-intervista “Sguardi di donne che arrivano da Lontano” e “Migrare ieri e oggi. Il viaggio della mia famiglia”, un romanzo storico, “Ho combattuto anche per te – storia di un fante contadino”
L’idea dell’ultimo romanzo, “Leah. Dall’altra parte del mare” (edito da Leucotea), nasce da una grande passione per la cultura e le tradizioni ebraiche e al desiderio di voler ricostruire una memoria dimenticata, quella dei tanti ebrei, costretti a convertirsi dopo l’Editto del 1492 anche in Italia.
E.F.: Come è nata l’ispirazione per il tuo romanzo “Leah. Dall’altra parte del mare”? C’è alle spalle un’antica passione?
Antonella Squillace: Tutto ha avuto inizio dopo uno stupendo viaggio in Andalusia fatto qualche anno fa. È difficile descrivere le sensazioni provate, in particolare nella città di Cordoba, tra quelle case, camminando per quelle strade, è stato come se i colori di quelle giornate mi avessero ammaliata, come se stessi facendo, oltre che un viaggio nello spazio, anche un viaggio nel tempo. In realtà era una storia che mi era dentro da sempre. L’avevo però accantonata, quasi a farla sedimentare un po’, per fare spazio ad altro. Nel frattempo, infatti, avevo messo mano alla ricostruzione della vicenda familiare e militare del mio bisnonno disperso durante la Prima guerra mondiale, proprio durante le ricorrenze del centenario di quegli eventi, dando origine al mio primo romanzo storico: “Ho combattuto anche per te”.
Poi, quasi con prepotenza, la storia di Leah ha iniziato a sgorgare dentro di me. I personaggi delineati hanno preso vita, e quasi mi hanno presa per mano decidendo chi e cosa volessero diventare. E la mia antica e inspiegabile passione per l’Ebraismo e tutto ciò che lo caratterizza, dalla storia alla cultura, alle tradizioni, le letture fatte, i documenti analizzati, quando è arrivato il momento giusto – perché sono convinta che per tutto debba arrivare il momento – ha dato frutto con questo libro.
E.F.: Il tuo romanzo storico racconta donne coraggiose e resilienti, cosa hanno in comune con le donne d’oggi?
Antonella Squillace: Leah, la giovane protagonista del romanzo, è effettivamente un esempio di resilienza ed emancipazione, a dispetto di tutte le vicende negative, personali e storiche, che attraverseranno la sua vita. Vedo in Leah una donna, moderna, al di là dell’epoca in cui è vissuta – siamo a cavallo tra la fine del 1491 e tutto il 1492, uno degli anni più simbolici di passaggio al mondo moderno – una donna che trova con determinazione in se stessa, nelle sue capacità e competenze la forza per risollevarsi e dare un senso alla sua vita grazie al talento e alla sua determinazione. Ho visto inoltre in lei i volti delle tante donne di oggi che fuggono dalle guerre, persecuzioni, negazione dei diritti, penso alle donne che con coraggio protestano per i loro diritti oggi in Iran, alle donne ucraine, afghane, nigeriane. Ho voluto dare voce ad una piccola storia nella grande Storia pensando a ciascuna di loro come icona di coraggio al femminile, nonostante le tante fragilità sua e di ciascuna. Una donna costretta, come spesso capita, a fare scelte difficili, ma che farà in autonomia, prendendo in mano la propria vita.
Alcune figure di donne l’accompagneranno e saranno capaci di sostenerla nelle diverse situazioni difficili che Leah si troverà ad affrontare. Figure fondamentali per la sua crescita, come pennellate di un dipinto, fili intrecciati di un arazzo, necessari, anche se alcune apparentemente in secondo piano, a comporre la trama del disegno e contribuendo al risultato finale, ovvero la maturazione della protagonista.
Ho voluto inserire nella narrazione il tema della sorellanza, perché penso che solo attraverso la complicità tra donne che sono capaci di mettere da parte competizione e rivalità, le donne possano davvero emanciparsi. Naturalmente non tutte sapranno tenderle la mano. Un po’ come avviene nella vita di ciascuno di noi e negli incontri che facciamo. I sentimenti dell’invidia e della rivalità si alternano a quelli della generosità gratuita e della compassione, intesa come reale capacità di soffrire con, cum patire.
E.F.: L’emarginazione dell’Altro, il fanatismo, la storia manipolata è dimenticata: il tuo romanzo è una preziosa fonte di riflessione. Cosa ti aspetti dal futuro?
Antonella Squillace: Il tema del fanatismo religioso e non solo è, purtroppo, un tema sempre attuale e ad ogni latitudine, e, come diceva Primo Levi, “è accaduto, dunque può accadere”. Mi ha molto colpito un fatto. Nel libro inserisco di un processo storico nei confronti di alcuni ebrei e conversos avvenuto prima della cacciata del 1492, accusati dell’omicidio di un bambino cristiano. Una delle accuse fatta agli ebrei era quella dell’uccisione di bambini cristiani il cui sangue veniva utilizzato per impastare il pane di Pesah. Si noti che nessuna denuncia era stata fatta e nessun corpo era stato ritrovato. Un episodio simile è avvenuto a Trento e il bambino è stato considerato santo dalla Chiesa, San Simonino, fino a non molti anni fa. In Polonia, il 4 luglio del 1946, quindi dopo l’apertura dei cancelli di Auschwitz e gli orrori della Shoah davanti agli occhi del mondo, oltre 2000 ebrei rientrati in patria dopo la guerra per reclamare le loro case e i loro beni espropriati furono uccisi in un terribile pogrom per l’accusa dell’uccisione di un bambino cristiano. “è accaduto, dunque può accadere”.
Inoltre, come sappiamo i diritti non sono acquisiti una volta per tutte e bisogna sempre vigilare e ciò che accade ad un altro, ad un altro popolo, un’altra religione, un’altra cultura o identità riguarda anche me, la mia libertà.
Uno dei protagonisti appartiene al mondo dei conversos, un mondo ancora non del tutto esplorato e conosciuto. Un personaggio dolente e tormentato. Fu una scelta dolorosa quella della conversione di queste persone, obbligata o invitata, fatta a ondate diverse a seconda delle persecuzioni che seguivano periodicamente, pestilenze, carestie. Scelta che, alla fine, si ritorcerà contro di loro. L’ho voluto inserire proprio perchè credo fermamente nel primato della coscienza al di sopra di tutto. E forse su questo l’umanità ha ancora molto da camminare.
Faccio mio in questo senso un altro tema che attraversa tutto il romanzo, e prende spunto dall’educazione ebraica. Il credo degli ebrei insegna a sperare, ad essere positivi ad andare avanti, che è quello che farà Leah, grazie anche agli insegnamenti del padre e al concetto del tikkun olam, la riparazione del mondo, cioè riparare il mondo dai danni. Ognuno di noi può farlo.
E.F.: So che a breve uscirà una tua nuova pubblicazione. Vuoi darci qualche anteprima?
Antonella Squillace: È una storia nuovamente al femminile, ma è anche uno spaccato dell’Italia dal secondo dopoguerra ad oggi.
La protagonista è una donna che deve sottostare alle convenzioni e alla cultura gretta e paesana che il suo tempo le impongono, ma contemporaneamente farà scelte coraggiose, fuori dal tempo, criticate, quando che la porteranno lontano, scelte di cui non si pente ma che pagherà. Ha una bellezza di cui non è consapevole che le causerà invidia e tante cattiverie, quando era bambina, ma soprattutto negli anni della giovinezza, ma che disarmerà quanti vedono oltre il suo corpo e il suo volto da diva degli anni 50. Sono gli anni di un’Italia che si risolleva dalla guerra, dove tutto era da costruire, grazie anche a quella fame di lavoro che, mentre arricchiva il nord del paese, impoveriva le regioni del sud a causa della migrazione di tanti dei suoi giovani, come oggi, come sempre. E lei, ne vivrà sulla sua pelle tutte le contraddizioni, speranze e…
Written by Emma Fenu